ROGO DI PRIMAVALLE: LA VERGOGNA DI TRE ASSASSINI LIBERI, IMPUNITI E PREMIATI
STORIA DI UNA GIUSTIZIA NEGATA: TRE EX MILITANTI DI POTERE OPERAIO, NONOSTANTE UNA CONDANNA A 18 ANNI PER LA MORTE DEI FRATELLI MATTEI, SONO LIBERI E NON HANNO SCONTATO NEANCHE UNA PARTE DELLA PENA…QUANDO MORAVIA E ALTRI INTELLETTUALI DI SINISTRA FESTEGGIARONO LA LORO ASSOLUZIONE IN PRIMO GRADO, DOPO UNA CAMPAGNA MEDIATICA CHE VOLEVA AVVALORARE LA TESI DI UNA FAIDA INTERNA AL MSI…LA BEFFA: “REATO PRESCRITTO PER MANCATA ESECUZIONE DELLA CONDANNA”
Tre ex militanti di Potere operaio liberi e impuniti nonostante una condanna a 18 anni di carcere per la morte dei fratelli Virgilio (22 anni) e Stefano Mattei (10), figli del segretario missino Mario Mattei: il processo per il rogo di Primavalle (Roma, 16 aprile 1973), che oggi torna a galla con l’interrogatorio di Achille Lollo, è una storia di giustizia negata.
Lollo ha scontato due anni carcerazione preventiva (18 aprile 1973- 5 giugno 1975), poi è scappato.
Manlio Grillo e Marino Clavo nemmeno un giorno: quando arrivò la sentenza definitiva — il 13 ottobre 1987 — quattordici anni dopo i fatti (quattordici!) gli anni Settanta erano archeologia e i tre colpevoli s’erano ricostruite altre vite: Lollo editore in Brasile, Grillo in Nicaragua, dove ha insegnato ai figli del comandante Daniel Ortega, di Clavo si sono smarrite le tracce: forse vive in Spagna.
Il magistrato che aveva capito tutto dall’inizio — il giudice istruttore Francesco Amato: al processo di primo grado chiese l’ergastolo — venne denigrato da una campagna di stampa feroce a cui non furono estranei molti intellettuali.
Alberto Moravia, Dario Bellezza, Ruggero Guarini festeggiarono l’assoluzione di Lollo, (per insufficienza di prove, estate 1975), nella villa dei suoi genitori a Fregene.
Una campagna mediatica tutta giocata sulla pista interna alla sezione del Msi, quando i vertici di Potere operaio sapevano benissimo chi erano gli autori, come ricorda Valerio Morucci in una sinistra pagina di Ritratto di un terrorista da giovane (Edizioni Piemme): il futuro brigatista rintracciò Marino Clavo sulle colline di Firenze e gli fece sputare “tutta la storia” minacciandolo con la Walther PPK.
E Lanfranco Pace, oggi firma del Foglio, in una drammatica testimonianza ad Aldo Grandi in La generazione degli anni perduti (Einaudi): “Fummo costretti ad assumerne la difesa nonostante la loro colpevolezza e così montammo una controinchiesta che ebbe l’effetto di farli assolvere in primo grado. Non c’erano alternative. Se fossimo stati dei veri rivoluzionari avremmo dovuto ucciderli e farli ritrovare magari su qualche spiaggia deserta”.
Articoli di giornale (in prima fila Il Messaggero), pamphlet, ma anche assedi al tribunale: è durante uno di questi scontri, il giorno della quarta udienza — il 28 febbraio 1975 — che muore lo studente di destra greco Mikis Mantakas.
Uno dei due colpevoli, Alvaro Lojacono, venne condannato a 16 anni di carcere: mai scontati.
È in Svizzera.
Dopo l’assoluzione i Mattei vivono anni amarissimi, di solitudine politica e personale.
La vicenda processuale è ben ricostruita in Anni di piombo (Sperling&Kupfer) da Adalberto Baldoni e Sandro Provvisionato.
Il processo d’appello inizia nel 1981 e la Corte annulla la sentenza di primo grado ritenendo che uno dei giudici popolari di primo grado non fosse idoneo a svolgere le sue funzioni in quanto affetto da sindrome depressiva.
La difesa ricorre in Cassazione, vince, è ordinato un nuovo processo d’appello, che ha inizio il 1 dicembre 1986: a oltre tredici anni dai fatti.
Verdetto: tutti colpevoli. La Suprema Corte l’anno dopo conferma: 18 anni di carcere ciascuno (di cui tre condonati) per incendio doloso, duplice omicidio colposo, uso di materiale incendiario.
Ma Clavo, Grillo e Lollo sono latitanti.
La beffa suprema 18 anni dopo: la Corte d’assise di Roma il 28 gennaio 2005 — su richiesta dell’avvocato di Clavo — emette una sentenza che chiude per sempre il caso: il reato è prescritto per mancata esecuzione delle condanne. Com’è possibile?
Lo prevede l’articolo 172 del codice penale: “La pena della reclusione si estingue con il decorso del tempo pari al doppio della pena inflitta”.
E siccome i 18 anni sono la somma di singole condanne, la cui più alta sono gli otto anni per l’incendio doloso, l’intera vicenda si è estinta sedici anni dopo il verdetto della Cassazione, il 12 ottobre 2003.
Liberi, impuniti e pure premiati, perchè la giustizia italiana non seppe fare in tempo.
Per la famiglia Mattei davvero La notte brucia ancora, per parafrasare il titolo del bel libro scritto da Giampaolo Mattei con Giommaria Monti (Sperling&Kupfer).
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