PER IL RITARDO NEI SOCCORSI DEL NAUFRAGIO DEI BIMBI MIGRANTI RINVIATI A GIUDIZIO DUE UFFICIALI: MORIRONO 268 PERSONE, TRA CUI 60 BAMBINI
SONO I RESPONSABILI DELLE SALE OPERATIVE DI MARINA E GUARDIA COSTIERA… ACCUSATI DI RIFIUTO DI ATTI D’UFFICIO E OMICIDIO COLPOSO
Il gup di Roma ha rinviato a giudizio l’ufficiale responsabile della sala operativa della Guardia Costiera, Leopoldo Manna, e il comandante della sala operativa della Squadra navale della Marina, Luca Licciardi, in relazione al processo per il naufragio dell’ottobre del 2013, in cui morirono 268 persone tra cui 60 bambini.
Si trattava di migranti siriani che scappavano dalla guerra civile. Ai due imputati, il pm Sergio Colaiocco contesta i reati di rifiuto d’atti d’ufficio e omicidio colposo. Il processo a Manna e Licciardi è stato fissato al prossimo 3 dicembre davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Roma.
Il naufragio avviene l’11 ottobre 2013. Il peschereccio crivellato di colpi con a bordo 480 profughi siriani in tutto, il dottor Mohanad Jammo, sua moglie, i loro tre figli e altri100 bambini, sta affondando a 61 miglia a Sud di Lampedusa. Ma da via della Storta 701 a Roma il Comando in capo della squadra navale, il Cincnav, ordina a nave Libra della Marina militare italiana, ad appena 17 miglia, un’ora di navigazione, di togliersi di mezzo in attesa dell’arrivo delle motovedette libiche.
È Luca Licciardi, capo sezione attività correnti della sala operativa del Cincnav, a rispondere alla richiesta di istruzioni del capitano di fregata Nicola Giannotta, 43 anni, ufficiale in servizio alla centrale operativa aeronavale.
Cosa dire alla Libra, chiede Giannotta? Questa la risposta: “Che non deve stare tra i coglioni quando arrivano le motovedette… te lo chiami al telefono, oh, stanno uscendo le motovedette, non farti trovare davanti ai coglioni delle motovedette che sennò questi se ne tornano indietro”.
Giannotta obbedisce e ordina alla Libra di togliersi dalla congiungente tra Malta e il barcone, la rotta più breve: “Perchè se vi vede a un certo punto (la motovedetta maltese)… eh, gira la capa al ciuccio e se ne va”. Ecco perchè l’ultima salvezza, la nave militare comandata da Catia Pellegrino, 41 anni, l’unico ufficiale davvero all’oscuro dello scaricabarile, si allontana oltre l’orizzonte.
Il peschereccio carico di migranti si rovescia alle 17.07, dopo cinque ore di inutile attesa dalla prima richiesta di soccorso alla Guardia costiera. Almeno duecentosessantotto morti, sessanta bambini, quasi tutti caduti in mare e mai più ritrovati.
La motovedetta maltese, il pattugliatore P61, arriverà sul punto del disastro soltanto alle 17.51. Nave Libra addirittura più tardi, alle 18. Riescono a tirare a bordo duecentododici persone. E molti bimbi che i sopravvissuti giurano di aver visto in acqua aggrappati a tavole di legno non appaiono nell’elenco dei superstiti.
L’inchiesta e la tenacia
C’è tuttavia un’inchiesta sulla loro morte, che non si è persa nel rumore delle onde solo grazie alla tenacia del giornalista Fabrizio Gatti, che su Repubblica e L’Espresso ha ricostruito la dinamica dell’incidente e ha poi denunciato l’accaduto alle procure di Agrigento e Palermo.
L’iter processuale dell’inchiesta è stato piuttosto accidentato. Dopo le denunce di Gatti, due procure, quella di Agrigento e quella di Roma, chiedono l’archiviazione del procedimento. “In questa indagine le procure non si sono mosse — ha spiegato l’avvocato Arturo Salerni, che segue il procedimento come parte civile per i parenti delle vittime -, ma si è arrivati all’udienza preliminare grazie ai giudici di Agrigento e Roma, che hanno rifiutato l’archiviazione, e al coraggio di un giornalista scrupoloso”.
Tra i dati decisivi per valutare l’operato della Marina ricostruiti da Gatti le precise informazioni riferite alla Guardia costiera da Mohanad Jammo, 44 anni, il medico di Aleppo che con un telefono satellitare dal barcone alla deriva chiamava la sala operativa di Roma e della Valletta.
“Le informazioni che il dottor Jammo riferisce al tenente di vascello Clarissa Torturo, 40 anni, l’ufficiale di servizio alla centrale di Roma, sono inequivocabili e ben comprese – scrive Gatti nel 2017 – . Tanto che l’allora comandante della Guardia costiera, l’ammiraglio Felicio Angrisano, le riporta in una lettera inviata a L’Espresso nel 2013: ‘Ore 12.39… presenza a bordo di due bambini bisognevoli di cure… unità che con motore fermo, imbarca acqua’, scrive l’ammiraglio. A quell’ora Jammo dice che l’acqua nello scafo ha raggiunto il mezzo metro. Difficile sostenere che non si sappia del pericolo”.
(da agenzie)
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