ROGHI E STATUA VANDALIZZATA, GLI AGRICOLTORI SONO COSI’ “CIVILI” CHE METTONO A FERRO E FUOCO BRUXELLES
OGNI GIORNO I GOVERNI DEVONO AFFRONTARE LA LOBBY DI TURNO CHE PENSA SOLO AI CAZZI PROPRI
«Dobbiamo ascoltare di più. Ci sono settori che non abbiamo ascoltato abbastanza». Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, adesso tende orecchio e mano agli agricoltori. Ma è tardi.
Gli operatori del settore mettono a fuoco e fuoco Bruxelles, soprattutto il piazzale di fronte la sede di cui Metsola è presidente. Place Luxembourg, su cui si affaccia il Parlamento europeo, è dapprima teatro di un presidio motorizzato, con circa un migliaio di trattori parcheggiati sull’intero slargo e lungo la strada che vi confluisce.
Poi la situazione sale di tensione. Vengono dati alle fiamme cumuli di materiale di scarto, tra cui copertoni. Si sprigionano nubi di fumo nero che richiamano i vigili del fuoco e agenti di polizia in più a quelli schierati. Ma gli agricoltori non si fermano qui.
Viene vandalizzata la statua che campeggia al centro della piazza. Un monumento eretto nel 1872 in onore e in memoria di John Cockerill, industriale belga-britannico e pioniere dell’industria siderurgica e delle ferrovie in Belgio nel XIX secolo. Un’opera composita, con Cockerill in cima all’alto piedistallo e altre quattro figure nella parte ornamentale inferiore. E’ quest’ultima a essere oggetto della rabbia dei presenti per un settore schiacciato dall’aumento dei prezzi, accordi commerciali con Paesi terzi che mettono a dura prova soprattutto i piccoli. Quattro le figure scolpite alla base del piedistallo eretto per il padre del trasporto su rotaia belga: il meccanico Beaufort, il fabbro Lognoul, il minatore di carbone Jacquemin, l’acciaista Lejeune. E’ il primo di questi quattro personaggi a essere staccato dal monumento, sulla cui sommità viene issato un cartello che recita «diciamo no al dispotismo». Uno slogan rivolto all’Unione europea e alla sue regole, considerate come penalizzanti.
Una parte degli agricoltori sostiene che il Green Deal schiaccia allevatori e imprese, per costi di conversione sostenibile troppo onerosi. L’Italia contesta l’obbligo di lasciare incolti i campi in ragione del ripristino della natura. Ma non solo. «Chiediamo che sull’import ci sia un netto stop all’ingresso di prodotti da fuori dei confini Ue che non rispettano i nostri stessi standard», perché «non possiamo più sopportare questa concorrenza sleale», tuona Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, presente a place Luxembourg.
Gli agricoltori mantengono la promessa di far sentire ragioni e voce nel giorno in cui i capi di Stato e di governo dell’UE si riuniscono proprio a Bruxelles, non distanti dalla piazza scenario della calda protesta del settore. Tra i leader c’è chi inizia a farsi carico della situazione. «Dobbiamo discutere della questione dell’agricoltura», riconosce Alexander De Croo, primo ministro del Belgio che vede la capitale del suo Paese presa d’assalto dal popolo dei trattori. «La transizione climatica è fondamentale per la nostra società e dobbiamo fare in modo che gli agricoltori siano nostri partner». Anche le prime ministri di Estonia e Lettonia, Kaja Kallas ed Evika Silina, riconoscono che ci sono «tanti problemi da affrontare, incluso quello della protesta degli agricoltori». In una Bruxelles blindata la protesta fa più clamore del vertice del Consiglio europeo, che pure trova l’accordo sulla riforma del bilancio comune permettendo il via libera all’assistenza finanziaria da 50 miliardi di euro per l’Ucraina.
«La violenza non è mai giustificata, per nessuna ragione al mondo. Le manifestazioni democratiche e pacifiche della grandissima parte degli agricoltori vanno rispettate. Quando c’è violenza invece c’è un problema. Non ci sono giustificazioni alla violenza», ha poi commdentato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida
(da agenzie)
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