LE PAGELLE DELLE RAGAZZE DEL VOLLEY ORO OLIMPICO
IL CORRIERE DELLA SERA: “EGONU STRATOSFERICA, SYLLA LEADER”
Da dove cominciare. Mentre gli altoparlanti della Paris Arena sparano Albachiara di Vasco Rossi a tutto volume, è difficile tirare fuori un dettaglio più bello di un altro, in una giornata perfetta, dove abbiamo assistito alla partita perfetta di una squadra vera (qui la cronaca di Italia-Usa, ndr), finalmente unita, forgiata sul superamento delle difficoltà, sulla crescita di gruppo, una squadra sulla quale tra qualche anno gireranno dei documentari. «Tre a zero per noi» diceva un caro collega all’ingresso, sfidando la scaramanzia. «Lo dice la logica, siamo più forti».
Quante volte nel volley lo abbiamo pensato, e quante volte siamo tornati a casa col magone, chiedere a Julio Velasco per conferma. Invece, è stato tre a zero, per una delle medaglie più belle di sempre. E fin dall’inizio, queste ragazze hanno dato l’idea che non avrebbero fatto passi indietro. Sono entrate in modalità Terminator con il sorriso, e non hanno avuto dubbi mai. Ci hanno detto di mettere i voti accanto ad ogni nome, e lo faremo, chiedendo scusa a chi per ragioni di spazio non verrà nominata. Mai come questa volta però, il sestetto azzurro, e la panchina, e la calma di chi le guidava, ci hanno dato l’idea di essere una cosa sola.
Sylla leader da 9
Prendiamo il termometro emotivo della squadra, la palermitana Myriam Fatima Sylla (9), che comincia urlando e incitando le compagne a ogni punto, e finisce con undici vincenti la solita grande prestazione in ogni fase di gioco. Sul 15-12 del terzo set, Paola Egonu schiaccia una palla data fuori dagli arbitri. La nostra fuoriclasse si agita, contesta la decisione. Myriam la abbraccia e le stringe forte. Stai calma, le dice, stai calma che ci siamo.
Anna Danesi 8: rivincita
Sul podio, si è scambiata la medaglia con la compagna alla quale ha ceduto la fascia da capitana. Anna Danesi (8), è forse la persona che più aveva sofferto il fallimento di Tokyo: «Non ce lo siamo mai dette a voce alta, ma eravamo cariche, erano tre anni che aspettavamo questa occasione, e sapevo che non avremmo fallito». Quanto a quel particolare gesto, Danesi lo spiega così. «Myriam è stata la prima persona con cui ho condiviso la stanza quando siamo uscite di casa a tredici anni. Ci sembrava una bella cosa, per coronare il nostro percorso».
Monica De Gennaro 8: compendio di una carriera straordinaria
Capire il momento, è una dote importante come poche altre. Il nostro libero Monica De Gennaro (8) la possiede, fa parte di un suo corredo ormai storico di intelligenza non solo tattica. A ogni punto perso, a ogni bell’attacco andato a segno delle avversarie, la trentasettenne «Moki» batte le mani e urla «giochiamo, giochiamo», mettersi alle spalle quella schiacciata subita. Sono questi i dettagli che fanno di una compagine una squadra vera. Nel terzo set, un suo recupero in tuffo su un punto ormai perso è il compendio di una carriera straordinaria.
Alessia Orro, 9: irreale
Lo stesso ha fatto la sarda Alessia Orro (9), palleggiatrice sopraffina, autrice di recuperi irreali che hanno demoralizzato le americane nei passaggi della partita più delicati per noi.
Egonu da 10: una superiorità poche volte così lampante
A proposito di Paola Egonu (10) scorreranno fiumi di parole, spesso riparatorie, comunque tutte meritate. Ventidue punti in una olimpica è una enormità. Poche volte si è vista così lampante la superiorità di un’atleta, e il timore che incute sulle sue avversarie. Dopo la sua ennesima schiacciata, la povera Andrea Drews, ha allargato le braccia guardando le compagne. «It’s Paola», cosa possiamo farci.
Antropova, il futuro le appartiene: 7,5
Con buona pace del generale Vannacci, Egonu è un dono piovuto dal cielo sul nostro volley. Quindi, quando esce lei, gli Usa possono tirare un sospiro di sollievo? Sbagliato. Entra la giovane Ekaterina Antropova (7,5), un’altra ira di dio. Era il pomo della discordia della passata gestione, schierata titolare al posto di Egonu. Julio Velasco le ha fuse in una unica entità, forse è stato questo il suo capolavoro, agevolato dalla giovane età della ragazza nata russa e naturalizzata italiana. Per nostra fortuna, il futuro le appartiene. Ma una casa comune non sta in piedi senza le fondamenta. In senso figurato e non solo. Gli Usa hanno concluso la partita senza aver fatto un solo muro vincente, forse è questo il dato più incredibile della finale.
Anna Danesi e Sarah Luisa Fahr 8: «Aspettavamo questo momento»
A rendere la vita impossibile alle attaccanti americane sono state Sarah Luisa Fahr (8) e Anna Danesi (8), la capitana, forse la persona che più aveva sofferto il fallimento di Tokyo: «Non ce lo siamo mai dette a voce alta, ma eravamo cariche, erano tre anni che aspettavamo questa occasione, e sapevo che non avremmo fallito».
Caterina Bosetti 7,5: veterana
A metà del terzo e ultimo set, l’attaccante Caterina Bosetti (7,5), una delle veterane del gruppo, si è lanciata in due recuperi che non hanno prodotto punti, ma avevano un chiaro significato. Non ce n’è, non provateci neppure, non lasciamo nulla.
Le compagne le hanno rivolto sorrisi compiaciuti e sguardi di approvazione. Avevano capito. «Siamo state come una mano con sei dita» dice lei, per altro miglior schiacciatrice della Nations League nel 2022.
L’abbraccio collettivo
Adesso, Egonu trattiene a fatica le lacrime e tiene per mano Antropova, mentre Sylla piange e abbraccia tutte le sue compagne, salta sul podio, non riesce a frenare l’entusiasmo. De Gennaro guarda la sua medaglia d’oro e intanto riesce soltanto a mormorare «grazie, grazie».
Grazie a voi, piuttosto. Questo gruppo è sempre stato una promessa di vittoria. Tanto, troppo talento perché esistesse il rischio di sprecarlo. Hanno sofferto, hanno perso, hanno anche litigato, insieme. Forse, c’era soltanto bisogno di cementare le sue diverse personalità. Per diventare infine una squadra.
(da Il Corriere della Sera)
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