QUEL BOSS DI CAMORRA DIFESO DAL SUO POPOLO
I GIORNI DEI BACI FINIRANNO NELLA TERRA DEI GUAPPI?
«N u latitante nun tene cchiù niente», un latitante non ha più nulla, recita una stucchevole canzone della peggiore sottocultura neomelodica.
Ma a Napoli, purtroppo, un latitante di camorra ha quasi sempre la sua gente attorno, il suo quartiere a difenderlo, ancora oggi.
La scena l’abbiamo vista tante volte, eppure ogni volta è un dolore nuovo, specie per chi nel Sud ha sangue e radici: i carabinieri arrestano un ricercato, e mamme e «guaglioni», vecchi e bambini anzichè applaudirli si mettono in mezzo, tentano di strappare il boss alle manette, inscenano rivolte popolari al grido di «chillo è o’ pate nuosto», il nostro padre.
È successo anche la notte tra sabato e domenica a Barra, periferia napoletana assediata da un degrado così storico da diventare tradizione.
Dopo due anni di caccia, i militari della compagnia di Torre Annunziata hanno acciuffato Luigi Cuccaro, padrino quarantaduenne, reggente col fratello Michele dei rioni Barra e Ponticelli (già , come fosse una carica amministrativa…).
La procura antimafia lo accusa di omicidio, narcotraffico e associazione mafiosa.
Il suo popolo doveva considerarlo invece una specie di Primula Rossa se, quando la sua famiglia ha dato l’allarme al momento dell’irruzione dei carabinieri, in sessanta almeno si sono radunati davanti al portone, strillando, spingendo, invocando la liberazione di «Gigino» loro
Lui, in favore di telecamere, con grande senso della scena, li ha ricompensati mandando baci.
Come un attore sul red carpet o un principe dal balcone reale.
Noi, ogni volta, restiamo a domandarci, con Gesualdo Bufalino, quanti eserciti di maestri elementari occorreranno per sradicare questa malapianta dal Sud, per battere prima ancora della mafia e della camorra l’idea malintesa che mafia e camorra siano il welfare dei meridionali.
Poi ci vengono in mente Giancarlo Siani e don Peppino Diana.
E pensiamo che in fondo la strada sia meno impervia di come appare.
Che i giorni dei baci finiranno pure nella terra dei guappi.
Goffredo Buccini
(da “il Corriere della Sera”)
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