OLANDA AL VOTO, UN CLAMOROSO ULTIMO SONDAGGIO VEDREBBE IL CANDIDATO XENOFOBO WILDERS ADDIRITTURA CROLLATO AL QUINTO POSTO
RUTTE 18%, VERDI 13,1%, LIBERALI D66 13%, CRISTIANO DEM 12,1%, WILDERS 10,2%… TUTTI I SONDAGGI DANNO RUTTE AL PRIMO POSTO
Mercoledi gli olandesi si recheranno alle urne per rinnovare il loro Parlamento. Un passaggio di per sè già molto atteso in Europa, caricato di ulteriori significati dalla concomitante e sempre più dura crisi con la Turchia.
La domanda che gli osservatori si fanno adesso riguarda soprattutto chi trarrà vantaggio dagli attacchi di Ankara, che per voce del presidente Erdogan ha definito gli olandesi nazisti, razzisti e islamofobi, arrivando a riesumare il massacro dei musulmani di Srebrenica a cui assistette inerme il contingente “orange” dei caschi blu. Come risponderanno gli elettori olandesi a simili argomentazioni?
Premiando l’ultradestra populista di Geert Wilders, facendo così il gioco di Erdogan, o il Partito liberale del premier Mark Rutte, che alle forzature turche ha risposto con una fermezza probabilmente conseguenza del clima pre-elettorale, ma anche con europeista misura?
Dall’ultimo sondaggio, pubblicato dall’istituto I&O Research, prevale la seconda lettura: la linea dura tenuta da Rutte nella crisi diplomatica con la Turchia avrebbe consolidato il VVD di Rutte, accreditato del 18% e di 27 seggi sui 150 della Camera bassa del Parlamento dell’Aia.
Al secondo posto ci sarebbero i Verdi di GroenLinks con il 13,1% (20 seggi), seguiti dai liberali di sinistra dei D66 con il 13% (20 seggi) e dai cristiano-democratici della CDA con il 12,1% (19 seggi).
Il PVV di Wilders, che il 20 dicembre scorso era dato nettamente in testa da I&O Research con il 21,4% e 33 seggi, alla fine arriverebbe solo in quinta posizione con appena il 10,2% e 16 deputati eletti alla Camera.
Altri sondaggi, pur registrando un calo nelle intenzioni di voto a favore del Pvv nelle ultime settimane, continuano a dare il partito di Wilders in seconda posizione.
Di certo, ben prima della crisi con la Turchia, il voto olandese era considerato il primo dei tre passaggi elettorali chiave del 2017 per capire cosa diventerà l’Europa dei prossimi anni, assieme alle presidenziali in Francia del 23 aprile e 7 maggio e alle politiche in Germania del 22 settembre.
Dopo la Brexit e l’elezione di Trump negli Usa, saranno tre indicatori fondamentali sull’avanzata o la fine delle destre antieuropeiste.
La partita elettorale è molto aperta in un Paese, l’Olanda, che conta su un 5% della popolazione di fede musulmana su 17 milioni di abitanti. Dove il 60% dei 12,9 milioni di potenziali elettori si è detto ancora indeciso: se votare e per chi votare.
E dove il quadro politico è estremamente frammentato – ventotto partiti e liste sulla scheda -, favorito dal sistema elettorale proporzionale che consente alle formazioni che ottengono lo 0,67% di voti di ottenere un seggio in Parlamento.
Nessuna formazione dovrebbe ottenere più del 20% dei voti.
Il che vuol dire che, se anche Wilders finisse in testa, le sue possibilità di andare al governo sarebbero praticamente nulle.
Chi vorrà andare al governo dovrà contare sul sostegno di 76 deputati, la metà più uno dei complessivi 150 alla Camera.
Per rimanere premier Rutte ha detto di voler lavorare con i liberali di sinistra dei D66 e i cristiano-democratici della CDA, oltre che con i laburisti della PvdA che sperano di mantenere Jeroen Dijsselbleom al posto di ministro delle Finanze e presidente dell’Eurogruppo.
Rutte ha perfino indicato la possibilità di una coalizione con i Verdi, malgrado divergenze di opinioni in particolare sul fisco.
In alternativa, potrebbe ricorrere all’Unione Cristiana, piccolo partito ultraconservatore di origine protestante. Alcuni temono tempi lunghi per la formazione del prossimo esecutivo. Nel 2010, ci vollero 127 giorni per formare il primo governo Rutte. Nel 2012 ne bastarono 54, ma solo grazie alla sorpresa del successo nelle urne dei liberali del VVD e dei laburisti del PvdA che negli ultimi giorni di campagna elettorale riuscirono a neutralizzare la minaccia Wilders.
L’Europa attende l’esito del voto. Sapendo che sarà deciso da considerazioni altre rispetto alle ricette economiche che dominano altrove le corse elettorali.
Perchè in Olanda la libertà di scegliere non è strangolata dalla crisi e la testa può ancora prevalere sulla pancia.
Il Paese resta un’economia da tripla A, la 17esima del mondo, la decima per reddito pro capite, la quinta della zona euro, con un tasso di disoccupazione di appena il 5,4%.
(da “Huffingtonpost”)
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