LO “CHEF” DI PUTIN HA ALZATO TROPPO LA FIAMMA E SI È BRUCIATO: ASCESA E (IMMINENTE) CADUTA DEL CAPO DEI MERCENARI WAGNER, YEVGNEY PRIGOZHIN
FINCHÉ FACEVA IL LAVORO SPORCO AL FRONTE, RIMANENDO SOTTOTRACCIA, ERA UN’ARMA PREZIOSA PER IL CREMLINO. MA DA MESI, OGNI GIORNO ATTACCA I VERTICI DELL’ARMATA RUSSA… PUTIN SI È STUFATO DELLA SUA SFRONTATEZZA E POTREBBE “SACRIFICARLO” COME CAPRO ESPIATORIO
«È solo un privato cittadino, che non rappresenta lo Stato». Vladimir Putin era in modalità sorniona. Quel giorno del luglio 2018 a Helsinki, dopo il primo incontro con Donald Trump, aveva molte ragioni per essere di buon umore. Così, lo Zar nominò per la prima volta in pubblico tale Evgenij Prigozhin, ex cuoco e ristoratore, accusato di gestire a San Pietroburgo una squadra di troll che aveva lavorato sodo per denigrare Hillary Clinton.
Cinque anni dopo, siamo ancora a quella espressione tipica del Kgb quando voleva negare qualunque coinvolgimento del Cremlino. Prigozhin è tornato a essere un privato cittadino. La sua creatura, la milizia mercenaria del Gruppo Wagner, ha sempre avuto un piede nelle istituzioni e un altro fuori.
Quando muoiono, i mercenari sono figli di nessuno.
Ma l’Operazione militare speciale e l’inattesa resistenza ucraina hanno travolto queste finzioni. Prigozhin e i Wagner si sono ritrovati in una posizione difficile. A livello ufficiale non esistono. Ma, al tempo stesso, i suoi uomini stanno reggendo lo stallo al fronte, con malumori sempre più evidenti.
Prigozhin non è un politico, che sa quando tacere. Lui viene dalla strada. Era appena ventenne quando fu condannato a 13 anni di carcere nella allora Leningrado. Dopo averne scontati nove, nel 1990 mise su assieme al patrigno un chiosco di hot dog col quale fece i primi rubli. Poi entrò nei casinò, e finalmente aprì i primi ristoranti. Putin ci portò il presidente francese Chirac e George Bush. Da quella frequentazione nasce il seguito della storia, con il gruppo Wagner impiegato per azioni «sporche» in Siria, Libia, Repubblica Centrafricana e Ucraina. Un personaggio del genere, più a suo agio in mimetica che in blazer, è difficile da tenere a bada.
Ogni giorno un attacco ai vertici delle Forze armate e al ministro delle Difesa Sergei Shoigu. Incompetenti, burocrati, incapaci. Colpevoli di alto tradimento perché non mandano munizioni a sufficienza.
Lo scorso 24 novembre, in risposta alla richiesta del Parlamento Ue di includere il gruppo Wagner nella lista delle organizzazioni terroristiche, ha mostrato un martello sporco di sangue da «regalare» ai deputati europei. Presumibilmente, l’arma con la quale era stato massacrato un disertore, esecuzione mostrata in un video che ha suscitato orrore in tutto il mondo.
Proprio questi eccessi, e la figura ingombrante del fondatore, sembrano essere all’origine del declino della Wagner. La parabola di Prigozhin sta prendendo una china discendente, e il suo prossimo ruolo potrebbe essere quello del capro espiatorio. Ma lui non sembra voler cambiare spartito.
Proprio questa sovraesposizione mediatica racconta delle sue difficoltà. E del suo probabile destino. Prigozhin andava bene quando c’era ma sembrava che non esistesse. Adesso è un problema. Il Cremlino ci convive, per i suoi meriti acquisiti sul campo. Ma il ghiaccio sul quale cammina l’ex privato cittadino del Gruppo Wagner sembra essere sempre più sottile.
(da Corriere della Sera)
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