PENSIERI DI UN EX RAGAZZO SU NAPOLI, LO SCUDETTO SFIORATO E IL SENSO DELLA VITA
UNA CITTA’ CHE NON HA BISOGNO DI VINCERE UN TRICOLORE PER SCOPRIRSI GRANDE, MA DI NORMALITA’ DI GESTI E COMPORTAMENTI… GUARDANDO SEMPRE IN ALTO CON PASSIONE
Erano anni che non seguivo più il calcio. Da ragazzo, per la verità , la “facevo nera”… Con gli amici dell’adolescenza, era una “partita di calcio” continua..
Il quartiere nel quale vivevamo era – come, purtroppo, ancora è! – una delle zone più povere della città . Le estati passavano lente, ma “piene”. Non si andava in villeggiatura, non si poteva. Si poteva giocare a pallone, però: sotto casa, nella piazzetta di fronte alla Parrocchia (proprio in Piazza Miracoli, insomma) ovvero, ancora, al Bosco di Capodimonte
Ricordo ancora gli “inseguimenti” dei guardiani del Bosco che ci volevano impedire di giocare sulle lunghe distese di verde che circondavano la Reggia.
Ricordo noi che “fuggivamo”; che facevamo il giro della Reggia (era – anzi, per meglio dire, è! – enorme il Palazzo del Museo di Capodimonte) per riportarci proprio nel punto dal quale ci avevano cacciato, per riprendere la partita, e proprio dal “minuto” in cui “ci avevano costretto” ad interromperla.
Benchè fossi nu “tappariello”, un puffetto, va (del resto sarò cresciuto giusto qualche millimetro rispetto a quei tempi), io giocavo in porta. Provavo ad emulare i grandi Castellini e Dino Zoff..
Ricordo che gli amici mi prendevano in giro, perchè – per usare una loro espressione – io ero “professionistico” (che bello essere ragazzini ed inventarsele, addirittura, le parole). Che ci mettevo impegno, quasi come se si trattasse di una questione di “professionalità ” e di onore
Un po lo era, una questione d’onore, per la verità : in ogni cosa che facevo, dalla più banale a quella più complessa, volevo eccellere. Volevo essere il primo: chi avevo di fronte, se la doveva sudare.
E fu così, per esempio, che, mentre cercavo di fermare un attaccante lanciato a rete, presi un calcio trememdo in pieno viso. “Mamma mia”, che botta! Lui non segnò, comunque: nel “prendere” il mio viso in pieno, si perse la palla che sfilò, così, a fondo campo. Piccole soddisfazioni capaci di lenire il dolore fisico, e fino al punto da farti diventare il piccolissimo “eroe” della giornata
Ricordo le risate. Gli sfottò. Quel senso di fraterna amicizia – di amicizia spensierata e piena – che riempiva i racconti, le emozioni ed anche tutte le marachelle che facevamo.
Marachelle “tranquille”, comunque: noi altri, al di la dell’atteggimanetro perennemmente “bellicoso”, eravamo degli “scuginizzi perbene”. Eravamo dei “romantici”, e manco lo sapevamo..
Le nostre, erano famiglie semplici. Non erano ricche dal punto di vista economico. Però, ci seguivano. Ci davano tutto quello che potevano. Soprattutto, ci davano amore (misto a cazziate, cazziatelle e cazziatone di vario genere). Del resto, si sa: “mazze e pagelle fanno ‘e figli belli!
Anni davvero belli, quelli. Ci si divertiva con poco e si aveva rispetto per gli altri, anche quando il naturale istinto di sana ribellione ci spingeva a pronunciare un no irriverente e vibrante
Crescendo, il calcio, pur conservandosi nel profondo del cuore, come passione, avevo smesso di seguirlo.
A 12, 13 anni, avevo (già ) capito che il mio futuro, che la mia crescita, sia umana che professionale, sarebbe passata esclusivamente per lo studio. Che le energie dovevano essere convogliate nel provare ad allargare la mente. Nel farla lavorare. Non mi sentivo predestinato a fare il garzone. Volevo conoscere e sapere le cose. Ero curioso. Soprattutto ero attratto dalla bellezza, innazitutto dei “suoni”. Di tutti i suoni…
Ogni persona che conoscevo mi appariva (sempre) come una sorta di figura musicale. Qualcuno era come una “semibreve”, in quanto tale, lunga e vibrante. Qualcun altro, invece, mi sembrava una “semicroma”: veloce e sfuggente.
Ognuna di esse vibrava, però. Lasciava un segno. Ti comunicava qualcosa.
Non so perchè la mia mente mi spingesse a consumare quella specifica associazione di idee. So soltanto che continuo ancora a farlo: se qualcuno “vibra male” o, addirittura, non vibra proprio, beh, allora vuol dire che è una “nota stonata” e che posso anche “cancellarla” dal pentagramma..
