IL DITO PUNTATO DI ELLY E LO SGUARDO DI GIORGIA IN DIFFICOLTA’: IL DUELLO DA FAR WEST IN AULA
PERSONALIZZAZIONE TOTALE DELLO SCONTRO TRA LE DUE DONNE PIÙ POTENTI DEL PAESE… LA GRINTA DI ELLY: “SOTTO UNA CERTA SOGLIA NON SI PUO’ PARLARE DI LAVORO: E’ SFRUTTAMENTO” (ARGOMENTO LUNARE PER IL PD DEGLI ULTIMI ANNI)
L’ incarico: raccontare ogni dettaglio di questo primo incontro tra Giorgia ed Elly.
La premier: in tailleur nero (o di un blu talmente scuro da apparire nerastro). La segretaria del Pd: con giacca rosa pallido e camicia fantasia. E, già qui, gente brava tirerebbe giù ottanta righe.
Ma adesso Elly è in piedi e, subito, attacca Giorgia sulla necessità di introdurre il salario minimo. La chiama: «Signora presidente…» (è noto che la Meloni chiede invece di essere definita «il premier», o «il presidente»). Elly: voce meno spezzata del solito (sensazione: con un po’ di rodaggio può migliorare ancora), argomenti lunari per i dem degli ultimi anni («Sotto una certa soglia, non si può chiamare lavoro: ma sfruttamento!»), dito indice puntato verso Giorgia.
Strategia evidente: sono venuta qui per te, parlo con te, guardami mentre parlo con te.
Difficile dire se lo viva come un duello: di certo questa segretaria di 37 anni — determinata, libera, di puro fascino — Giorgia l’ha vista arrivare fin troppo bene; e sa certamente valutarne la travolgente freschezza (poi, tra qualche mese, vedremo se alla tramontana di novità, avrà saputo aggiungere anche solidità politica).
Comunque: il giochino del question time prevede, per la premier, una sola risposta (mentre Elly avrà diritto alla controreplica). Ma tanto Giorgia sa tutto, ha visto tutto
E che, oggi, adesso, ha appena una manciata di minuti a disposizione per la replica. E così: snobba la sua avversaria, definendola «gli interroganti». Poi, prima picchia duro sulle opposizioni («Chi ha governato finora ha reso più poveri gli italiani»), quindi propone l’estensione della contrattazione collettiva.
Con i deputati che l’hanno incalzata poco fa, è stata pacata, con botte di sarcasmo. Ora la voce gli va su. Scandisce le parole. Quanti comizi avrà fatto in vita sua? È una richiesta precisa: dai banchi della maggioranza, puntuale, rotola una standing ovation.
Calma. Sentiamoci Elly (che l’ha ascoltata tamburellando le dita della mano destra). Sensazione confermata: impara in fretta. «Signora presidente, le sue risposte non ci soddisfano!».
La premier ascolta con una vaga aria di sufficienza, il mento appoggiato sulla mano, mezza parola a Matteo Salvini, che le siede accanto, e che annuisce (è sempre emozionante vedere Salvini annuire alla Meloni: un po’ meno vedere il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, bello pacioso, mentre Napoli è in fiamme). Elly prende forza: «Le ricordo che ora sono io all’opposizione, e lei al governo…».
Aspettate. Elly dice — esattamente — così: «O-ra-so-no-io-all-oppo-si-zio-ne». Cioè: siamo io e te.
Personalizzazione totale dello scontro. Uno schema che, in questi minuti, tutti ci accorgiamo che è già quasi un classico.
Ecco: mentre la segretaria del Pd conclude il suo intervento, sugli appunti resta uno scarabocchio, un concetto: mondo nuovo. Perché davvero l’aver visto le due donne più potenti del Paese…
C’è una scena, completamente, rivoluzionata (e il primo ad averlo compreso è Giuseppe Conte, il capo dei 5 Stelle: muto, imbambolato, ingrigito, l’uomo con la pochette cammina dentro il suo precoce tramonto).
Fabrizio Roncone
(da il “Corriere della Sera)
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