ROMA, DAI PERMESSI EDILIZI ALLE MULTE CANCELLATE: LA LEGGE DELLA TANGENTE
TRA MAFIA CAPITALE E SCANDALI, UNA CITTA’ IN OSTAGGIO. “LA MAZZETTA ORMAI E’ DIVENTATA UN SALARIO ACCESSORIO”
Capitale corrotta, nazione infetta.
Sessant’anni dopo, siamo ancora lì: all’inchiesta dell’ Espresso sul sacco di Roma, le complicità della politica e la compiacenza di «funzionari comunali, tecnici, membri delle commissioni che ricevono stipendi assai bassi».
Oggi come allora: un esercito di piccoli traffichini pronti a vendersi per un piatto di lenticchie.
«Le indagini hanno svelato una realtà illecita diffusa», ha detto una ventina di giorni fa il procuratore aggiunto Francesco Caporale a proposito della prima tranche dell’inchiesta “Vitruvio” che ieri ha portato ad altri 11 arresti, ammettendo di essere rimasto «molto colpito dalla normalità attraverso cui imprenditori e funzionari infedeli operano nell’illegalità , senza avere troppa cura del bene pubblico».
Geometri dei municipi, dirigenti, vigili urbani: l’identikit del travet capitolino disonesto ha ormai molte facce e un unico denominatore, i soldi.
Mazzette e regali per sveltire una pratica che altrimenti resterebbe incagliata, per chiudere un occhio sui controlli nei cantieri o aggiudicare una gara d’appalto.
Ognuno con il suo tariffario, la lista dei desideri o un catalogo dei doni.
Gli affiliati a Mafia Capitale, per esempio, preferivano i contanti: c’era chi – come l’ex ad di Ama Franco Panzironi e Luca Odevaine, ma anche semplici impiegati comunali – erano a libro paga, stipendiati con un tot al mese, e chi invece veniva premiato soltanto alla bisogna.
In casa dell’exdirettore del Servizio giardini, i finanzieri hanno trovato 570mila euro nascosti in un’intercapedine: «Sono frutto di un’eredità », provò a discolparsi Claudio Turella prima di finire in ceppi.
E se poi hai il potere di pilotare direttamente gli appalti, puoi anche chiedere qualcosa in più: orologi di lusso e smartphone, oltre a ricariche telefoniche e buoni benzina.
Tutte “attenzioni” pretese e ottenute, nel 2010, dal capo dell’ufficio tecnico di Tor Bella Monaca, Stefano De Santis, che per aggiustare le gare sulle manutenzione stradale ha anche incassato 20mila euro.
Eccolo «il vero salario accessorio dei dipendenti comunali, altro che contratto decentrato », sospira amaro l’ex assessore al Personale Lucio D’Ubaldo, uno che ai tempi di Veltroni tentò invano di stabilire qualche regola.
«Negli uffici, specie in quelli periferici, è un codice non scritto che tutti conoscono: io, impiegato, ti do la possibilità di sbrogliare le carte, e tu imprenditore mi dai qualcosa in cambio. Oggi è la politica a essere accusata di ogni nequizia, ma il vero potere è in mano alla burocrazia»
E così se nel V municipio (periferia est di Roma), per “snellire” le pratiche edilizie un impiegato dell’ufficio tecnico si faceva pagare dai mille ai 2.500 euro, ben più esosi erano nella zona nordovest della città , dove per certificare la conformità delle opere in esecuzione da parte delle imprese una decina di dipendenti infedeli – arrestati a inizio anno – chiedevano dai 5mila ai 30mila euro.
Che il taglieggiato, bontà loro, poteva sborsare in comode rate da mille euro.
Una specialità , pare, di Maurizio Paiella, responsabile dell’ufficio reti fognarie del XIV municipio, solito costringere chi aveva bisogno di un allaccio alla rete a rivolgersi a una certa ditta da cui poi prendeva la mazzetta.
Come pure facevano il direttore dell’Ufficio tecnico di Ostia, Aldo Papalini, e il geometra Stefano Graziano, suo braccio destro: entrambi nei guai per aver aggiustato appalti stradali e concessioni balneari.
Un’epidemia. A Roma sembra che i corrotti siano ovunque, non solo negli uffici.
E spesso vestono la divisa.
Come l’ex comandante della polizia municipale Angelo Giuliani, accusato di aver fatto assegnare l’appalto della pulizia delle strade dopo gli incidenti a una società amica, “Sicurezza e ambiente”, in cambio di 30mila euro versati come sponsorizzazioni per il circolo dei vigili.
Due pizzardoni sono stati invece beccati a cancellare migliaia di multe e altri tre sono finiti in manetteper aver cercato di estorcere 60mila euro ai commercianti del centro, tempestandoli di multe.
«Con la legge Bassanini sulla P. A. varata alla fine degli anni Novanta con l’intento di separare l’indirizzo politico dalla gestione amministrativa, la corruzione si è naturalmente spostata sul potere decisionale: la burocrazia» spiega il neo-assessore alla Legalità Alfonso Sabella.
«Questo ha moltiplicato i casi di malaffare, creando sacche di impunità sulle piccole cose: micro-appalti, concessioni edilizie da poche migliaia di euro».
La cura? «Un nuovo regolamento sugli appalti che manca da vent’anni. È come svuotare il mare col secchiello», conclude il giudice, «ma da qualche parte bisogna pur cominciare”.
Giovanna Vitale
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply