QUANDO RENZI PROMETTEVA: “TOGLIERO’ LA RAI AI PARTITI, COSTI QUEL CHE COSTI”
“IL MIO PD NON METTERA’ BOCCA”. INFATTI SI E’ DIVISO LA TORTA
“La Rai non è dei sindacalisti nè dei candidati dei partiti”.
Spin doctor (del premier), giornalisti ed ex direttori della carta stampata, e anche sindacalisti.
Tre in quota Pd, uno in quota Ncd, due in quota Forza Italia, uno in quota M5S e Sel. È una spartizione vecchia maniera quella avvenuta per le elezione del consiglio di amministrazione della Rai.
Tant’è che il direttore del Tg La7 Enrico Mentana ha preso in giro il premier Renzi dalla sua bacheca facebook: “Ora si chiama rottizzazione” (rottamazione+lottizzazione).
E Massimiliano Cencelli, l’ex funzionario della Democrazia Cristiana che ha dato il nome al “manuale” molto in voga nei palazzi per stabilire la spartizione politica, ha dichiarato a InOnda: “Da vecchio democristiano devo dire che il premier mi ha molto deluso: Renzi applica il mio manuale sulla lottizzazione anche per la tv di Stato”.
I nomi dei nuovi consiglieri d’amministrazione Rai hanno già sollevato polemiche perchè con la promessa della rottamazione renziana hanno a che fare poco o nulla.
Su twitter in tanti rilanciano vecchi tweet del presidente del Consiglio che promettevano la fine dell’ingerenza dei partiti nella gestione della Rai. Il premier Renzi non ha lesinato negli ultimi mesi roboanti annunci sul rinnovo dell’azienda del servizio pubblico. Si possono mettere in fila.
“La Rai non è il posto dove i singoli partiti vanno e mettono i loro personaggi, ma è un pezzo dell’identità culturale ed educativa del Paese”, disse il premier a febbraio scorso.
Nell’e-news del 30 luglio 2014, illustrando alcune priorità del programma dei mille giorni, Renzi scrisse: “La Rai va tolta ai partiti per ridarla al Paese”.
In tanti ricorderanno poi l’intervista rilasciata dal premier a Giovanni Floris a Ballarò, il 13 maggio dell’anno scorso: “Io non ho mai incontrato – ha sostenuto il premier – nè il presidente della Rai, nè l’amministratore delegato. Voglio che sia di tutti e non dei partiti, perciò non metterò mai bocca su palinsesti, conduttori e direttori, ma anche la Rai deve fare la sua parte in questa operazione di redistribuzione”.
Durante l’assemblea Pd del 14 aprile dell’anno scorso, Renzi nelle vesti di segretario Pd disse che “i partiti in questi anni sulla Rai hanno ceduto spesso a un atteggiamento di pensare di poter avere un ruolo, poter giocare un piccolo potere. È un dato di fatto oggettivo”.
Ma il Pd deve proporsi “come strumento che tiene fuori l’interesse del singolo partito politico e porta dentro la Rai politica con la ‘P’ maiuscola. Una sfida alta, senza interessi di bottega”, fatta “superando il piccolo cabotaggio di quei politici che cercano di avere un servizio in più nel tg regionale delle 22”.
Ma l’annuncio più fragoroso, Renzi lo ha fatto il 16 maggio dello stesso anno, intervistato da Radio24: “Costi quel che costi io ho intenzione di togliere la Rai ai partiti. Se siamo rottamatori vuol dire che lo siamo non per finta. Io non ho mai parlato – sosteneva Renzi – con i vertici Rai e trovo folle che ora si pensi che la Rai sia nelle mani del Pd. La Rai non è nè dei sindacalisti nè dei candidati dei partiti che mettono bocca sui nomi anche delle ultime nomine”
Le frasi ad effetto non mancano nel repertorio di Renzi: “A quelli che vogliono fare carriera in Rai dico ‘state lontani da me perchè in questi termini non conto niente…”.
A Piazzapulita, il 19 maggio 2014, l’ennesimo annuncio: “Fuori i partiti dalla Rai, mai più nomine politiche. In passato i partiti hanno già messo troppo bocca sulla Rai. Io invece non metterò mai il mio partito nelle condizioni di prendere decisioni sulla Rai”.
(da “Huffingtonpost”)
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