ROMA FINIS MUNDI PER I SOVRANISTI
TELEFONI MUTI, I LEADER NON SI FANNO VEDERE
Roma da caput mundi a finis mundi per il centrodestra. In sessanta secondi.
Alle tre e un minuto, la doccia gelata arriva con le prime tendenze de La 7: Michetti è sotto di venti punti dopo essere partito con tre di vantaggio. Più di una distanza incolmabile: un crepaccio.
Gli exit poll della Rai confermano: il candidato meloniano è al 37-41%, il rivale Dem al 59-63%.
Tirava aria di sconfitta, non con queste percentuali. Non una faccia né una voce da metterci sopra, ma occhi incollati agli schermi e speranza non ancora persa. Al suo comitato, Michetti non è ancora arrivato, Meloni neppure, via della Scrofa a differenza del primo turno è chiusa.
È la concretizzazione di una mattinata carica di silenzi e cattivi presagi. A tenere botta nel comitato a due passi dalla Garbatella ci sono i “pretoriani”: Trancassini, Rampelli, la consigliera regionale Chiara Colosimo.
Il candidato sindaco ha fatto sapere che seguirà lo spoglio presso il suo comitato. In stile calendiano: farà il suo dovere, un po’ mesto.
Alle 16 però, non è ancora apparso, ad animare la sala video sono i suoi faccioni sulle pareti azzurre e le telecamere inerti. Il resto del partito è desaparecido.
Meloni si occupa di altro: gli idranti delle forze dell’ordine sui portuali triestini No Green Pass, la solita Lamorgese, il teorema che quelli di Forza Nuova sotto la sede della Cgil “ce li hanno fatti arrivare”. L’ordine pubblico è un tema serio, per carità, ma nella circostanza sa tanto di “parliamo d’altro”.
I big tacciono. Telefonini muti, informazioni zero. Nessuna indicazione su come si svilupperà il pomeriggio. Boh, mah, chissà.
Trancassini è il primo ad affacciarsi, sorriso tirato e dita incrociate. Uno che i numeri li capisce, come Rampelli, è inquieto dal mattino: il calo dell’affluenza storicamente penalizza la destra, soprattutto ai ballottaggi.
A Roma è intorno al 30%, sotto il 2016, significa che i candidati non hanno “trainato”, che il vento gira male. L’analisi municipio per municipio peggiora gli umori: bene quelli del centro storico e di Roma Nord – I, II, III – dove Gualtieri era in testa, scendono quelli più periferici, come il VI in cui aveva preso il 40% e più in generale le zone dove Michetti aveva consolidato i tre punti di vantaggio.
Non tira aria di festa, né al comitato né fuori.
Ma dove è Meloni? Boh. Affari suoi, risponde qualcuno. A un certo punto apparirà, farà la sua dichiarazione, e saluti.
Mentana gela tutti: “Gualtieri sicuro su Michetti. Ballano 20 punti”. Se davvero finirà così, sarà l’ultima tappa di un percorso a ostacoli per l’ex Re Mida dei consensi (che però a livello nazionale è ancora in partita alla grande, e anche nel centrodestra visto che alla Lega non è andata meglio).
Una gimkana politica, corsa nell’ultimo mese e piena di brutte notizie. L’inchiesta di Fanpage, con uno dei pesi massimi, il capo dell’euro-delegazione Fidanza, invischiato nella rete “para post e cripto-nazista” del Barone Nero.
Le pressioni dell’ala più liberal di FdI per abbandonare la “zavorra” dei nostalgici del Duce, con Crosetto in prima linea, che prima offre il petto a “Piazza Pulita” e poi abbandona il “plotone di esecuzione” approntato per Giorgia.
Non ne va in porto una: anche la visita alla Comunità Ebraica, in occasione dell’anniversario del rastrellamento al Ghetto, slitta perché non tutti sono d’accordo.
Alla fine Meloni l’ha accompagnato fino all’ultimo miglio il suo Michetti, quel “cavallo di Giorgia” imposto alla coalizione e che da domani le verrà rinfacciato, con le sue sparate radiofoniche tra Wehrmacht e soccorritori di colore a Rigopiano,
Ma alla fine, non è chiarissimo chi si sia “accollato” chi tra dirigenti come minimo improvvidi, alleati tiepidi, elettori perplessi. E soprattutto senza uno straccio di reazione identitaria all’”assedio comunista”.
E’ andata buca, e mercoledì si risale sulla giostra: per votare (o no) la mozione in Parlamento sullo scioglimento di Forza Nuova.
(da Huffingtonpost)
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