QUEL CORTO CIRCUITO DELLA DESTRA BRACARDI
PESI E CONTRAPPESI PER LA RIDICOLA DESTRA LEGGE E ORDINE
Pesi e contrappesi per la destra legge e ordine. L’abolizione del reato di abuso d’ufficio è un po’un peso per l’elettorato tendenza Giorgio Bracardi – «in galera! ! !» – e allora arriva il contrappeso del decreto carceri che conferma la linea dura pure contro le donne incinte e i bambini sotto i tre anni. E tuttavia comincia a diventare evidente il corto circuito tra i due mondi che compongono la cultura giudiziaria del governo, associato a una certa ansia da prestazione.
Il pasticcio del pressing sul Quirinale per la controfirma della riforma dell’abuso – con il post polemico di Enrico Costa rilanciato dal ministro Guido Crosetto – e l’annuncio del Guardasigilli Carlo Nordio di una richiesta di incontro al Colle sul tema del sovraffollamento carcerario, rivelano insicurezze e paure inaspettate. Cosa ha da temere una maggioranza così solida e dichiaratamente compatta? Cosa vuole da Sergio Mattarella? Mistero.
Sta di fatto che il capitolo «giustizia e annessi» appare all’improvviso come il più problematico nel dibattito interno della coalizione. Se l’Autonomia differenziata e persino il premierato sono scivolati abbastanza lisci attraverso il calendario parlamentare, col minimo sindacale di incidenti d’aula, qui si cammina sulle uova. Da un lato il Team Manette guidato dalla Lega e FdI ha prodotto una valanga di nuovi reati, almeno quindici, dall’invasione di terreni alla resistenza passiva agli ordini.
Dall’altro il Team Garantista deve portare avanti il programma concordato con Forza Italia fin dalla formazione dell’esecutivo, di cui il ministro Nordio si fece campione incontrando a lungo Silvio Berlusconi prima della nomina. Sono imprinting che non stanno insieme, anche perché la giustizia non è un campo teorico come altri accidenti del momento – la siccità o i bilanci, dove ognuno può coltivare la sua versione – ma un luogo di carne, sangue, scandali che ogni giorno si squaderna davanti alla pubblica opinione con l’escalation dei suicidi carcerari, le rivolte, gli arresti eccellenti che determinano ribaltoni politici.
Gli appelli al Colle perché acceleri la controfirma sull’abuso d’ufficio (una legge che in tutta evidenza richiede approfondimenti) o perché si confronti sull’emergenza carceri (su cui la maggioranza ha appena legiferato senza introdurre alcuna novità vera) si spiegano soltanto con un surplus di nervosismo e con l’idea di assegnare a istanze superiori responsabilità che la politica dovrebbe assumersi in prima persona.
Quegli interventi (e pure quei mancati interventi) sono scelte della maggioranza, i limiti costituzionali dell’iniziativa del capo dello Stato sono noti ed è bizzarro vedere la destra chiamarli in causa a casaccio, senza una linea di condotta precisa.
Si sollecita l’intervento di Mattarella quando Fanpage fa un’inchiesta sotto copertura tra i giovani di Fdi. Si chiedono le dimissioni di Mattarella quando, parlando al corpo diplomatico, cita il concetto di sovranità europea. Mattarella va bene quando aiuta a ricucire i rapporti con la Francia. Mattarella non va bene quando mette in guardia dai pericoli di un «assolutismo della maggioranza».
Insomma, lo si vuole arbitro ma anche giocatore, e ovviamente controfirmatore di leggi in velocità ma anche ultima istanza per poter dire, dopo una legge inutile allo scopo come quella sulle carceri: arriverà ben altro, ne abbiamo parlato col Presidente. E dunque, due le possibilità. L’inquietudine di queste giornate è il preludio della grande partita parlamentare d’autunno sulla separazione delle carriere e sullo sdoppiamento Csm: i due team contrapposti della maggioranza saggiano il terreno cercando linee di comportamento per evitare di finire a stracci, e le chiamate in causa del Quirinale fanno parte di questo gioco. Oppure non c’è nessun gioco. Nei rapporti col Colle, come in tante altre cose complicate, i singoli esponenti della maggioranza vanno avanti alla giornata, cercando più che altro il vento dei social e della comunicazione, e quindi anche il rapporto con il capo dello Stato veleggia qua e là a seconda dei momenti (e forse è questa l’ipotesi più probabile).
(da lastampa.it)
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