LETTA SPIAZZATO DALL’ORDINE DEL QUIRINALE: «SUBITO FIDUCIA MA NIENTE RIMPASTI»
LA PROSSIMA SETTIMANA FIDUCIA ALLE CAMERE: LETTA DECISO A CHIUDERE I CONTI CON BERLUSCONI
La telefonata del Quirinale gli arriva nel gelo di Vilnius. Enrico Letta ha appena messo piede al Radisson Blu che ospita la delegazione italiana.
È spiazzato, probabilmente non aveva previsto la decisione di Napolitano. Nè aveva intenzione di chiedere una nuova fiducia alle Camere.
Si chiude nella stanza d’albergo, si attacca al telefono per fare il punto con Alfano e Franceschini. E si prepara a conquistare la nuova «fiducia politica» dopo frattura con il Cavaliere.
Un nuovo inizio, necessario secondo il Colle dopo lo strappo berlusconiano.
La road map sarà concordata già lunedì dal premier in un faccia a faccia con Giorgio Napolitano. Ma alcuni paletti sono già fissati: i tempi saranno rapidi e non ci sarà alcuno spazio per il rimpasto. Non era nei piani di Palazzo Chigi, questo ulteriore snodo della legislatura più travagliata.
Ma al termine della visita della delegazione di Forza Italia al Quirinale, Letta ha preso atto dell’indicazione del Capo dello Stato.
«Nessun cambiamento – ha spiegato a sera – si tratta di un modo per rafforzare ulteriormente il percorso di governo. Anzi, andremo avanti con maggiore forza».
Al telefono con Giorgio Napolitano, poi nei numerosi contatti con Angelino Alfano e Dario Franceschini, il presidente del Consiglio ha tracciato le prossime mosse.
Si presenterà alla Camere nella pienezza dei suoi poteri, indicherà il progetto per un rilancio nel 2014. Poi si sottoporrà al giudizio della nuova maggioranza.
L’idea originaria era quella di affrontare il Parlamento dopo il congresso del Pd, ma il capo del governo è ormai orientato a chiudere al più presto la partita.
Non intende farsi logorare, nè consegnare Palazzo Chigi a un pericoloso limbo. Già la prossima settimana, allora, si recherà in Parlamento per ottenere la nuova fiducia.
La maggioranza si gioca tanto, tantissimo. E non è tanto per la voce che si rincorre per l’intero pomeriggio, secondo la quale Forza Italia sarebbe disponibile a non boicottare il percorso delle riforme tracciato dai saggi in cambio della tanto reclamata verifica. Piuttosto, è la voglia di chiudere finalmente i conti con Berlusconi, togliendo fiato anche alle frange più critiche della maggioranza. In fondo, il ragionamento di Letta resta quello di sempre: «Governo finchè è possibile fare le cose, non devo restare a Palazzo Chigi a tutti i costi».
Il nuovo inizio stabilito dal Capo dello Stato ha colto il premier a Vilnius.
Una giornata spesa a incontrare i leaderorientali Ue alle prese con il pasticcio degli accordi di partenariato congelati su pressione russa.
E infatti ufficialmente solo di Ucraina parla il premier con i giornalisti, avvolto nella sua sciarpa rossa fuoco che nulla può contro il gelo lituano.
Ma la mente, quella è rivolta a Roma. E lì che si gioca la partita più dura.
Il Cavaliere è pronto ad agitare la piazza, Matteo Renzi preme su Palazzo Chigi. Il candidato alla segreteria del Pd alza sempre di più l’asticella e le tensioni non possono che ripercuotersi sulla tenuta dell’esecutivo.
Una certezza, però, guida i ragionamenti del Presidente del Consiglio: «Non conviene neanche a Matteo andare a votare con questa legge elettorale. Anche perchè con Grillo al 20 per cento… ».
E poi c’è il Cavaliere «di lotta». Certo, l’asse fra il premier e Alfano è saldissimo, i destini corrono paralleli. Ma è chiaro che l’obiettivo di Berlusconi resta quello di tirare quanto più possibile la corda.
A partire dalla paradossale disputa sui sottosegretari azzurri.
Ieri sera solo Jole Santelli e Gianfranco Miccichè avevano consegnato le dimissioni nelle mani del Capo di Arcore. Non Bruno Archi, nè Walter Ferrazza.
Rocco Girlanda ha preferito postare una sua foto al ministero, al lavoro, come se nulla fosse cambiato.
E anche Cosimo Ferri, considerandosi un tecnico, preferisce per ora restare al suo posto.
Letta, però, pretende un passo indietro. Considera la presenza di sottosegretari azzurri un’incongruenza da sanare: «Se non arrivano le dimissioni in tempi congrui e ragionevoli, agirò di conseguenza».
Tradotto, è pronto a ritirare le deleghe a chi non lascerà spontaneamente l’incarico. Come se non bastasse, i renziani hanno messo nel mirino anche il viceministro Antonio Catricalà .
Un tecnico, ma considerato troppo vicino a Gianni Letta per restare al governo. A Vilnius fa freddo, ma a Roma il clima resta incandescente.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply