M5S, TACCHINI IN FUGA: SI SCATENA LA CORSA A NON ESSERE MANGIATI A NATALE
CONTE SI TIRA FUORI DALLA LOTTA, LA GRANA VENEZUELANA AUMENTA IL CAOS… AVANZA L’IPOTESI DIRETTORIO SENZA CAPO E IL RITORNO DI GRILLO
Quando il conflitto a bassa intensità nel Movimento 5 stelle è diventato un volare di stracci con Beppe Grillo a dare ad Alessandro Di Battista del generale Pappalardo qualsiasi, a Palazzo Chigi è montato qualcosa in più della semplice preoccupazione.
Le diplomazie si sono messe in moto e hanno subito disinnescato la mina piazzata sapientemente da Emma Bonino: una risoluzione per far votare al Senato sì o no al Mes.
Detto fatto, la modalità con cui Giuseppe Conte si recherà a Palazzo Madama saranno quelle dell’informativa e non delle comunicazioni, una sottigliezza procedurale che evita il voto e permette di calciare il barattolo un po’ più in là , ancora una volta.
La situazione interna al Movimento è parossistica. Privi di una leadership forte e di un’idea per il futuro del partito, il ritorno dell’ex deputato romano in tv ha generato il caos, in cui l’unico filo conduttore sembra quello del portare a casa la propria pelle, da peones i peones, da colonnelli i colonnelli, un po’ come i tacchini che come unico scopo hanno quello di non essere mangiati a Natale.
Il presidente del Consiglio si tiene prudentemente fuori dalla corrida generata da Di Battista. “Conte pensa a governare”, taglia corto il suo staff.
Ovviamente la faccenda non è così semplice. La polverizzazione delle posizioni, la mancanza di guida e la rissa tra le figure apicali di quello che è il partito di maggioranza non fanno dormire sonni sereni al premier.
Il caso del finanziamento in nero che secondo il quotidiano spagnolo Abc sarebbe stato dato dal governo venezuelano a Gianroberto Casaleggio nel 2010 da un lato ricompatta la faccia pubblica dei pentastellati, dall’altro è un ulteriore elemento di stabilità per una maggioranza sgangherata e un governo impegnato, dicono, a progettare nei saloni di Villa Pamphili l’Italia che verrà .
L’avvocato del popolo ha convocato proprio tra i giardini di uno dei parchi più belli di Roma un Consiglio dei ministri serale per prorogare la cassa integrazione e dare il segnale che c’è un governo operativo, che si preoccupa del paese e non è avviluppato in quelle che sempre più vengono percepite come trame di Palazzo.
C’è un altro elemento che l’uscita dell’ex deputato romano ha messo in copertina: il ruolo di Conte nel Movimento che verrà . Consiglieri e uomini vicini al capo del Governo che fino a ieri cavalcavano alacremente i sondaggi per i quali con il premier M5s sarebbe potuto tornare a percentuali di prima della presa del potere, oggi tacciono.
Lo stesso presidente, che mai aveva fatto mistero di essere a disposizione per il proprio paese alla fine dell’esperienza a Palazzo Chigi, durante il punto finale della giornata degli Stati generali si è schernito: “Ho un’occupazione. Lo dico a quanti elaborano sondaggi inserendo la figura di Conte. Lo dico anche ai compagni di viaggio. Domani se terminerò di prestare questo servizio e tornassi a fare quello che facevo prima sarei contentissimo”.
L’intervento di Di Battista lo ha costretto inoltre a altre due precisazioni. Sul Mes la posizione attendista ha virato verso un più netto “come governo non abbiamo necessità di attivare il Mes”, proprio negli stessi minuti in cui Paolo Gentiloni sosteneva l’esatto contrario. E su Grillo è stato secco: “Non l’ho sentito”.
Il riferimento al fondatore ci riporta dentro la pugna per il M5s che verrà .
