PRIGOZHIN ERA OSSESSIONATO DALLA PROPRIA SICUREZZA: DOPO IL GOLPE, SAPEVA DI ESSERE NEL MIRINO, E PER QUESTO CAMBIAVA SPESSO AEREO ALL’ULTIMO. COSA È SUCCESSO IERI?
AVEVA RICEVUTO GARANZIE DAL CREMLINO? LE TRE ORE DI COLLOQUIO CON PUTIN, AL CREMLINO, IL 29 GIUGNO, QUANDO RICONOBBE L’AUTORITÀ DELLO ZAR, MA NON QUELLA DEI VERTICI DELLA DIFESA
Lunedì Prigozhin diceva di essere in Africa «a combattere l’Isis e a rendere la Russia ancora più grande in tutti i continenti». Ieri sarebbe morto , forse abbattuto dalla contraerea di Putin a 300 chilometri a nord di Mosca. Dal fallito golpe alla (probabile) sua morte o «eliminazione» sono passati due mesi. In questo tempo ha incontrato il leader del Cremlino, è stato indagato, le sue case perquisite, ma non ha abbassato la testa continuando a sferzare i vertici dello Stato.
Sabato 24 giugno, Evgenij Prigozhin registra un video in cui dice di aver preso il controllo dei comandi militari di Rostov sul Don, la principale base logistica russa per la guerra in Ucraina. Il capo mercenario sostiene che le gerarchie militari dello Stato russo bombardano gli «eroi che hanno conquistato Bakhmut».
La Russia si scopre dilaniata. Prigozhin è incontenibile, spiega che «volevano ucciderci» ed ora «saremo noi a marciare su Mosca per ristabilire la giustizia». Sembra un golpe, ma è l’inizio della fine per il «cuoco di Putin» divenuto miliardario ed eroe di guerra a forza di stragi. Appena cinque giorni dopo, con la marcia arrivata a 200 chilometri da Mosca e improvvisamente interrotta, Prigozhin è già al cospetto di Putin, l’uomo a cui deve tutto quel che possiede e che, eppure, ha tradito così platealmente. Il ribelle arriva dalla Bielorussia.
Il presidente-dittatore Lukashenko dice di averlo convinto a fermare l’ammutinamento «per non essere schiacciato come un insetto». Gli altri 34 capi militari della milizia privata Wagner percorrono strade diverse, ma sono tutti ricevuti al Cremlino da Vladimir Putin in persona. Di quel che si sono detti sappiamo poco.
Il portavoce presidenziale Dmitry Peskov ha riferito di tre ore di colloqui. Tre. I comandanti della Wagner «hanno sottolineato di essere soldati fedeli del capo dello Stato e del comandante supremo». Che poi vuol dire sempre la stessa persona: Putin. Neppure in quell’occasione Prigozhin accetta di abiurare o mostrarsi pentito. Riconosce l’autorità dello Zar, ma non quella dei suoi generali o del ministro della Difesa. Per mesi li ha apostrofati come «incompetenti», «privilegiati», «incapaci» davanti a tutto il Paese
Se aveva un’occasione per salvarsi, Prigozhin l’ha gettata quel giorno. Putin era stato chiaro dopo il quasi colpo di Stato: «È stato un tradimento, una coltellata alla schiena». Da fine giugno, comunque, l’imprenditore della violenza va sott’acqua, sparisce dai social. Si dice sia in esilio in Bielorussia, ma già il 6 luglio il presidente Lukashenko annuncia che «in questo momento è a San Pietroburgo oppure a Mosca o da qualche altra parte». Il mancato golpista sembra libero di muoversi proprio nel Paese che voleva destabilizzare. La stessa «marcia su Mosca» viene messa in dubbio.
(da agenzie)
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