PER SCREDITARE LE ONG CHE “AIUTANO GLI SCAFISTI” ORA GRILLO FA SPONDA A SALVINI: POVERI RICCONI, NON CAPISCONO CHE CERTE COSE SI FANNO SENZA INTERESSE
CRIMINALIZZARE I “BUONISTI” FA SEMPRE COMODO PER RACCOGLIERE I VOTI DELLA FOGNA RAZZISTA… VEDIAMO COME STANNO REALMENTE LE COSE
Dopo Matteo Salvini anche Beppe Grillo va all’attacco delle ONG impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Canale di Sicilia.
In un post pubblicato oggi sul blog a firma del MoVimento 5 Stelle si torna a sollevare il sospetto di una regia occulta e di connivenze tra le Organizzazioni non governative che operano nel tratto di mare tra l’Italia e la Libia e i trafficanti di esseri umani che caricano i gommoni di migranti e li mettono sulla rotta della Sicilia. Rotta lungo la quale poi vengono tratti in salvo dalla Marina Militare, Guardia Costiera e imbarcazioni delle ONG.
Non è la prima volta che Grillo se la prende con i migranti (fa parte della sua mentalità ) e anche di recente Alessandro Di Battista ha illustrato che è necessario difendere i nostri confini dai migranti.
Nel 2014 i pentastellati avevano soprannominato la missione Mare Nostrum (attiva fino al 2014) “Affare Nostrum” definendola una missione d’affari che solo in minima parte aveva salvato vite umane.
Sempre in quel periodo un deputato del M5S dichiarava la necessità di aprire “canali di immigrazione direttamente nelle aree di provenienza” per stroncare il business degli scafisti. Insomma all’epoca l’idea del M5S oscillava tra il rifiuto totale dell’immigrazione e la tentazione di andarli a prendere direttamente a casa loro. Ora hanno cambiato idea.
Ma da cosa nascono queste nuove accuse di Grillo?
Il 15 dicembre 2016 l’Agenzia europea di controllo delle frontiere della UE Frontex (che pure è stata oggetto di critiche da parte di Grillo che la accusava di farci importare più immigrati) ha accusato le organizzazioni umanitarie di essere complici e colluse dei trafficanti di esseri umani.
La notizia è stata pubblicata prima dal Financial Times e successivamente le accuse sono state messe nero su bianco nel rapporto annuale Risk Analysis for 2017 di Frontex pubblicato il 15 febbraio 2017 nel quale si attribuisce all’attività delle imbarcazioni delle ONG il pull factor ovvero la responsabilità di costituire una fonte d’attrazione per migranti e scafisti.
La tesi è che dal momento che ci sono molte navi pronte ad intervenire in caso di emergenza i migranti si sentono più rassicurati rispetto ai rischi della traversata e quindi sono più propensi a intraprendere il viaggio e di conseguenza l’aumento delle morti nel Mediterrano è dovuto all’attività delle ONG.
In base a quanto scritto nel Risk Analysis for 2017 la procura di Catania, che è la città dove c’è la sede operativa di Frontex, ha aperto un’indagine conoscitiva per appurare la veridicità dei fatti ma al momento non è stata fatta alcuna ipotesi di reato.
In un’intervista Repubblica il Procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha precisato che al momento non c’è «nessun fascicolo aperto, ma soltanto un’analisi su un fenomeno che stiamo studiando da tempo […]. Abbiamo osservato, con dati anche messi a disposizione da Frontex, un aumento di piccole Ong che sono impegnate nel salvataggio di migranti con alle spalle ingenti capitali. Vogliamo capire chi ci sia dietro e che cosa nasconda questo fenomeno. Stiamo facendo un ragionamento molto attento, ma non ci sono gli elementi per aprire un fascicolo, soltanto per proseguire la nostra analisi».
Anche Stefano Screpanti, capo del III Reparto Operazioni del Comando generale della Guardia di finanza, ascoltato dalla Commissione Difesa del Senato ha escluso la possibilità che ci siano connivenze tra Ong e scafisti: «Ad oggi, allo stato attuale delle nostre conoscenze, non ci sono evidenze investigative tali da far emergere collegamenti di sorta fra ong e organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti o ambienti comunque vicini».
Dopo gli sbarchi della settimana di Pasqua la Stampa ha pubblicato ieri un articolo nel quale si attribuisce a non meglio precisate fonti governative che avrebbero visionato il dossier sulla questione l’affermazione che quella condotta dalle organizzazioni umanitarie sarebbe «Un’azione logistica fuori dal comune, quasi di stampo militare».
Da parte loro però le ONG hanno replicato di attenersi scrupolosamente alle regole delle varie Convenzioni marittime sul soccorso in mare e di agire in coordinamento con la Guardia Costiera o con altre forze presenti nell’area.
