PANSA SUL CASO GHERSI: “QUELLA POVERA BAMBINA NON TROVA ANCORA PACE”
IL GIORNALISTA AVEVA RACCONTATO NEL “SANGUE DEI VINTI” LA VIOLENZA SESSUALE E L’ASSASSINIO DELLA 13ENNI DA PARTE DI UN GRUPPO CRIMINALE DI PARTIGIANI
«Mai avrei immaginato che, dopo aver raccontato la storia di Giuseppina Ghersi nel 2003 all’interno del mio “Sangue dei vinti”, il fantasma di quella povera ragazzina potesse tornare nella cronaca di questi giorni».
Giampaolo Pansa è in automobile con la moglie quando risponde al telefono e concede una battuta sulla vicenda che sta animando non soltanto il dibattito cittadino ma nazionale di Giuseppina Ghersi, la tredicenne prima violentata e poi assassinata da partigiani savonesi nei giorni immediatamente successivi alla Liberazione.
Un caso riesploso con l’anticipazione pubblicata da Il Secolo XIX e La Stampa cinque giorni fa sulla volontà del Comune di Noli di intitolare una targa alla memoria de “Pinuccia”, decisione accolta con sdegno dall’Anpi di Savona.
Poi le polemiche, la notizia ripresa da decine di quotidiani e giornali online, la correzione di rotta dell’Anpi nazionale che ha aggiustato il tiro rispetto alla posizione espressa in un primo momento dalla sezione locale dell’associazione dei partigiani.
Anche Pansa, maestro di giornalismo e saggista che con i suoi libri di storia sulla Resistenza ha modificato il sentire comune sulla guerra civile, in libreria con l’ultimo volume “Il mio viaggio tra i vinti, neri, bianchi e rossi”, tornerà a occuparsi del caso di Giuseppina Ghersi.
Pansa ha raccontato la storia di Giuseppina Ghersi all’interno del suo primo libro dedicato alle uccisioni e violenze compiute dai partigiani alla fine della guerra, il “Sangue dei vinti”: un testo accolto da roventi polemiche, con proteste vibranti e persino presentazioni impedite per ragioni di ordine pubblico.
Nel libro racconta così la storia di Giuseppina: «I rapitori di Giuseppina decisero che lei aveva fatto la spia per i fascisti o per i tedeschi. Le tagliarono i capelli a zero. Le cosparsero la testa di vernice rossa — racconta Pansa -. La condussero al campo di raccolta dei fascisti a Legino, sempre nel comune di Savona. Qui la pestarono e violentarono. Una parente che era riuscita a rintracciarla a Legino la trovò ridotta allo stremo. La ragazzina piangeva. Implorava: Aiutatemi! mi vogliono uccidere. Non ci fu il tempo di salvarla perchè venne presto freddata con una raffica di mitra, vicino al cimitero di Zinola. Chi ne vide il cadavere, lo trovò in condizioni pietose».
E, ancora, a proposito dell’adesione della Ghersi al fascismo, sostenuta sia dall’Anpi di Savona che da alcune testimonianze che descrivono la tredicenne come una «spia che girava armata e in camicia nera», Pansa spiega come «soltanto un parente, Attilio M, 33 anni, operaio, aveva la tessera del partito. Lui, anzichè essere rapito, fu ucciso subito, il 25 o il 26 aprile» mentre nè Giuseppina nè i genitori — commercianti di frutta e verdura al mercato di Savona — sarebbero stati iscritti al partito fascista repubblicano, propaggine crepuscolare del Pnf nel biennio della Repubblica di Salò.
Una versione, quella racconta da Pansa, che si discosta molto da quella portata avanti sia dall’Anpi — che ha sempre duramente criticato il lavoro “revisionista” di un decano del giornalismo — sia da alcune testimonianze di savonesi, emerse anche negli ultimi giorni dopo la notizia dell’iniziativa intrapresa dal Comune di Noli.
(da “Il Secolo XIX”)
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