RUBY, TUTTO VERO: PROSTITUTE, TELEFONATE, PAGAMENTI E PRESSIONI. MA NON E’ REATO
E SE FOSSE UNA SENTENZA SUICIDA? LA PROCURA STUDIA IL RICORSO IN CASSAZIONE
I fatti sono in fila. E sono tutti dimostrati: il sesso ad Arcore; “l’attività prostituiva”; la minore età di Karima di cui Berlusconi era “certamente consapevole almeno quando fece le telefonate in Questura” per levarsi dall’imbarazzo; le stesse telefonate “che hanno inciso sulla tempistica e sulla modalità dell’affidamento” della minore non ad una comunità ma al consigliere Minetti che poi la consegna ad una prostituta come la brasiliana Conceicao.
E’ tutto vero quello che la procura di Milano e la polizia giudiziaria ha raccolto in quei mesi di indagine tra l’estate del 2010 e il febbraio 2011, che visti oggi sembrano un secolo fa.
Ma vanno nella direzione opposta le conclusioni cui giungono i giudici dell’Appello che il 17 luglio hanno assolto Silvio Berlusconi dall’accusa di concussione e prostituzione minorile.
Così, alla fine della lettura delle 332 pagine di motivazioni, ci si interroga se questa non possa, in qualche modo, essere una cosiddetta sentenza suicida.
Fatta e costruita cioè per essere ribaltata in Cassazione. Suggestioni.
Ma appare quasi scontato il ricorso della procura generale di Milano.
Ed ecco perchè la Ruby story non può dirsi nè conclusa nè sepolta.
C’era molta attesa per la lettura delle motivazioni. Il tempo scadeva il 17 ottobre e il deposito è avvenuto stamani. Il provvedimento prende in esame prima il reato di concussione, il più grave, quello che in primo grado contribuì per sei anni ai sette totali della condanna.
Quello, anche, che ha incardinato il processo a Milano e non a Busto Arsizio che sarebbe stato competente per la sola prostituzione minorile.
E’ interessante leggere da pagina 207 in avanti, dove viene esaminata la natura e il contesto delle telefonate che Berlusconi fece in questura la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 quando Ruby fu portata in questura perchè denunciata per furto dalla ex amica Caterina Pasquino.
I giudici presieduti da Emilio Tranfa ricostruiscono i fatti di quella sera: la Conceicao (brasiliana che è accertato vivere di prostituzione) avverte Berlusconi (di cui ha il numero cellulare sul proprio telefonino) impegnato a Parigi nel vertice Ocse dell’arresto di Ruby; le 2-3 telefonate che l’allora premier fa al capo di gabinetto della questura Piero Ostuni spiegando come in questura a Milano si fosse vicini all’incidente diplomatico visto che era stata fermata la nipotina dell’amico presidente egiziano Hosni Mubarak.
I giudici scrivono anche “Berlusconi aveva un personale, concreto interesse” ad ottenere che Ruby venisse affidata a Nicole Minetti e non collocata in comunità perchè “preoccupato del rischio di rivelazioni compromettenti” sulle serate ad Arcore. Le telefonate hanno quindi avuto “effetto acceleratorio” perchè l’affidamento avvenisse prima dell’identificazione.
Ostuni, il capo di gabinetto della Questura, “ha mostrato la volontà di soddisfare al più presto il desiderio del Presidente del Consiglio” e le telefonate “hanno inciso sulla tempistica e sulla modalità di affidamento” e quindi risulta “provata sotto il profilo materiale l’efficacia causale dell’intervento di Berlusconi”.
A questo punto della lettura ti aspetti, come logica conseguenza, che insomma, la concussione (art.317 cp) o il suo reato minore (319 quater, induzione indebita a dare o promettere utilità ) siano la logica conseguenza di tali condotte. E invece no.
Il movente di Berlusconi è dimostrato ma i suoi metodi non sono stati “nè intensi nè persistenti”. Mai si trova “un accenno a minacce o coartazioni di sorta”.
Da parte di Ostuni c’è stato semmai “un eccesso di ossequio e di precipitazione”, ha eseguito per “timore reverenziale dovuto alla carica istituzionale dell’interlocutore”. Del resto,i poliziotti non sono mai stati indagati dalla procura e non si sono neppure costituiti parte civile.
I fatti accertati, si legge a pag 247, “si pongono al di fuori del perimetro di rilevanza penale tracciato dalla autorevole pronuncia delle Sezioni Unite sia con riferimento al reato di concussione che al reato di induzione indebita a dare o promettere utilità ”. Una precisazione che serve a chiarire che la legge Severino (che nel 2012, a processo iniziato, ha diviso in due il reato di concussione) non ha influito su questo giudizio.
E che Berlusconi sarebbe stato assolto in ogni caso.
I giudici passano poi al secondo reato contestato, la prostituzione minorile.
Anche in questo caso la lettura delle carte sembra portare versa una condanna netta. I giudici parlano di serate caratterizzate da atti sessuali pubblici “di cui è stata raggiunta prova certa” per “stimolare la libidine sessuale del padrone di casa” (da p. 258 in avanti) e dei suoi ospiti per “propiziarsene i favori sotto forma di elargizioni di denaro o di altre utilità come pagamento dei canoni di locazioni e di bollette, acquisto di automobili, gioielli, finanziamenti a fondo perduto o occasioni di lavoro nel mondo dello spettacolo”.
I giudici si dilungano sulla natura del bunga bunga e sulla tipologia delle esibizioni “licenziose”: “spogliarelli, esibizioni del proprio corpo nudo o parti di esso, lap dance, simulazione di atti sessuali, toccamenti del seno, glutei o altre parti intime (coperte o denudate), bagni di gruppo in piscina, baci, ammiccamenti”.
Spiegano come tra Berlusconi e Ruby ci sia stato un “effettivo svolgimento di atti di natura sessuale” e certamente “retribuiti”.
Così da non avere dubbi ad affermare che la situazione “deve essere inquadrata giuridicamente nella tipologia degli atti sessuali a pagamento che integrano la prostituzione”.
Ma anche qui la conseguenza della lettura dei fatti contravviene alla logica. L’allora premier, infatti, “non era conoscenza della minore età di Karima el Magrough” e il fatto che Emilio Fede ne fosse invece consapevole (pp.326-330) “non è sufficiente a dare prova certa del dolo dell’imputato”.
Cioè di Berlusconi.
(da “Huffingtonpost“)
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