PURE LA TRENTA SCARICA SALVINI, AL PROCESSO OPEN ARMS, SI SMARCA DAL “CAPITONE”: “LE DECISIONI SULL’ASSEGNAZIONE DEL PORTO SICURO ERANO COMPETENZA DEL MINISTRO DELL’INTERNO”
“DOPO L’ANNULLAMENTO DEL PRIMO DIVIETO DI INGRESSO DELLA NAVE MI TRASMISE UN SECONDO DECRETO, MA IO RIFIUTAI DI FIRMARLO”… “IO DA MINISTRO DELL’INTERNO NON MI SAREI MAI COMPORTATA COSÌ. I DIRITTI UMANI VANNO RISPETTATI SEMPRE”
“Le decisioni sull’assegnazione del porto sicuro erano del ministro dell’Interno perché erano una sua competenza. Da ministro della Difesa e in relazione ai divieti di ingresso in acque italiane a me spettava solo verificare che non si trattasse di nave militare”: così l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta, sentita come teste al processo Open Arms, ha specificato il suo ruolo nella decisione di vietare l’ingresso in acque italiane alla nave della ong spagnola con a bordo i profughi soccorsi l’1 agosto 2019.
Il divieto fu disposto con decreto firmato dai ministri dell’Interno, delle Infrastrutture e della Difesa. Al processo è imputato di sequestro di persona l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di aver illegittimamente rifiutato per giorni l’approdo alla nave spagnola. “Doveva essere un atto per scoraggiare le ong dal decidere di arrivare in Italia”, ha spiegato. La ex ministra ha anche specificato che non era a conoscenza della presenza di terroristi tra i profughi soccorsi.
“Non è detto che io dovessi saperlo – ha aggiunto – Il problema comunque era il numero dei giorni durante i quali fu vietato lo sbarco” Il decreto con il divieto di ingresso della nave il 14 agosto fu poi sospeso dal Tar del Lazio.
“Dopo l’annullamento Salvini le trasmise un secondo decreto analogo da firmare? “, ha chiesto il pm alla teste. “Sì ma io io rifiutai di firmarlo – ha risposto – perché ritenni che valesse ancor di più la decisione del Tar visto che erano passati altri giorni e che comunque era una reiterazione di un provvedimento annullato senza sostanziali novità, anzi in presenza di una situazione peggiorata”.
“Io da ministro dell’Interno non mi sarei comportata così. Le nostre battaglie giuste non devono ricadere sui fragili e ci sono diritti umani che vanno rispettati, secondo me seppur in presenza di minacce di terrorismo. I migranti si potevano farle sbarcare e si potevano fare successivamente le verifiche relative alla presenza di eventuali terroristi a bordo della imbarcazione”.
“Io credevo comunque che non sarebbe stata una misura sufficiente per avere una maggiore collaborazione da parte della ong e arrivare al risultato di un controllo migliore dell’immigrazione”, ha aggiunto. Trenta, dopo l’annullamento da parte del Tar del divieto di ingresso della nave spagnola in acque italiane, si rifiutò di firmare un nuovo decreto di interdizione.
(da agenzie)
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