“MINACCE E SPUTI AL CONTROLLORE DEL TRENO PER VIAGGIARE SENZA PAGARE“: PER EVITARE LA CONDANNA IL LEGHISTA BORGHEZIO CHIEDE L’IMMUNITA’ AL PARLAMENTO EUROPEO
HA ANCORA IL CORAGGIO IL PARLARE DI “PERSECUZIONE GIUDIZIARIA“… LA COMMISSIONE UE NON GLIELA RICONOSCE
È a processo per aver insultato, minacciato, intimidito e sputato addosso a un controllore del treno, colpevole di avergli chiesto il biglietto che non aveva.
E per salvarsi invoca (da più di tre anni) l’immunità da ex parlamentare europeo “per le opinioni o i voti espressi dell’esercizio delle funzioni”.
Di chi parliamo? Di Mario Borghezio, leghista noto per i flirt con i neofascisti di Lealtà e Azione, per le sparate razziste e xenofobe e per l’accusa di aver rubato documenti storici dall’Archivio di Stato di Torino.
C’è però un suo ennesimo guaio giudiziario che nessuno – o quasi – conosce, su cui l’Aula di Bruxelles dovrà esprimersi lunedì 14 febbraio: Borghezio è imputato davanti al Tribunale di Imperia di minaccia, oltraggio a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio, per un episodio del 13 giugno 2015 a bordo del treno italo-francese “Thello”, nel tratto tra Ventimiglia e Nizza.
Su cui l’allora eurodeputato, si legge nell’atto di citazione a giudizio, “pretendeva di poter viaggiare senza acquistare il relativo biglietto di trasporto, in quanto riteneva che ciò gli fosse consentito poiché ricopriva le cariche di deputato presso il Parlamento italiano e il Parlamento europeo”.
Quando l’agente di bordo, il 37enne Enzo C., gli spiega con cortesia che non si può (“in relazione alla tipologia di treno e alla tratta”), Borghezio non la prende bene.
“Lei non sa chi sono io. Le faccio rapporto alle alte sfere e poi vedremo, voglio parlare con il suo superiore“, sbraita, “facendo così capire al predetto che avrebbe rischiato il posto di lavoro se avesse insistito nella richiesta di pagamento”.
E davanti al rifiuto perde del tutto le staffe: “Intanto io salgo a bordo, poi vedremo, intanto io posso pagare tutte le ammende del mondo“, si pavoneggia, forse con riferimento ai novemila euro al mese circa della sua retribuzione.
“Vedremo se pago. Io le faccio rapporto”. Poi, per gradire, gli sputa addosso. E anche dopo essere salito di forza sul convoglio “insisteva in tale sua illegittima pretesa, tanto da costringere il capotreno, Michaele K., a chiedere l’intervento della polizia francese, che lo costringeva a scendere a terra alla successiva stazione ferroviaria di Mentone”, da cui l’accusa di interruzione di pubblico servizio.
Una volta scoperto di essere sotto indagine, il leghista chiama in soccorso l’allora presidente dell’Eurocamera, Antonio Tajani. Sostiene “che la fattispecie integri in maniera inoppugnabile un caso di persecuzione politico-giudiziaria” e “vi sia stata violazione dei privilegi e immunità del sottoscritto Deputato”, perché il controllore, scrive, “nonostante avessi dichiarato la mia qualità, mi aveva opposto un immotivato rifiuto, che ho inteso e percepito come discriminatorio”.
E chiede di essere protetto dai magistrati in base all’articolo 8 del Protocollo sui privilegi e le immunità, secondo cui “i membri del Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni“, senza però chiarire – nonostante le numerose richieste di Tajani – in che modo aggredire un agente ferroviario costituisse esercizio di funzioni parlamentari.
Ed è nella seduta di lunedì alle 18 che l’assemblea di Bruxelles, a sette anni dai fatti, deciderà se l’ex membro merita o no di essere salvato. Una data attesa anche dal giudice monocratico di Imperia, che ha sospeso il processo in attesa del verdetto (la prossima udienza è fissata al 19 aprile).
A ridurre le probabilità che Borghezio la faccia franca, però, c’è la relazione della Commissione giuridica votata il 2 febbraio scorso, che il plenum dovrà confermare o smentire. A grandissima maggioranza – 24 voti contro 2 – l’organo ha proposto “di non difendere i privilegi e le immunità di Mario Borghezio”, perché, “nella sua audizione dinanzi alla commissione giuridica”, il politico “non ha dichiarato nulla che permetta di concludere che l’alterco in questione riguardasse l’espressione di un’opinione politica dell’ex deputato”.
Pertanto, è la conclusione, “il presunto reato non riguarda opinioni o voti espressi nell’esercizio delle funzioni”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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