“QUESTO PAESE NON PUO’ ESSERE GOVERNATO DA COMICI E FROCI”
LE DUE LETTERE ANONIME GIUNTE IN PROCURA A PALERMO IN CUI SI PREANNUNCIA UN ATTENTATO AL PM DI MATTEO
Due lettere uguali, scritte al computer con un linguaggio rozzo ma senza errori eclatanti, da un anonimo che si qualifica come “uomo d’onore della famiglia trapanese”.
L’eliminazione di Nino Di Matteo, scrive, è stata decisa “in alternativa a quella di Massimo Ciancimino”, ed “è stata chiesta dagli amici romani di Matteo (Messina Denaro, ndr), perchè questo paese non può finire governato da comici e froci”.
E ancora: “Matteo ha dato l’assenso” e poi “ha coinvolto altri uomini d’onore, anche detenuti”.
Non sono le parole di un esaltato, ma di un attento conoscitore degli spostamenti del pm più esposto d’Italia, fin nei minimi dettagli.
Racconta che il “botto” sarebbe dovuto scattare a maggio, con le armi e l’esplosivo già nascosti in alcuni depositi a Palermo.
E ora che è scattata la decodifica, per gli analisti antimafia ci sono pochi dubbi: la lettera rivela particolari difficilmente conoscibili da uno che non abbia eseguito appostamenti sui movimenti di Di Matteo e sui punti deboli della sorveglianza.
Per questo, e per il particolare momento politico-istituzionale in cui arriva, è stata presa immediatamente sul serio: “Il clima complessivo è tale da destare la massima attenzione — osserva il procuratore di Palermo Francesco Messineo — perchè ci sono numerose analogie tra la situazione attuale e il ’92: abbiamo lo stallo istituzionale, una fase di confusione politica e un’imminente elezione del capo dello Stato. Questo è il motivo per cui abbiamo chiesto l’adozione di nuove misure di sicurezza, scattate immediatamente, con una apprezzabile sensibilità istituzionale”.
Anche il procuratore nisseno Sergio Lari, titolare delle indagini sul progetto di attentato a Di Matteo, è convinto che “stiamo vivendo un momento storico simile al ’92” e che “c’è una situazione di instabilità politica proprio come accadde vent’anni fa, quando purtroppo gli esposti anonimi vennero sottovalutati… Ma questa volta non verranno commessi errori”.
L’allarme in Procura è scattato il 26 marzo: la prima missiva è arrivata a Messineo che l’ha aperta; la seconda all’aggiunto Vittorio Teresi.
Quest’ultimo, intuendo che si trattava di una copia, ha passato la lettera ancora chiusa al Ris dei carabinieri, che non hanno trovato impronte nè sulle busta nè sulla carta. Entrambi i documenti sono stati subito inviati ai pm di Caltanissetta, che venerdì hanno ascoltato Di Matteo.
Nella lettera si fa riferimento a un altro magistrato in pericolo.
Scrive l’anonimo: “Ho sentito dire che stanno studiando anche i movimenti di un magistrato di Caltanissetta, uno che quando torna a Palermo passa sempre da via… (e indica la via, ndr)”, ed è l’unico aspetto dell’indagine rimasto alla Procura di Palermo.
Gli investigatori ora si interrogano sul riferimento a possibili scenari istituzionali contenuti nel messaggio, che appare come l’opera di una sofisticata intelligenza criminale.
Il procuratore Messineo sottolinea che l’anonimo è ricco di “elementi di concretezza”, e proprio per questo il rischio dell’avvio di una nuova strategia della tensione, per gli investigatori, è serio.
Se in fasi di stallo istituzionale, come quella attuale, Cosa Nostra agisce come service su mandato della politica, la finalità colta dagli analisti è quella di “destabilizzare per stabilizzare”, per evitare che vadano al potere outsider, partiti e persone non controllabili.
E negli ambienti giudiziari è automatico il collegamento a vicende mai chiarite del ’92, quando nei mesi precedenti alle stragi, la nuova stagione di sangue venne preannunciata da una serie di veline e di messaggi incrociati che raggiunsero in forma più o meno anonima le istituzioni.
Dalle telefonate della Falange Armata, alle veline dell’agenzia di stampa “Repubblica”, riconducibile a Vittorio Sbardella, che pubblicò un pezzo con l’annuncio di un “botto” alla vigilia dell’attentato di Capaci, alla lettera di Elio Ciolini che segnalò in anticipo l’eliminazione di Salvo Lima e indicò con micidiale precisione il calendario delle stragi.
Quello era il contesto nel quale il ministro dell’Interno Vincenzo Scotti aveva lanciato in Parlamento l’allarme inascoltato sui rischi di una deriva eversiva.
Oggi a lanciare un appello per non sottovalutare il pericolo di nuove stragi è la presidente della commissione Antimafia europea Sonia Alfano, che si rivolge direttamente al capo dello Stato.
“Napolitano — dice — prenda l’aereo personale e si precipiti a Palermo per fare da scudo a Di Matteo”.
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
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