“L’OBIETTIVO DELL’ISIS E’ EUROPEI CONTRO MUSULMANI”: INTERVISTA AL POLITOLOGO GILLE KEPEL
L’ESPERTO DEL MONDO ARABO: “MA LA NOSTRA VITA QUOTIDIANA RESTA SICURA”
«Ora hanno superato una linea rossa che non dovevano varcare. Oggi ero in una importante moschea di Tolosa: l’imam ha condannato con forza l’episodio di Grenoble ».
Questo teneva a dire Gilles Kepel, politologo, accademico e grande esperto del mondo arabo. Che avvisa: «Non mi stupirei se ci fossero presto altri episodi».
Professor Kepel, abbiamo visto colpire in spiaggia, in una fabbrica, nell’auto di un uomo ucciso dal proprio dipendente. C’è un’immagine di grande fragilità .
«La nostra vita quotidiana resta ugualmente sicura. Però la fragilità è la rappresentazione mediatica che emerge. E l’Is vuole proprio questo, creare paura in Europa e mobilitare gli europei contro i musulmani, per provocare radicalizzazione fra i musulmani, una loro reazione e infine una guerra civile, come spiegava già nel 2004 l’”Appello alla resistenza islamica globale” che il portavoce di Bin Laden, nome di guerra Abu Mussab Al Suri, pubblicò su internet. Lì si teorizzava l’uso della minoranza di musulmani europei “non assimilabili” alla cultura occidentale. Mi lasci però dire che questi attentati sono nell’anniversario della nascita del Califfato e dimostrano sia la volontà di festeggiarlo che quella di farsi vedere capaci di colpire ovunque, in un momento nel quale hanno vari problemi».
Sta dicendo che si tratta anche di un segnale di paura?
«Hanno bisogno di non mostrarsi indeboliti. Il cosiddetto califfo Abu Bakr al Baghdadi e il suo portavoce Abu Mohammad al Adnani hanno detto più volte che avrebbero festeggiato in tutto il mondo. Volevano dimostrare la loro capacità competitiva fra le varie potenze sunnite. Dall’altro lato ci sono Arabia Saudita, Qatar, Turchia, che finanziano i gruppi di Jesh al Fatah contro Assad e mai vorrebbero che l’Is arrivasse a Damasco. Ma l’Is adesso è ferma a Palmira, mentre sul retro ha perso il controllo della frontiera turca, quindi molti guadagni del contrabbando. E i raid aerei hanno successo. Li guidano i microchip piazzati da spie che due giorni fa, in un video diffuso solo in arabo, venivano punite con immersioni in gabbia sottacqua o mozzando loro la testa con l’elettricità . E ora, oltre all’attacco sulla spiaggia tunisina, siamo davanti a una moschea sciita colpita in Kuwait- e alla prima decapitazione in Europa».
Con quale meccanismo si scatenano questi episodi?
«Questa organizzazione non è piramidale: non c’è una decisione presa dall’alto. Si tratta di un meccanismo che parte dal basso, autonomo. Un modo del tutto nuovo di essere da parte di quella che è la terza generazione di jihadisti. Facilmente indottrinabili, poco identificabili, mobilitati via social network a migliaia e con un terreno di guerra raggiungibile con un volo low cost via Istanbul».
C’è una componente sociale, di sentimenti di emarginazione?
«Anche, ma i 1600 francesi coinvolti con il jihadismo non sono certo tutti emarginati. Diciamo che al posto delle vecchie visioni alternative, di destra o sinistra, ora c’è l’islamismo radicale ».
Quale ruolo possono avere gli altri musulmani?
«Sono a Tolosa, il posto dove Mohammed Merah compì la strage della scuola ebraica. Oggi ero in una delle moschee più importanti della città , punto di riferimento dei salafiti. L’imam era sconvolto. Ha definito i fatti di Grenoble come “particolarmente orrendi” perchè compiuti durante il Ramadan. Si è detto “offeso” da quel che è accaduto: credo che l’Is ha passato un confine che non doveva superare.
E la grande sfida è stare tutti uniti, come nella manifestazione dopo gli attentati di Parigi».
Oltre a questo e ad aumentare la sicurezza, cos’altro si può fare?
«La cosa principale è essere in grado capire il fenomeno. Ma gli studiosi specializzati sono pochissimi e i servizi segreti sono incapaci di esaminare questo nuovo terrorismo, che è una vera rivoluzione culturale, fatta dall’effetto dei social media combinato con quello di un terreno di battaglia molto vicino».
Alessandra Baduel
(da “La Repubblica”)
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