SACCHETTI BIO, CATIA BASTIOLI NON RAPPRESENTA “UNA DELLE TANTE AZIENDE” CHE LI PRODUCONO, MA HA IL BREVETTO DELLA MATER-BI
E’ LA MATERIA PRIMA CON LA QUALE 150 AZIENDE ITALIANE REALIZZANO I SACCHETTI AL CENTRO DELLA POLEMICA
Chi accusa il governo italiano di aver favorito Catia Bastioli, amministratrice delegata del gruppo Novamont, nella promulgazione della norma sull’uso obbligatorio dei sacchetti bio per l’ortofrutta, ha ragione o ha torto?
Sgomberiamo il campo dal primo equivoco: non è vero che l’Italia è stata costretta a farlo da una direttiva europea del 2015, perchè basta leggerne il testo originale per capire che non dice quello che vorrebbero farci credere.
E’ stato il governo italiano a “interpretarlo” a modo suo, imponendo l’obbligo di utilizzare per ogni gruppo di prodotti ortofrutticoli disponibili sui banchi dei supermercati un apposito sacchetto bio a spese del cliente.
Ne deriva che è stato favorito di fatto un settore preciso di produttori merceologici.
Si obietta: ma Novamont non è l’unica azienda che produce i sacchetti, ce ne sono circa 150, quindi il favore semmai va ripartito tra più soggetti.
Non è cosi: Novamont realizza il cosiddetto Mater-Bi, la materia prima con la quale i produttori, circa 150 aziende in tutta Italia, realizzano sacchetti biodegradabili ultraleggeri. Novamont quindi è a monte della filiera della bioplastica.
Nessuno discute la capacità aziendale e i successi della ricerca del gruppo che ha creato un compost con l’organico in grado di concimare i terreni senza disperderlo nelle discariche. Ma non può negare di aver ricevuto di fatto un vantaggio da un governo che ha promulgato una legge che “forza” la direttiva europea (che dice altro).
E la partecipazione alla Leopolda, la nomina a presidente di Terna e la visita in azienda di Renzi non ha certo contribuito a dissipare i sospetti.
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