L’UOMO CHE SUSSURRAVA AI CAVILLI: È MORTO NICCOLÒ GHEDINI, STORICO AVVOCATO DI SILVIO BERLUSCONI. AVEVA 62 ANNI E NEI MESI SCORSI ERA STATO SOTTOPOSTO A UN TRAPIANTO DI MIDOLLO PER UNA LEUCEMIA
È STATO IL CERVELLO DELLE LEGGI AD PERSONAM DI BERLUSCONI (“LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI, MA NON NECESSARIAMENTE LO È LA SUA APPLICAZIONE” DISSE NEL 2009 NELLA MEMORABILE DISCUSSIONE IN AULA SUL LODO ALFANO)
L’avvocato Niccolò Ghedini, senatore di Forza Italia e storico legale di Silvio Berlusconi, è morto all’ospedale San Raffaele di Milano dove era ricoverato.
Ghedini, 62 anni, era da tempo in cura per una forma di leucemia che lo aveva colpito ed era stato sottoposto nei mesi scorsi all’ospedale San Raffaele ad un trapianto di midollo. Ma, a quanto si è appreso, la morte è sopraggiunta per una complicanza, una polmonite, probabilmente contratta per il suo stato particolarmente fragile di paziente immunodepresso.
Laureato in Giurisprudenza a Ferrara, Ghedini ha iniziato la carriera nello studio legale del padre Giuseppe, noto penalista padovano, che dopo la morte di questi era condotto dalle sorelle maggiori.
Poi l’ingresso nello studio dell’avvocato Piero Longo, l’altro storico legale di Berlusconi, che diventerà suo socio. Ha cominciato a fare politica negli anni settanta nel Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano, passando poi al Partito liberale. È a metà degli anni Novanta che si avvicina a Forza Italia e al suo fondatore, di cui diventa in breve l’avvocato più fedele, pronto a ricorrere a qualsiasi mezzo – compresi i meno ortodossi – per difenderlo nei processi e soprattutto dai processi. È stato deputato con il partito azzurro per due legislature (2001-2006 e 2008-2013) e senatore per tre (2006-2008 e 2013-2022).
Era il parlamentare più ricco di tutti, con un reddito complessivo di 2 milioni 689mila euro l’anno, e anche uno dei più assenteisti. A lui resterà legata la stagione delle leggi ad personam che ha difeso in Parlamento per oltre un decennio, ai tempi dei governi del suo cliente più importante: il legittimo impedimento, il lodo Alfano, la legge Cirami, la legge ex Cirielli e le leggi sulle intercettazioni.
Ha difeso l’ex premier in tutti i procedimenti penali più significativi, a partire dal processo diritti tv Mediaset – l’unico concluso con una condanna definitiva – ma anche nei processi Sme, Mills e Ruby (in cui fu protagonista di violenti scontri in aula con la pm Ilda Boccassini), nel processo Tarantini a Bari per il caso escort nonché in quello per la presunta corruzione dei senatori.
Nel processo Ruby ter è finito anche indagato insieme all’uomo di Arcore per corruzione in atti giudiziari, ma il gip ha archiviato la sua posizione e quella di Longo scrivendo che “pur avendo raccolto numerosi elementi indiziari che indicano come, forse, in diverse occasioni i legali abbiano superato il limite imposto dalla deontologia professionale, non si è giunti all’acquisizione di prove certe, o quanto meno ad indizi univoci e concordanti di un ruolo attivo di concorso in corruzione”. È lui ad aver coniato l’espressione “utilizzatore finale” per argomentare la non punibilità di B. nei processi per prostituzione.
(da agenzie)
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