L’ESCORT DEI FESTINI GAY E’ UN ASSISTENTE PARLAMENTARE DELLA LEGA
IL RETROSCENA DELL’INCHIESTA SULLA MORTE A SIENA DI DAVID ROSSI
Da sette anni, da quando cadde dalla finestra del suo ufficio nel cuore del centro storico di Siena, la morte di David Rossi, capo della comunicazione del Monte dei Paschi dell’era Mussari, resta avvolta da una serie di misteri, o presunti tali, che hanno a loro volta alimentato una lunga serie di inchieste giornalistiche, indagini di varie procure, cause e denunce per diffamazione.
Domani, a Genova, potrebbe chiudersi l’ultimo di una serie di cerchi concentrici giudiziari generati dallo schianto di quel corpo in vicolo di Monte Pio il 6 marzo 2013.
Ma anche quest’ultimo capitolo si accompagna ad un retroscena perlomeno inaspettato.
L’escort leghista
E riguarda l’identità di “Stefano”, ovvero il giovane che in una nota puntata de Le Iene, programma di Italia 1, andata in onda il 25 marzo del 2018, veniva presentato come un escort omosessuale con importanti rivelazioni da fare.
Stefano, ma non è il suo vero nome, raccontava di essersi prostituito a festini a base di coca e sesso, gay ed etero, nei dintorni di Siena, nel periodo 2012/2013, ai quali avrebbero partecipato importanti uomini dell’establishment senese ed in particolare magistrati e appartenenti alle forze armate.
Quella ed altre puntate generarono l’apertura di un’inchiesta della procura di Genova, competente territorialmente se gli accertamenti riguardano colleghi toscani.
Gli inquirenti hanno individuato e interrogato l’escort, che risulta essere un attivista della Lega, già collaboratore di un assessore regionale del nord Italia e oggi assistente di un eurodeputato della Lega a Bruxelles.
Stefano, continuiamo a chiamarlo così, è stato identificato dalla polizia dopo una perquisizione a casa del giornalista delle Iene autore del servizio, ed è stato interrogato nel gennaio del 2019.
La sua testimonianza è apparsa al procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati e alla pm Cristina Camaiori assai meno convincente di come risultava in video, e decisamente più titubante sui riconoscimenti di quanto lo era stato sullo schermo mentre gli venivano mostrate foto di presunti partecipanti ai festini.
Particolare non secondario, avrebbe sì riconosciuto dalle foto la tenuta in cui si sarebbero svolti gli incontri, ma non avrebbe spiegato che la conosceva bene anche perchè in quello stesso luogo ci era stato almeno un anno prima, in occasione di una festa di famiglia.
I dubbi e la richiesta di archiviazione
La procura genovese ha chiesto l’archiviazione per un fascicolo che riguarda vari aspetti. Intanto, pur ammettendo che la prima inchiesta sulla morte di David Rossi sia stata carente e imprecisa, al punto che i pm genovesi hanno scoperto verbali di interrogatori che nella prima indagine erano stati clamorosamente persi, la seconda – conclusa nel 2017 – avrebbe colmato alcune delle lacune della precedente e le conclusioni alle quali giunge, ossia che Rossi si suicidò e non venne ucciso, sono condivisibili o perlomeno non emergono elementi che facciano pensare diversamente.
I racconti dell’escort circa i festini ai quali avrebbero partecipato magistrati con la conseguenza che sarebbero stati ricattati o ricattabili, non hanno trovato alcuna conferma. Ma anche ammettendo l’esistenza dei festini, non sarebbero stati individuati con certezza i partecipanti e non emergerebbero motivi di possibili interferenze con l’inchiesta sulla morte di Rossi. Il Csm, che seguiva l’inchiesta genovese fin dalle prime battute, ha comunque chiesto copia degli atti.
Domani il capo dell’ufficio gip Franca Borzone, al termine dell’udienza, deciderà se procedere all’archiviazione o invece, come hanno chiesto con un atto di opposizione i famigliari di David Rossi, ordinare nuove e più approfondite indagini.
Gli interrogativi
All’interno del fascicolo resta comunque avvolto da una serie di interrogativi il ruolo dell’escort. Il giovane ha spiegato come quel periodo fosse coinciso con una fase della sua vita psicologicamente burrascosa e di come molti anni dopo, ascoltando in tv l’appello dei famigliari a farsi avanti ad eventuali testimoni, lui avesse sentito il bisogno di contattare Le Iene. Lo avrebbe fatto nonostante all’epoca il suo attivismo politico si fosse già trasformato in un lavoro (alle dipendenze di un assessore regionale) che gli permetteva di frequentare i vertici del partito (sui suoi profili social, oscurati da qualche mese, si trovavano sue foto con il capitano Matteo Salvini) e che da lì a poco, nel maggio del 2019, lo avrebbe portato fino a Bruxelles come assistente di un neo parlamentare fra i fedelissimi di Salvini.
Una posizione quella di Stefano che, nei prossimi mesi, potrebbe essere messa in imbarazzo dalle cause per diffamazione che gli sono state intentate da alcuni dei soggetti che lui, protetto dall’anonimato televisivo, nel 2018 aveva indicato come uomini potenti dediti a vizi inopportuni.
(da agenzie)
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