RUSSIA AVVELENATA, ALEXEY NAVALNY IN COMA
CHI SI OPPONE AL REGIME FINISCE AVVELENATO: I CINQUE CASI PRECEDENTI
Navalny, 44 anni, è in coma, ventilato artificialmente, presso l’ospedale di Omsk, sud-ovest della Siberia. È in pericolo di vita, ma le sue condizioni sono definite “stabili” e i medici assicurano che “faremo di tutto per salvargli la vita”. Il suo staff sta cercando di portarlo all’estero, la Germania potrebbe essere una destinazione.
Il Cremlino mostra il volto buono, augura “pronta guarigione” all’oppositore “come per ogni altro cittadino della Federazione russa”, promette che se sarà confermato l’avvelenamento aprirà un’inchiesta, non vede alcun ostacolo a un trasferimento per curarlo all’estero se dovesse essere richiesto.
Alle parole del portavoce di Putin, fanno da contraltare quelle del direttore della Fondazione anticorruzione creata da Navalny, Ivan Zhadanov, il quale denuncia che alla moglie non sarebbe stato permesso per ore di vederlo, mentre il primario dell’ospedale si sarebbe rifiutato di fornire i documenti, indispensabili per trasferire l’attivista in un’altra struttura più adeguata all’estero.
“Pensiamo che sia stato avvelenato con qualcosa di mescolato nel suo tè, quella era l’unica cosa che ha bevuto la mattina” ha affermato la portavoce Kyra Yarmysh, “i medici dicono che il veleno è stato rapidamente assorbito dal suo organismo mediante la bevanda calda”. Su Twitter viene postato un video, girato a bordo dell’aereo su cui viaggiava.
Nel tragitto Navalny ha cominciato a sudare freddo, poi ha chiesto alla portavoce che era con lui di parlargli in modo da potersi concentrare sul suono di una voce. Frastornato, è andato in bagno e lì ha perso conoscenza. L’aereo su cui era a bordo ha effettuato un atterraggio di emergenza a Omsk. Navalny era in Siberia per la campagna in vista delle elezioni locali del 13 settembre per sostenere i candidati anti-Putin.
Media russi parlano però di avvelenamento da “ossibutirrato di sodio”, un neurodepressore del sistema nervoso centrale che può causare problemi respiratori gravi, è incolore e insapore e dà effetti repentini, per cui se non si interviene rapidamente può sopraggiungere il coma e la morte. Viene utilizzato anche come sostanza stupefacente nota come “droga dello stupro”.
La Russia ha vissuto anche nel passato recente una lunga scia di episodi simili contro gli oppositori del regime.
Navalny stesso nel 2017 fu aggredito con uno spray tossico, che gli ha danneggiato un occhio. Lo scorso anno poi, fu portato d’urgenza in ospedale dal carcere dove era detenuto per un reato amministrativo per un sospetto avvelenamento, ma i medici dissero che si trattava di un forte attacco allergico e lo rispedirono subito in cella.
Ben più eclatanti altri casi degli ultimi decenni.
Alexander Litvinenko, agente dei servizi segreti russi, lasciò l’incarico accusando Putin di essere il mandante di omicidi e attentati compiuti dall’intelligence per consolidare il suo potere. Rifugiatosi a Londra, morì in agonia nel novembre 2006 tre settimane dopo aver bevuto un tè trattato con polonio-210 altamente radioattivo in un hotel di Londra.
Le autorità britanniche hanno accusato formalmente Mosca, ma i russi hanno sempre negato. Litvinenko stesso, dal letto di morte, accusò il Cremlino.
Il veleno colpì anche in Ucraina, nel 2004, Viktor Yushenko, che stava conducendo una campagna contro il candidato alla presidenza sostenuto dalla Russia, e si ammalò gravemente dopo aver ingerito una quantità enorme di diossina, rimanendo sfigurato in volto.
E ancora il caso della giornalista investigativa Anna Politkovskaja, che nel 2004 si ammalò gravemente e perse conoscenza dopo aver bevuto una tazza di tè, due anni prima di essere uccisa a colpi d’arma da fuoco a Mosca.
Nello stesso modo viene ucciso Boris Nemtsov, la sera del 27 febbraio 2015. In un agguato per strada, nei pressi del Cremlino. Cinque ceceni vengono condannati, ma resta il mistero sul mandante. Nemtsov, vicepremier negli anni ’90 durante la presidenza Eltsin, di estrazione liberale, era diventato uno dei principali sfidanti di Putin in Parlamento.
Ancora, nel 2018 l’ex spia Sergei Skripal e la figlia Yulia vengono ritrovati privi di sensi in una panchina nella città britannica di Salisbury, avvelenati con l’agente nervino Novichok, e guarirono solo dopo un lungo ricovero. Anche in quella occasione Londra accusò Mosca, che negò.
(da agenzie)
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