LANCIAVANO SASSI E PETARDI CONTRO LE CASE DEGLI IMMIGRATI: 13 RAGAZZINI-BENE DENUNCIATI A ORISTANO
OBIETTIVO RAZZISTA UN GRUPPO DI AFRICANI, OVVIAMENTE LO FACEVANO “PER GIOCO” COME TUTTI QUELLI CHE SONO ISTRUITI DAGLI AVVOCATI PER EVITARE L’AGGRAVANTE RAZZIALE
Non c’era di meglio da fare nelle sere d’estate a Oristano. E tra una birra di troppo e un giro in scooter a tutta velocità , una banda di 13 ragazzini aveva trovato il migliore svago possibile: prendere di mira le case degli immigrati.
Due squadre su due obiettivi, in due zone diverse della città , per un pericoloso divertimento che è durato più di due mesi.
Pietre, pomodori, petardi e arance: una specie di bombardamento che si ripeteva quasi ogni sera, soprattutto il martedì quando in città c’era più caos del solito, tra negozi aperti fino a tardi e tanti turisti in giro.
Gli obiettivi non erano casuali: la casa di un gruppo di ragazzi africani e la abitazioni semidiroccate ricavate all’interno in un ex mattatoio in cui vivono alcune famiglie rom. Ogni volta lo stesso giro e lo stesso metodo: l’appostamento, il lancio e la fuga. Con qualcuno che restava in zona a godersi lo spettacolo di chi, tra rabbia e spavento, si affacciava in strada per capire cosa stesse succedendo.
«Un gioco stupido», lo definiscono gli agenti della Digos della locale questura, che hanno iniziato l’indagine dopo la segnalazione dei ragazzi senegalesi, preoccupati per essere finiti nel mirino di una banda di teppisti.
L’indagine è andata avanti velocemente e così per 13 giovani sono scattate le denunce per molestie, danneggiamento, lancio di oggetti ed esplosioni in luogo pubblico.
“Per il momento non contestiamo l’aggravante dell’odio razziale perchè non sono ancora emersi che fosse questo il sentimento che animava i ragazzini – spiega il procuratore della Repubblica di Oristano, Ezio Domenico Basso – Non basta prendere di mira degli stranieri o dei soggetti deboli da questo punto di vista per far scattare immediatamente quest’accusa. È vero che tutti i raid che abbiamo ricostruito avevano come obiettivo le case degli immigrati, ma è anche vero che fino a questo momento ci sembra che l’intenzione di questa banda fosse solo quella di passare il tempo. Non escludiamo di contestare l’aggravante se dalle indagini emergerà una motivazione di questo genere”.
Tutti figli di buona famiglia – il più piccolo 15 anni e il più grande 23 – i ragazzini finiti nell’inchiesta della Digos hanno già ammesso le loro responsabilità .
“Era solo un divertimento, volevamo vedere la reazione di chi veniva preso di mira”.
(da Globalist)
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