QUANDO GLI EMIGRANTI ERAVAMO NOI: I BOSCAIOLI MORTI IN CORSICA NEL 1927 TORNANO A CASA
MORIRONO 90 ANNI FA, SONO TORNATI A PIANDELAGOTTI DENTRO DODICI URNE BRONZEE
Sabato, a Piandelagotti di Frassinoro, a 1.500 metri, in provincia di Modena, è stata una giornata particolare, di quelle che non si dimenticano per generazioni.
I dodici boscaioli sono tornati al paese dopo oltre novant’anni: sono tornati dentro dodici urne bronzee di 70 centimetri per 30, sono tornati come chiedevano i vecchi del paese.
Sono rientrati al loro paese con la neve e il vento con cui se n’erano andati, nella notte tra il 7 e l’8 febbraio 1927, sepolti sotto due larici precipitati nella bufera.
Accadde in Corsica, a Palnèca, nella Foresta Verde, ma a differenza di altre tragedie dell’emigrazione italiana questa è rimasta sepolta per quasi un secolo sotto una coltre di oblio.
Il sindaco Elio Pierazzi, oltre a preoccuparsi della sua micro comunità di vivi, in questi anni ha combattuto una battaglia anche per quei morti remoti: che tornassero in patria. E il ristoratore del paese, Ferdinando Lunardi, che ricorda ancora le madri e le vedove vestite a lutto, parla di un evento storico voluto con tenacia per quasi un secolo.
La sepoltura
Sepoltura non sarà una bella parola, ma è la parola chiave. Sin dall’inizio del ‘900, i giovani montanari della Valle del Dolo e del Dragone, prima di Natale partivano per raggiungere come «segantini», ovvero boscaioli, l’Elba, la Sardegna e la Corsica.
Lo raccontò monsignor Adolfo Lunardi, il sacerdote di Frassinoro, in un opuscolo pubblicato subito dopo la tragedia: era un caposquadra esperto di foreste e di uomini a procurare il lavoro, prendeva contatto con le aziende, stabiliva i termini dei contratti. Salutati i parenti, i lavoratori partivano in fila indiana dal paese con i loro fagotti e gli strumenti del mestiere, la scure detta boschèra, le asce e le accette utili per la sramatura, la sega e il segone, la corda.
Partirono in 19
L’11 dicembre 1926 partono in 19: «Si vedono salire taciturni a capo chino l’erta appenninica del Passo delle Radici…». Dalla Garfagnana arrivano a Livorno, si imbarcano per Bastia, raggiungono Col de Vert, dove sono stati ingaggiati dalla ditta Tollinchi di Ajaccio per tagliare e segare larici e pini marittimi.
Lì, nella foresta, sei chilometri sopra il centro abitato, i boscaioli guidati da Lamberti Francesco costruiranno una baracca con le cuccette imbottite di erbe palustri e frasche, mangeranno polenta di frumentone o di castagne, e un poco di formaggio.
È freddo, il lavoro durissimo nel gelo e nella neve eccessiva convince uno dei segantini a tornare a casa: rimangono in 18 e l’attività di taglio è quasi conclusa a fine gennaio, quando il caposquadra scende a valle per chiedere il trasferimento in una zona meno pericolosa. Intanto, a Col de Vert, nella notte tra lunedì 7 e martedì 8 febbraio si scatena una tormenta e tra lampi e tuoni, verso le tre e mezza, due enormi larici cedono sotto la neve e si rovesciano sulla baracca. L’onda d’urto lancia una branda con sopra Stefani Giuseppe a 30 metri di distanza, salvandolo: richiamato dalle urla dei compagni, brancolando riesce a raggiungere la baracca sepolta. Il primo a essere tratto fuori dalla capanna è Vignaroli Domenico, il secondo è Fontana Giuseppe, ferito alle braccia e alle gambe, il terzo è Lamberti Giuseppe, grondante sangue dalla fronte e con una clavicola spezzata.
L’allarme dei sopravvissuti
I sopravvissuti cercano aiuto nelle case più vicine e dopo ore di cammino riescono a dare l’allarme. Quasi trecento uomini salgono, ma la baracca sembra sparita: viene ritrovato Trogi Rocco, di 22 anni, congelato ma vivo, per 56 ore ha pensato che i compagni fossero scappati, mentre erano tutti cadaveri a pochi metri da lui.
Erano in gran parte ragazzi, fratelli, cugini e cognati, tra i 16 e i 27 anni, gli altri ne avevano 36, 48 e 65: famiglie intere decimate, sette Lamberti e tre Fontana.
Domenica 13 a Cozzano si tennero i funerali alla presenza del prefetto di Ajaccio. Non c’erano nè il console di Ajaccio nè quello di Bastia, anticipando il silenzio tombale che doveva seppellire quella storia italiana poco onorevole per l’Italia fascista.
I corpi sarebbero rimasti in Corsica e i parenti, al paese, vennero a sapere della tragedia dal Corriere, che il 12 diede una prima notizia.
La battaglia per riportare in patria le salme si è conclusa sabato, con una cerimonia nella parrocchia della Natività di Maria Vergine, a Piandelagotti: il parroco don Luca Pazzaglia, il sindaco Pierazzi, il senatore Stefano Vaccari assessore della Provincia.
E i duecento abitanti della frazione, tra cui i pochi parenti lontani dei boscaioli ed emigranti morti 90 anni fa.
(da “il Corriere della Sera”)
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