PRIMO DETENUTO MORTO PER CORONAVIRUS IN CARCERE A BOLOGNA
LA DENUNCIA DEI SINDACATI: “IL CONTAGIO NELLE CARCERI POTREBBE ESSERE IN PIENO SVILUPPO”
È deceduto al Sant’Orsola di Bologna il primo detenuto per coronavirus. Si tratta di un ristretto del circuito ad alta sicurezza, della Dozza di Bologna, “ricoverato qualche giorno fa in stato di detenzione e poi ammesso agli arresti domiciliari a seguito del trasferimento in terapia intensiva. Era italiano, aveva 76 anni e pare fosse affetto da altre patologie”: a riferirlo, Gennarino De Fazio, per la UilPa, sindacato della polizia penitenziaria.
Nei confronti dei compagni di cella sono state adottate le misure previste dai protocolli di sicurezza predisposti dal Dap dal 22 febbraio scorso sulla base delle indicazioni del Ministero della Salute.
Il detenuto era un siciliano di 76 anni, arrestato nel dicembre 2018 per associazione di tipo mafioso su ordine del Gip di Termini Imerese (Palermo), ed era sottoposto a una misura cautelare in attesa di primo giudizio. Era arrivato nel carcere bolognese della Dozza ad agosto 2019.
E’ stato ricoverato in ospedale il 26 marzo per plurime patologie e aveva anche difficoltà respiratorie. Entrato in ospedale, dunque, non come paziente Covid-19, è stato comunque sottoposto a tampone, risultando positivo.
Nel frattempo, il 28, ha avuto, su decisione del giudice siciliano, gli arresti domiciliari in ospedale. “Era in cella con un altro detenuto, asintomatico, che è in isolamento in carcere, così come le altre persone che avevano avuto contatti con lui”, spiega all’Ansa Antonietta Fiorillo, presidente del tribunale di Sorveglianza di Bologna.
“Si è naturalmente costernati per la perdita di un’altra vita umana – prosegue De Fazio -, ma non vogliamo e non potremmo strumentalizzare l’accaduto. Il ministro Alfonso Bonafede e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria hanno tante colpe e responsabilità nell’assolutamente inadeguata gestione delle carceri, prima e durante l’emergenza sanitaria, che sarebbe inutile, inelegante e finirebbe col depotenziare le nostre continue denunce tentare di attribuirne loro delle ulteriori. Purtroppo, questo nemico invisibile sta facendo stragi ovunque e il carcere altro non è che una parte della società “.
“Certo – insiste De Fazio – , continuiamo a pensare che la gestione dell’emergenza sanitaria dovrebbe essere affrontata in maniera molto più efficace e organica da molti punti di vista, sia per la parte che afferisce all’utenza detenuta, sia sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro e delle misure a protezione degli operatori e, di rimando, per gli stessi reclusi”.
E ancora: “Nel Paese pare si stia registrando il picco, nei penitenziari potrebbe essere in piena fase di sviluppo e ascesa. Motivo, questo, che dovrebbe indurre ad adottare più efficaci e stringenti precauzioni e misure di prevenzione anche onde evitare che dal carcere possano svilupparsi i cosiddetti contagi di ritorno, che potrebbero far riprecipitare la situazione in tutto il Paese, quello che viene comunemente detto ‘libero’. Ormai per noi è diventato quasi un mantra, e ce ne scusiamo, ma in coscienza, per senso di responsabilità verso il nostro Paese, prima ancora che verso gli operatori che rappresentiamo, siamo costretti a ripetere l’appello – conclude il sindacalista – la Presidenza del Consiglio dei Ministri assuma pro-tempore, almeno sino al perdurare dell’emergenza sanitaria, la gestione diretta delle carceri. Indugiare ancora potrebbe determinare l’irreparabile”.
(da agenzie)
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