MELONI HA CAPITO CHE CON MATTARELLA NON CONVIENE LITIGARE
DA UNO SCONTRO IL GOVERNO AVREBBE TUTTO DA PERDERE
È finita come era facile prevedere. Giorgia Meloni ha smentito di aver preso di mira Sergio Mattarella e ha pure accusato di travisarla quanti (quasi tutti, per la verità) l’avevano interpretata maliziosamente.
Chi nega alla Polizia l’appoggio delle istituzioni sono i parlamentari della sinistra, il presidente della Repubblica poveretto non c’entra nulla, i rapporti col Quirinale sono a dir poco idilliaci, ha precisato la premier dal Canada.
E c’è da scommettere che al Quirinale nessuno le terrà il broncio perché è interesse collettivo stendere un velo, voltare pagina; dunque le spiegazioni di Giorgia verranno prese per buone sebbene siano arrivate in ritardo, tre giorni dopo, anzi proprio per questo: sono chiaramente la prova che ci ha riflettuto su.
Dapprima le si è gonfiata la vena, come capita quando perde le staffe; però poi ha compreso che litigare con Mattarella è sbagliato, idem sfidarlo. Non le conviene per varie ragioni.
Anzitutto: nella gerarchia del consenso il capo dello Stato sta ancora un gradino sopra. Gode di una popolarità su cui sarebbe superfluo indugiare. Pure Meloni ha un gradimento al top; non abbastanza però da fare metaforicamente a botte con chi la sovrasta. In un incontro di pugilato avrebbe tutto da rimetterci se non altro perché lei ha ancora una carriera davanti mentre Mattarella è già stato rieletto e (ragionando cinicamente) più nulla da perdere.
Vale inoltre l’osservazione che viene attribuita al più fido dei consiglieri nonché leader dei falchi meloniani, Giovanbattista Fazzolari: entrare in urto col presidente della Repubblica avrebbe l’effetto di compattare l’opposizione che troverebbe finalmente il suo leader, quel super-eroe che Mattarella si è sempre rifiutato di incarnare sebbene tirato spesso per la giacca. Regalarlo alla sinistra con tanto di fiocco sarebbe un autogol clamoroso.
Coltivare tensioni col Colle tra l’altro non è geniale. Se lassù si mettono di traverso, governare diventa faticoso. Per ogni provvedimento occorre la firma del presidente che ce la mette soltanto se tutto è in ordine, il che raramente capita.
Su leggi e decreti si apre di regola una “interlocuzione”, vale a dire un viavai di testi legislativi tra Quirinale e Palazzo Chigi propedeutico al via libera definitivo. Che finora è sempre arrivato, a parte qualche rilievo metodologico.
Se il presidente s’impunta (ad esempio su certe nomine) c’è ben poco da fare. Mattarella ha sempre teso la mano, non ha preso la “Ducetta” di punta nemmeno quando ce ne sarebbero stati i motivi, ad esempio sul “decreto rave”, preferendo far leva sulla “moral suasion” cioè l’arte morotea e democristiana della pazienza. Ma proprio per questo non si capisce quale interesse avrebbe Meloni a guastare il clima, complicandosi la vita da sola.
Poniamoci nell’ottica della destra con qualche domanda scomoda, a costo di sfiorare nervi scoperti. Per caso il presidente congiura, trama, intriga di nascosto per richiamare Mario Draghi e fare un governo tecnico?
A quanto pare no, non c’è sentore di ribaltoni. Se qualcuno li teme, è per riflesso condizionato. Nove anni fa Mattarella fu eletto dal centrosinistra, indicato da Matteo Renzi, è vero; ma a confermarlo contribuirono Forza Italia e Lega; Mattarella oggi, con rispetto parlando, è un libero battitore; non frequenta salotti, non appartiene a congreghe, non inciucia col partito di origine dove c’è stato un salto generazionale con Elly Schlein, la quale segue una autonoma strategia, com’è giusto. Chi conosce il Colle vi coglie semmai un distacco, quasi un senso di disincanto, forse perché in nove anni hanno visto di tutto.
Tra Quirinale e governo in passato vi furono scontri duri, ma ai tempi del Cav, con Oscar Luigi Scalfaro che gli scavò la fossa. Con Giorgio Napolitano sul “caso Englaro”, quando si sfiorò lo scontro istituzionale. In fondo Meloni, a parte l’ossessione di scorgere nemici ovunque, di cosa può lamentarsi? Ha ricevuto l’incarico a tempo di record, senza bisogno dell’elezione diretta, semplicemente in base alle regole attuali. Nessuno tenta di farle ombra, è la regina della festa. Mattarella, oggettivamente, non esorbita né eccede in protagonismo; potrebbe subire semmai l’accusa contraria; interviene quando proprio non può farne a meno, come è avvenuto sull’eccesso di manganello. Mantiene il riserbo sulla questione più delicata, la riforma costituzionale che riguarda direttamente i poteri del presidente, per una forma di rispetto del Parlamento
Mattarella rappresenta infine la garanzia che, finché resterà sul Colle, nessuno potrà parlare di regime e di nuovo fascismo alle porte. Per una destra alla Thatcher è meglio vedersela con lui, pur tra alti e bassi, con un garante vero anziché in orbace o col busto del Duce in salotto. Forse è per questo che Giorgia ci ha ripensato.
(da Huffingtonpost)
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