In una dichiarazione congiunta sottoscritta da Sea-Watch, Proem-Aid, Proactiva Open Arms, SOS Mediterranèe, Hellenic Rescue Team, Jugend Rettet, Humanitarian Pilots Initiative, SMHumanitario e United Rescue Aid le associazioni sostengono di attenersi scrupolosamente alle disposizioni sulle aree SAR di intervento coordinato stabilite dal Governo Italiano in collaborazione con Centro di Coordinamento Marittimo dei Soccorsi (MRCC) di Roma.
Medici Senza Frontiere ha risposto ancora più duramente alle accuse — vale la pena di sottolineare che l’attività di MSF non è oggetto delle indagini della Procura di Catania — chiedendo un chiarimento immediato a Frontex.
La co-fondatrice e vice-Presidente di SOS Mediterrane e direttore generale di SOS Mediterranee Francia Sophie Beau ha dichiarato che la sua organizzazione non ha “alcun tipo di collegamento con le persone che sono coinvolte dal lato della Libia nelle operazioni di partenza dei migranti e non abbiamo alcun tipo di legame con loro. La ragione per cui siamo presenti quando ce ne è bisogno e sappiamo dove sono le navi è perchè è documentato che le imbarcazioni in difficoltà si trovano nella cosiddetta ‘Sar zone’, quindi una zona ben precisa”.
Dal rapporto 2016 stilato dalla Guardia Costiera sulle attività di soccorso in mare nel Mediterraneo Centrale emerge inoltre che la maggior parte delle operazioni di soccorso sono state condotte direttamente da unità navali italiane o governative (Guardia Costiera, Marina Militare, Unità Eunavfor Med).
È vero che rispetto ai tre anni precedenti il numero di persone salvate dalle Ong è aumentato (raddoppiato rispetto al 2015) ma è anche vero che parallelamente è aumentata anche la presenza delle organizzazioni nell’area, che sono diminuiti i soccorsi effettuati da parte delle navi commerciali (pescherecci e così via) e che anche le Marina Militare, con la fine di Mare Nostrum, ha diminuito il numero di assetti nella zona.
Non va inoltre dimenticato che nello stesso arco di tempo il numero delle persone che tenta la traversata è andato aumentando (e tra i vari motivi bisogna ricordare che prima i migranti in Libia venivano detenuti e torturati).
Medici Senza Frontiere rende noto che nel corso del 2016 le navi delle ONG hanno soccorso “non più del 28% delle persone” allo stesso tempo contribuendo a ridurre significativamente il peso degli interventi che gravava in modo significativo sulle navi commerciali che nel corso del 2014 avevano effettuato un salvataggio su quattro. Nessuno curiosamente ha accusato i marinai delle navi commerciali di essere conniventi con gli scafisti.
Ma perchè le navi delle Ong operano così vicine al limite delle acque territoriali libicheFrontex stessa nel suo rapporto certifica che il numero delle chiamate satellitari al MRCC (gli scafisti istruivano i migranti a telefonare al Centro di coordinamento) è diminuito “in corrispondenza” dell’aumento delle operazioni di soccorso delle Ong.
In realtà il numero delle chiamate è iniziato a diminuire prima e uno dei motivi potrebbe essere che gli scafisti non danno più i telefoni satellitari ai migranti.
Assenza che è certificata anche dalla Guardia Costiera e che viene inclusa come uno degli elementi peggiorativi delle condizioni di sicurezza a bordo delle unità impiegate per il flussi via mare dalle coste libiche.
Rispetto al 2015 nel 2016 il numero di telefoni satellitari trovati a bordo dei gommoni è calato del 56% (il numero complessivo di SAR è aumentato del 52%).
L’unico modo per effettuare le operazioni di soccorso è quindi la ricerca “a vista” per cui è necessario posizionare le imbarcazioni (o assetti aerei) più vicine al limite delle acque territoriali altrimenti i tempi per i soccorsi sarebbero troppo lunghi per garantire la sopravvivenza dei naufraghi.
A questo va inoltre aggiunto che negli anni precedenti le operazioni di soccorso si svolgevano più in prossimità delle coste italiane perchè la tipologia di imbarcazioni era diversa ed erano maggiormente in grado di affrontare la traversata e in molti casi di sbarcare direttamente i migranti sulle coste siciliane.
Ora invece vengono utilizzati perlopiù gommoni che partono anche in condizioni di mare non ottimali e quindi per avere la possibilità di salvare vite umane è necessario avvicinarsi al limite delle acque territoriali.
E non sono solo le Ong a farlo ma anche gli altri assetti navali.
A chi giova criminalizzare le Ong?
(da “NextQuotidiano”)
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