RESA DEI CONTI AL CONSIGLIO FEDERALE DELLA LEGA: CALDEROLI RISCHIA IL ROGO, MA BOSSI LO SALVERA’ DA MARONI
DA UNA VITA IL SENATUR GOVERNA LA LEGA CON IL “DIVIDE ET IMPERA”, CIRCONDANDOSI DI CORTIGIANI DI POCO VALORE…IL CASO BRANCHER HA SEGNATO UNA SVOLTA: ORMAI LE CORRENTI TRAMANO PER LA SUA SUCCESSIONE…SI LITIGA TRA COMPONENTI ETNICHE: SOLO BOSSI GARANTISCE GLI EQUILIBRI INTERNI
Quanto sta accadendo nelle file leghiste presenta due caratteristiche: per la prima volta la gestione del caso Brancher ha mostrato non solo una base leghista disorientata, di fronte alla nomina del discusso personaggio sotto processo, ma anche la prima trama contro il “capo indiscusso” che non era stato informato da Calderoli di quanto concordato con Tremonti e il premier.
La reazione furibonda di Bossi ha confermato la profonda irritazione nell’essere stato “scavalcato” dal ministro della Semplificazione: a Pontida ha voluto subito precisare che “l’unico ministro al federalismo” è lui, tacitando una base fedele, ma non così sciocca da non capire che in via Bellerio si sono aperti i giochi per la successione.
Bossi paga il fatto di aver cercato sempre di gestire il partito attraverso il romano “divide et impera”, alternando carezze e schiaffoni, facendo salire oggi sull’altare e domani precipitare nella polvere.
Umberto ha avuto sempre pochi amici veri, quelli che apparivano di meno e che stavano dietro le quinte.
Dei colonnelli che amano contendersi il palcoscenico è sempre stato diffidente, li usa, ma non li ama.
Li manda talvolta avanti, magari per sostenere tesi assurde, salvo poi smentirli e riconquistare lui il proscenio: un giorno sopra le righe, un altro equilibratore. Questo gioco va avanti da anni e gli altri si sono sempre adeguati, ma le correnti interne, le amicizie, i fili tagliati e ricuciti, le alleanze ormai non si contano.
Calderoli ha il coordinamento delle segreterie regionali e gioca sull’asse privlegiato Brancher- Tremonti, lavora 365 giorni l’anno, ha in mano la riforma federalista, conosce i regolamenti parlamentari a memoria, è presente in Tv, giornali, media in modo pressante, si è creato una rete di alleanze pesanti in tutte le regioni del Nord.
In quel consiglio dei ministri in cui Letta, per conto del premeir, aveva annunciato la nomina di Brancher a ministro, lasciando allibiti tutti, guarda caso c’era un assente di riguardo, il ministro Maroni, ufficialmente per un impegno.
Avversario di Calderoli da sempre e aspirante successore del senatur anche lui, forse aveva saputo della novità a cose fatte e ha preferito non esserci.
Ad accusare Calderoli di fuga in avanti e di cattiva gestione del caso Brancher, domani, al Consiglio federale in via Bellerio, ci sarà lui o interposta persona. Mentre si levano diverse voci critiche interne e qualcuno denuncia apertamente che è venuto meno il coordinamento.
In pratica ognuno dice e fa quello che gli pare.
L’asse varesino Bossi, Maroni, Giorgetti, Speroni si ricompatta, mentre le “correnti etniche” si organizzano (veronesi con Tosi, trevigiani con Zaia).
Nel consiglio federale di domani vi sono nove punti all’ordine del giorno, ma vi saranno soprattutto da chiarire quelli non indicati.
Chi punta a un ridimensionamento di Calderoli resterà deluso: il bergamasco è troppo strategico per Bossi in questa fase, tutto finirà in un richiamo all’unità interna e a qualche accusa ai poteri massonici che complottano contro la Lega. Se Cota però dovesse saltare a Torino, in seguito ai ricorsi sulle regionali, si riaprirebbero i giochi che Bossi ha tamponato con la nomina del varesino Marco Reguzzoni come capogruppo alla Camera.
La classe dirigente leghista assomiglia sempre più alle auto nelle prove di un Gran Premio.
Scaldano i motori e cercano di guadagnarsi la pole position in attesa del semaforo verde della partenza.
Quello che Bossi vorrebbe procrastinare il più in là possibile, per ovvie ragioni.
Ma il suo bastone del comando ha cominciato a incrinarsi.
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