LIBERATA L’ATTIVISTA CURDO-IRANIANA ACCUSATA INGIUSTAMENTE DI ESSERE UNA SCAFISTA: “E’ STATA DURA, MA ANCHE IN CARCERE SAPEVO DI NON ESSERE SOLA”
IL TRIBUNALE: “NON CI SONO ELEMENTI CHE GIUSTIFICANO LA DETENZIONE”… SIAMO RIUSCITI A TENERE IN CARCERE PER 10 MESI UNA RAGAZZA INNOCENTE PERSEGUITATA DAL REGIME IRANIANO
È libera Maysoon Majidi, l’attivista curdo- iraniana per dieci mesi rimasta in carcere con l’accusa di essere una scafista. Alla luce delle testimonianze del vero capitano di quel veliero, che fin dallo sbarco ha spiegato che nulla lei aveva a che fare con la rete che aveva organizzato quel viaggio, del fratello e di una coppia di naufraghi che hanno affrontato la traversata con lei, il Tribunale ha deciso l’immediata liberazione per il “venir meno degli elementi necessari a giustificare la custodia cautelare” ” perché gli elementi emersi “non consentono – hanno scritto i giudici nell’ordinanza – di ravvisare i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di favoreggiamento immigrazione clandestina”. Traduzione, non c’è alcuna ragione perché rimanga in carcere perché prove e indizi contro di lei sono inconsistenti. “Non c’è mai stata”, tuona il suo legale, l’avvocato Giancarlo Liberati.
Le prime parole fuori dal carcere: “Senza libertà non c’è vita”
Quasi non ci credeva Maysoon, che già per cinque volte si era sentita rispondere “No” dai giudici. Quando il collegio ha letto l’ordinanza è rimasta quasi paralizzata. Solo ore dopo, nella notte, quando la porta del carcere le si è chiusa alle spalle ha realizzato davvero. Dal penitenziario di Reggio Calabria è uscita con una borsa con pochi vestiti e una busta enorme piena di lettere e cartoline ricevute durante la detenzione. “Stanotte dormirò per la prima volta dopo mesi”, confida. E’ felice, una risata rompe il fiume di parole, mentre racconta che “sì, è stata dura, ma sentivo che c’era gente fuori che lottava per me. Anche io ricomincerò a lottare, ma adesso ho bisogno di un po’ di tempo per recuperare, rimettermi in forze”. Ha dei progetti Maysoon e voglia di realizzarli, vuole anche raccontarli “ma non subito. Ora ho bisogno solo di respirare”. E di tornare ad avere una vita normale, una casa e non un carcere per vivere, una stanza e non una cella. Ad ospitarla per adesso sarà il suo legale, Giancarlo Liberati, dopo si vedrà.
Maysoon fuggita perché minacciata dal regime degli ayatollah
Inutilmente per mesi la ragazza ha provato a spiegare di non avere nulla a che fare con chi ha organizzato la traversata di quel veliero arrivato il 31 dicembre scorso, di essere solo una perseguitata – perché donna, perché curda, perché attivista per i diritti delle donne e del suo popolo – in Iraq prima e in Iran poi. “Maysoon non è fuggita per non mettere più il velo, non è ricercata perché è stata vista nelle piazze con i manifestanti – spiega Gulala Salih, presidente di Udik, Unione donne italiane e kurde – è fuggita dall’Iran, perché ricercata e minacciata dal regime islamico, sanguinario e fascista di quel Paese, che opprime non solo le donne, ma tutte le minoranze che vivono in quella terra, soffocando la voce della libertà, dei diritti e della giustizia”.
In condizioni di difendersi solo dopo mesi
E lei ha provato a farlo capire. Quando non aveva parole per dirlo, perché mediatori non ce n’erano e persino le carte che la accusavano le erano state consegnate in una lingua che non era la sua, la sua innocenza, la sua disperazione, l’ha disegnata. Solo dopo mesi, quando finalmente ha avuto un legale di fiducia, associazioni e comitati le si sono stretti accanto, politici come il consigliere regionale Ferdinando Laghi, la parlamentare Laura Boldrini, l’eurodeputato e sindaco di Riace Mimmo Lucano hanno acceso un faro sul suo caso, ha iniziato ad avere gli strumenti per difendersi. E raccontare la sua storia, la sua verità.
Un castello accusatorio crollato pezzo per pezzo
Non è stato facile convincere i giudici. Ma udienza dopo udienza, il castello accusatorio messo in piedi dalla pm Multari è crollato pezzo dopo pezzo. Si è scoperto che no, non era vero che il suo cellulare fosse rimasto attivo tutto il tempo a differenza di quello degli altri naufraghi. E no, il mediatore di Frontex non aveva mai raccolto le accuse di altri contro di lei. Persino due dei testimoni che – stando quanto meno a informative e verbali – le avrebbero puntato il dito contro, si sono rimangiati tutte le accuse. Con avvocati, giornalisti e chiunque si sia preso il disturbo di rintracciarli. Per la procura sono sempre stati formalmente “irreperibili”, incluso quando l’avvocato Liberati li ha contattati durante un’udienza con una semplice telefonata. “Solo due testimonianze?”, ha chiesto perplesso il presidente del collegio qualche settimana fa, per sentirsi rispondere da un imbarazzato funzionario di polizia: “C’era il Capodanno in piazza a Crotone, gli effettivi erano concentrati là”
Lo sfogo prima della liberazione: “Forse era meglio rimanere in Iran”
Maysoon ha aspettato, combattuto, approfittato di ogni udienza per spiegare la sua verità, ha smesso di mangiare prima per protesta, poi per la tensione, l’ansia e lo stress degli ultimi dieci mesi, di dormire, rincorsa dagli incubi. Solo con pillole e gocce è riuscita a chiudere gli occhi per qualche ora senza svegliarsi urlando. Lo ha raccontato spesso a Gulala Salih, fra le poche autorizzate a sentirla e spesso destinataria dei suoi disperati sfoghi. “Sto per arrivare a dire che era meglio rimanere in Iran, perché almeno sapevo chi è il mio nemico, ma qui in Italia chi sono i miei nemici? Perché sto subendo questa ingiustizia e sono in carcere? Qui non fanno niente per me, non ho i diritti, mi sento un ostaggio”.
La liberazione
Martedì sera Maysoon, dopo dieci mesi di inutile detenzione, è stata liberata. In aula sembrava quasi non crederci. Affogata in una maglietta bianca con una sciantosa Minnie sul davanti, ha alzato il pugno e mostrato tre dita, segno di vittoria. Sulle labbra, un sorriso. Perché arrivi ad affacciarsi anche nel suo sguardo forse bisognerà aspettare che capisca davvero cosa significhi tornare ad essere libera. E come tale il 27 novembre affronterà una sentenza che alla luce della decisione del Tribunale sembra essere in larga parte già scritta.
(da agenzie)
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