RENZI E LA SORPRESA DEI QUATTRO FORNI
SONO RADDOPPIATE LE POSSIBILITA’ DI CONVERGENZE PER IL PREMIER
Matteo Renzi, fino a prima delle elezioni, veniva accreditato (e criticato) per l’uso disinvolto di due forni politici, come ai tempi di Andreotti e delle sue alleanze a corrente alternata con socialisti e comunisti.
Ma dopo la stra-vittoria di domenica, i forni, a sorpresa, sono diventati quattro, e quello che sta succedendo al loro interno si può considerare la prima e più visibile conseguenza del voto del 25 maggio.
Il primo forno era e rimane quello di Alfano e del Nuovo centrodestra. Ncd è l’unico alleato di governo sopravvissuto al grande tornado delle europee.
Grazie all’alleanza dell’ultimora con Cesa e l’Udc, ha superato la soglia del 4 per cento, mentre gli altri componenti della maggioranza, a cominciare da Scelta civica, si sono liquefatti.
Ma adesso, all’interno del partito del ministro dell’Interno, s’è aperto un dibattito: dobbiamo insistere a rappresentare un’alternativa a Forza Italia, anche se gli elettori al momento non ci hanno premiato, o scegliere di diventare la costola di destra del centrosinistra?
L’iniziativa l’ha presa il senatore Naccarato, un democristiano amico di Cossiga, cresciuto alla scuola di Gava, che sostiene che dalle urne è venuta una forte spinta a serrare al centro.
Per Alfano, che punta appena possibile a sostituire Berlusconi, è una prospettiva inaccettabile. Ma pare che all’interno del Ncd i ministri Lupi e Lorenzin non la pensino allo stesso modo.
Il secondo forno resta quello di Berlusconi. È il più largo e Renzi da sempre lo considera il più affidabile, complice l’amicizia fiorentina con Verdini, e a dispetto delle inevitabili polemiche che i due leader si sono dovuti scambiare in campagna elettorale.
Non appena incassata la sconfitta, il Cavaliere in persona ha ribadito la sua offerta di collaborazione l presidente del Consiglio, ricordandogli che senza i voti di Forza Italia le riforme in Parlamento non passeranno.
Il modesto 16,8 per cento racimolato nelle urne ha lasciato dentro Forza Italia molti scontenti (oltre che trombati sul campo) e ha aperto una discussione che come altre volte rischia di degenerare.
Ma siccome è stato Silvio a rivolgersi direttamente a Matteo, almeno su questo punto nessuno ha fiatato.
Il forno, così, è rimasto aperto, malgrado gli effetti letali dell’«abbraccio mortale» (come lo chiamarono Toti e Gelmini) con il leader del Pd.
Con il terzo forno, definibile il «forno Tsipras», cominciano le novità .
La lista intitolata al vincitore delle elezioni greche contiene diverse anime, ma due sono le principali: il gruppo di intellettuali europeisti schieratisi contro la Merkel e il suo «Fiscal Kompact», tra cui i primi eletti Barbara Spinelli e Moni Ovadia, e un gruppetto di Sel, che da sola non ce l’avrebbe mai fatta a superare lo sbarramento, ed è salita sul taxi Tsipras per avere una rappresentanza a Strasburgo.
A spingere per questa soluzione, festeggiata l’altra sera in tv da Vendola, è stato il capogruppo alla Camera Migliore, fautore da sempre di un riavvicinamento della sinistra radicale a Renzi e al governo.
Ed è lui adesso, in vista del semestre italiano di presidenza europea, a premere perchè la Tsipras italiana dialoghi con il presidente del Consiglio e lo stimoli a sfruttare un’occasione così importante per mutare l’indirizzo della politica economica a Bruxelles.
Un approccio così alto, che da Palazzo Chigi, va detto, non ha ricevuto alcun segno di assenso, e dentro Sel non da tutti è condiviso, non escluderebbe poi intese diverse anche nel Parlamento nazionale e in vista delle scadenze impegnative dei prossimi mesi.
Il quarto forno è il più clandestino e, viste le espulsioni fioccate nei mesi scorsi contro tutti quelli che hanno dissentito dalla linea ufficiale, all’interno del Movimento 5 Stelle nessuno è disposto a intestarselo dichiaratamente.
Ma i rumors che vengono dai parlamentari, a cui è stato impedito di commentare in qualsiasi modo il flop di tre giorni fa, dicono che non tutti sono convinti che Grillo possa cavarsela con una pillola di Maalox e quelle battute sul popolo dei pensionati con cui ha spiegato la sconfitta sul suo blog.
La questione che s’è riaperta, e di cui si discute già sulla rete e sui giornali più vicini al movimento, è se non sia stato un errore trattare Renzi esattamente come erano stati trattati Bersani e Letta, se invece per il futuro non sia meglio distinguere tra le riforme da rigettare totalmente e quelle da emendare, riconoscendone implicitamente il valore, e se infine non si debba valutare un comportamento parlamentare che potrebbe essere modulato, invece che ridotto quasi esclusivamente all’ostruzionismo e a spettacolari manifestazioni di protesta.
A spingere in questo senso sono anche i senatori exM5s espulsi e riuniti nel gruppo parlamentare di «Democrazia attiva», che potrebbe presto ingrossare le sue file, e caratterizzarsi, su certi temi con aperture al governo.
Diventando, appunto, il quarto forno di Renzi.
Marcello Sorgi
(da “La Stampa”)
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