L’intervento dell’ex comico è stato pensato anzitutto per stabilizzare fughe in avanti e sterilizzare chiunque pensi che i 5 stelle debbano prendere altre strade prima della fine della legislatura (ma anche dopo) che non siano proseguire nel rapporto con il Pd.
Ma di fatto hanno aperto a una stagione di confronti, contrasti e polemiche che andrà avanti da oggi almeno fino a fine ottobre. “Se Di Battista diventa capo politico il governo rischia di cadere. Se vince la linea di Conte e di Fico, quella di un collocamento nel campo del centrosinistra, Alessandro se ne va e il governo rischia di cadere”, spiega un parlamentare.
C’è sempre l’opzione Luigi Di Maio, che in queste ore ha avuto contatti con lo stesso Grillo. Il ministro degli Esteri nelle ultime 48 ore è stato bombardato di telefonate. Chi lo ha sentito spiega che “Luigi negli ultimi tempi ha avuto un po’ di freddezza con Conte. Lui non ha mai voluto il governo con il Pd, Conte con Beppe è stato un sostenitore, ma alla fine governano assieme. Entrambi cercheranno di arginare Di Battista, e poi se la vedranno più in là ”.
Lo spettro della scissione ritorna d’attualità , eterno tema carsico nella storia pentastellata, che ciclicamente ritorna d’attualità . Mai con questa concretezza. Certo a ottobre, alle assise 5 stelle, non oggi. Ma ci si deve iniziare a fare i conti.
L’onorevole Giorgio Trizzino implora di “non trasformare questa discussione in una guerra tra bande”, ma i buoi sono già scappati dalle stalle. Un suo collega non vuol sentire parlare di scissione ma solo perchè “per fare scissioni devi avere delle correnti che abbiano strutture, idee diverse. Le correnti hanno una dignità , noi non abbiamo correnti, solo personalismi”.
Nel gruppo parlamentare c’è chi spinge per un ritorno di Grillo: il fondatore che torna a fare il capo politico fino alle elezioni, poi si vedrà . Chi ha confidenza con l’uomo dice tuttavia che l’uomo esclude fortemente il ritorno, e a parte qualche intemerata non ha intenzione alcuna di ributtarsi nella mischia.
L’ipotesi prevalente su cui ragionano i colonnelli è invece un’altra. Strutturare il congresso M5s su temi e proposte non concorrenti, senza voti divisivi. E archiviare il modello con il capo politico per sostituirlo con un Direttorio in cui inserire tutte le anime, da Di Battista a Di Maio, dalla Taverna a Patuanelli passando per Chiara Appendino.
Uno dei massimi esponenti pentastellati spiega che ”è questo l’unico modo di evitare una scissione che adesso no, ma in autunno rischia di lacerarci”. Non la migliore soluzione ma, continua la stessa fonte, “la domanda non è se funziona, la domanda è come tenere insieme tutti i pezzi”.
Di Battista continua a ripetere di “non volere nessuna scissione, voglio rinforzare il Movimento”, e liquida l’attacco di Grillo con un “amen”. A volerla assi invece, due grandi ex.
Da destra Gianluigi Paragone ha teso la mano all’amico Alessandro: “Sono pronto a lanciare un partito antisistema. Grillo lo ha stoppato con atteggiamento padronale, ormai M5s è centrosinistra, con Conte leader”.
Proprio quel che va a genio, al contrario, a Lorenzo Fioramonti, che sta lavorando a una sua formazione progressista e ambientalista, rilanciata proprio in queste ore. Piccoli poli, che nel tradizionale sgranarsi del rosario delle fuoriuscite potrebbero essere attrattive per chi vorrà tentare strade alternative. Sempre considerando, tuttavia, che la pancia del gruppo parlamentare è profondamente governista.
La resilienza di deputati e senatori nel tenersi lo scranno è il collante che finora ha permesso alle 5 stelle di non schiantarsi sulla dura terra.
(da “Huffingtonpost”)
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