OMICIDIO MARCO VANNINI, LA CASSAZIONE CONFERMA LE CONDANNE PER I CIONTOLI
ANTONIO CIONTOLI DOVRA’ SCONTARE 14 ANNI PER OMICIDIO VOLONTARIO…. LA MOGLIE E I FIGLI 9 ANNI E 4 MESI PER CONCORSO
Sull’assurda morte di Marco Vannini la giustizia italiana ha messo la parola fine.
La Cassazione ha infatti confermato la condanna a 14 anni di carcere per Antonio Ciontoli, accusato dell’omicidio volontario del ventenne, allora fidanzato della figlia. Confermate anche le condanne a nove anni e quattro mesi per la moglie di Ciontoli, Maria Pizzillo e ai due figli Federico e Martina Ciontoli.
Rigettati tutti i ricorsi delle difese. La sentenza, accolta da un lungo applauso, è arrivata, dopo quasi quattro ore di camera di consiglio, dalla quinta sezione penale della Suprema Corte, presieduta da Paolo Antonio Bruno.
L’unica modifica apportata dai giudici della Cassazione al dispositivo della sentenza d’appello riguarda la specificazione del reato per Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico. I giudici, spiegano fonti della difesa, hanno trasformato il “concorso anomalo” in “concorso semplice attenuato dal minimo ruolo e apporto causale”.
Ma con questa modifica nulla cambia ai fini delle pene, che restano le stesse inflitte nell’appello bis nel settembre scorso.
L’accusa. “Tutti mentirono. Tutti hanno tenuto condotte omissive e reticenti”. È quanto sostenuto dal sostituto procuratore generale della Cassazione, Olga Mignolo, nel corso della requisitoria nel processo per l’omicidio di Marco Vannini, morto con un foro di pistola al petto, nel maggio 2015, nel bagno della casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli, a Ladispoli.
La procuratore generale ha sottolineato come “l’unico a poter mettere in crisi la ricostruzione di Antonio Ciontoli e riferire cosa accadde quella notte era proprio Marco Vannini”, per gli imputati dunque era “preferibile alla sua sopravvivenza”.
La difesa. Una “sentenza di una illogicità grossolana”, “disseminata di insensatezze argomentative”. Così l’avvocato Gian Domenico Caiazza, uno dei difensori della famiglia Ciontoli, ha definito quella emessa dalla Corte d’assise d’appello di Roma. “Chiediamo alla Cassazione – ha detto Caiazza, interpellato durante una pausa dell’udienza – di annullare con rinvio quella sentenza, nella quale ci sono eclatanti contraddizioni”. Parlare di omicidio volontario con dolo eventuale, secondo il penalista, “non è compatibile con il fatto che sono stati chiamati i soccorsi, avvisati i genitori di Vannini quando era ancora in vita e parlato con il medico”.
I fatti. Torniamo alla sera del 17 maggio 2015, sera in cui Marco Vannini, 20 anni, viene colpito a morte da un proiettile. Marco è a Ladispoli, ospite nella casa della famiglia della sua fidanzata, Martina Ciontoli. Si conoscono da tre anni ed è normale che il ragazzo rimanga lì a dormire. In casa ci sono i genitori di Martina, Antonio Ciontoli e Maria Pezzillo, il fratello Federico e la sua fidanzata Viola. Antonio Ciontoli è un uomo piuttosto in vista in città, ricoprendo il ruolo di sottufficiale della Marina militare distaccato ai servizi segreti.
Su ciò che accade in realtà dentro a quella villetta di certo c’è ben poco, a parte il colpo di pistola che uccide Marco. Perché gli unici presenti sono coloro che oggi sono stati condannati e che in questi anni, questo lo sappiamo con certezza, hanno raccontato più di una bugia.
Innanzitutto sulla dinamica, che rimane ancora abbastanza oscura. Secondo il suo ricordo, Antonio Ciontoli avrebbe puntato la sua Beretta calibro 9 contro Marco che in quel momento si stava lavando nella vasca. E poi sarebbe partito un colpo in maniera accidentale. Ma da quel momento la famiglia Ciontoli decide di fare qualsiasi cosa, tranne l’unica da fare realmente. Ovvero chiamare i soccorsi. Con tutta probabilità, soprattutto nel capofamiglia, prevale il timore che la sua reputazione possa essere infangata
In nessuna delle due chiamate al 118 infatti i Ciontoli avvertono che Marco è stato ferito con un’arma da fuoco. Anzi mentono. Prima Antonio, spiegando a una infermiera che il ragazzo si è ferito con una punta del pettine. Poi la moglie di Antonio che, nell’avvisare i genitori del ricovero in ospedale del figlio, afferma: “È caduto dalle scale ma non dovete preoccuparvi”.
Antonio Ciontoli poi giustificherà in lacrime la sua bugia con la paura di perdere il lavoro. A noi rimangono solo gli audio delle due telefonate al 118 e in sottofondo le urla straziate dal dolore di Marco che chiede aiuto.
Vannini morirà dopo quasi quattro ore di agonia. I medici sono certi che se fosse stato trasportato in emergenza subito dopo lo sparo, ora sarebbe vivo. Pensiero che viene ripreso dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 7 febbraio 2020 con cui è stata annullata la decisione della Corte d’Appello in cui si derubricava l’omicidio in colposo, anziché volontario, e si riduceva la pena per Antonio Ciontoli a cinque anni di carcere. In primo grado era stato riconosciuto colpevole per omicidio volontario con dolo eventuale e condannato a 14 anni di reclusione.
(da agenzie)
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