E che cosa affascinante, poi, quando alle superiori, iniziai a studiare filosofia. Sembrava quasi che fosse scritto da qualche parte che dovessi affacciarmi ad un mondo così “meravigliosamente meraviglioso”. Un viaggio, profondo e perenne, nei pensieri; anzi, nel pensiero… Io, già rompicoglioni di mio, quasi per vocazione innata, lo diventavo sempre di più, e soprattutto con (e verso) me stesso
Lentamente, però, quella passione per il calcio è riesplosa. Lentamente, insomma, ho ripreso a seguire il Napoli, gioiendo e/o soffrendo per le sue vicende
Ho anche preso a fare cose che da ragazzo non mi potevo permettere: comprare una maglietta del Napoli, indossarla e semtirmi quasi un “Re”.
Lo so, vi farò sorridere. Ma quando vieni dai “sottoscala”, ogni cosa sembra avere un sapore diverso. Ogni cosa sembra avere una magia unica ed irripetibile, soprattutto quando quel “poco” te lo sei comprato con le tue forze; quando (quel poco che hai), è frutto del tuo lavoro o, perchè no, magari anche di qualche piccolo risparmio.
Ma non è questo il tema vero di queste riflessioni. Il Campionato di Serie A volge al termine. E’ stata una stagione per lunghi tratti vibrante ed appassionante. Il Napoli è almeno 4 volte tanto inferiore alla Juventus, eppure, i nostri scugnizzi, hanno quasi fatto l’impresa lo stesso. Diciamoci la verità , ci hanno regalato momenti davvero emozionanti e tante, tantissime lagrime di gioia, irrazionale, calda ed avvolgente..
Ieri, al 99%, il discorso scudetto si è chiuso definitivamente.
La cosa fa male. Ci avevo creduto. Soprattutto speravo che, in modo particolare nelle ultime 4 giornate di questa stagione, si potesse vivere il tutto in un clima privo di dietrologie e sospetti. Che gli arbitri non diventassero i protagonisti indegni delle sorti degli sfrorzi degli atleti in campo e delle aspettative delle rispettive tifoserie.
Ma il “gioco” è quello. Funziona così. Nonostante la VAR, gli episodi capaci di avvelenare il contesto, ci sono stati. E la cosa fa parecchia tristezza, perchè il gioco del calcio, soprattutto per “quell’incedere collettivistico” che gli appartiene, è fenomeno di massa: accende le folle!
Ieri a Firenze, per esempio, “ci stava pure” perdere. Ma una cosa è perdere per manifesta superiorità dell’avversario. Ben altra questione è perdere (la bussola) perchè te la dovrai giocare per oltre 80 minuti in 10 contro 11 (peraltro già sapendo che un pari equivarrebbe ad una sconfitta!). Ma tant’è e non possiamo fare nulla per modificare l’esito degli eventi. Possiamo farne tesoro, però. Una lezione utile ben oltre lo specifico contesto
Diciamoci la verità : i nostri ragazzi ci hanno provato. Sono caduti ma sono stati capaci di rialzarsi.
Quando tutto sembrava già perso, hanno finanche compiuto l’impresa di vincere a Torino.
Immagino che non sia semplice sentire il peso di “quel che potrebbe essere” sulle proprie spalle e scendere in campo col massimo della serenità .
Napoli, del resto, è proprio questo: passione dirompente. Piccoli gesti eroici. “Esagerazioni esagerate”.
Forse anche noi tifosi e cittadini, con le nostre aspettative, abbiamo sovraccaricato i nostri ragazzi. Forse spetterebbe proprio a noi altri, maturare, e non soltanto nel calcio.
Da queste parti, le cose belle vengono vissute sempre come eventi. E, forse, anzi ne sono addirittura certo, dovremmo riuscire a crescere proprio in questo fino al punto da realizzare tantissime cose belle, facendole diventare normalità
Normalità , non di un territorio unico al mondo, ma delle gesta, dei comportamenti e dei risultati concludenti.
Normalità nella sana tensione emotivamente orientata. “Grande normalità ” di una terra baciata dal sole…
Se “questa terra” riuscisse ad essere così vibrante non soltanto nel calcio, ma anche in tutte le altre cose che le appartengono, altro che Nord: potremmo essere ammirati dal mondo molto più di quanto già non accada ora.
Napoli non ha bisogno di un tricolore per riscoprirsi grande. Sono altre le cose da fare. Piangiamo pure, se proprio dobbiamo. Il sole, però, segue – e seguirà ! – sempre la notte. Il sole, sorgerà tutte le mattine.
Basterà “semplicemente” guardare in alto…
Salvatore Castello
Right Blu – La Destra Liberale
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