RENZI: “NIENTE NUOVE TASSE”, MA NON E’ VERO
STIME DI CRESCITA OTTIMISTICHE E SACRIFICI SCARICATI SUGLI ENTI LOCALI, PENSANDO ALLE ELEZIONI
Pollice alzato e sorriso: “Non ci sono tagli e non c’è aumento delle tasse”.
Il premier Matteo Renzi presenta il Def, Documento di economia e finanza che indica il quadro di finanza pubblica sulla cui base viene impostata la legge di Stabilità : è l’inizio del “semestre europeo”, come si chiama in gergo il lungo negoziato con la Commissione europea per definire il bilancio del prossimo anno.
L’annuncio a uso interno più forte è questo: “Le clausole di salvaguardia le abbiamo totalmente eliminate”, messaggio rassicurante per gli italiani che temevano di dover pagare fino a 60 miliardi in tre anni tra aumenti dell’Iva e delle accise sulla benzina se il governo non avesse rispettato gli impegni di riforme e riduzione della spesa.
Una ventata di ottimismo che, secondo i critici, serve soltanto a guadagnare un anno e rimandare tutti i problemi al 2016.
Si crea così una finestra di tregua — grazie soprattutto alle politiche di Mario Draghi che continueranno almeno fino a settembre 2016 — che permette a Renzi di ipotizzare le elezioni da qui a un anno.
Vediamo i numeri.
La crescita del Pil è stimata a un realistico +0,7 per cento nel 2015, per salire all’1,4 nel 2016 (la Commissione Ue ha stimato 1,3, ma finora le previsioni a un anno si sono sempre rivelate esagerate).
Il pareggio di bilancio strutturale, quello che tiene conto degli effetti della recessione, rimane fissato al 2017, che è come dire che Renzi si prende un margine di flessibilità dalle regole europee per il 2016 che vale circa 6 miliardi di euro.
Dopo il picco del 2015 al 132,9 per cento, il rapporto tra debito pubblico e Pil scende al 130,9 nel 2016 e poi continua a calare.
Previsioni, impegni, non decisioni operative.
Le clausole di salvaguardia, che valgono 12,8 miliardi nel solo 2016, non possono essere abolite dal Def.
Servono leggi, decreti attuativi, provvedimenti degli enti locali e così via.
Infatti nel comunicato di Palazzo Chigi si legge semplicemente che “per il 2016 il governo si impegna a cancellare l’aumento delle tasse contemplato dalle clausole di salvaguardia, per un valore corrispondente a 1 punto di Pil. Questo intervento viene effettuato grazie ai risparmi della revisione della spesa e al beneficio che si registra grazie alla crescita maggiore e alla spesa per interessi sul debito inferiore rispetto alle previsioni precedenti”. Un impegno.
I risparmi sugli interessi dipendono dal contesto macroeconomico e soprattutto dalla bonaccia che regna sui mercati grazie alle mosse di Draghi.
Quanto ai risparmi da spending review, è tutto ancora da fare: i nuovi commissari Yoram Gutgeld e Roberto Perotti sono al lavoro.
Gutgeld si occupa di rivedere le agevolazioni fiscali, di maggiore trasparenza nella Pubblica amministrazione, di interventi sulla sanità : l’idea del governo è di contestare gli sprechi nel dettaglio, anche nelle singole Asl.
Se poi la Regione che ha la competenza non rimedia, partono i tagli lineari.
Perotti ha preso in mano i dossier del predecessore, Carlo Cottarelli, e lavora sui costi della politica e anche sulle grandi opere: l’idea è di costringere appaltatori e costruttori (a cominciare dalle Ferrovie dello Stato) a pubblicare le analisi costi-benefici su cui si fondano i progetti, così da scremare le opere più inutili.
E, se necessario, anche rivedere i tracciati. A maggio poi arriverà la proposta del nuovo presidente dell’Inps su come risparmiare su pensioni e assistenza, rivedendo gli assegni di accompagnamento e la parte delle pensioni non coperta dai contributi versati.
Iniziative ambiziose, con tempi lunghi ed esiti incerti. Ma per Renzi bastano e avanzano per poter mettere a bilancio che i risparmi ci saranno.
Ci sarà poi tempo per riscontrare eventuali buchi, anche se è ancora incerto se la Ragioneria generale dello Stato autorizzerà la sospensione delle clausole di salvaguardia soltanto per il 2016 o anche per i due anni successivi. La Commissione europea sarà ancora più diffidente.
La prima opposizione al Def arriva dai sindaci.
“Dal 2010 al 2015 i Comuni hanno contribuito al risanamento dei conti dello Stato per oltre 17 miliardi di euro.
“Non siamo più in grado di continuare a ridurre le nostre risorse”, dice il renziano Piero Fassino, sindaco di Torino.
Gli enti locali sanno che una parte della revisione della spesa li colpirà , proprio mentre ci sono ancora in sospeso contenziosi pregressi come il versamento di 625 milioni che derivano dall’abolizione dell’Imu.
Renzi incontrerà i sindaci venerdì. Tanto fare promesse non costa nulla, finchè non ci sarà il testo della legge di Stabilità in autunno.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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