“SALVATE IL SOLDATO SILVIO O NON PAGHIAMO LE TASSE”
SANTANCHÈ MINACCIA LO SCIOPERO FISCALE SE LA CONSULTA NON LO ASSOLVE… INTANTO A CASA DEL GIUDICE COSTITUZIONALE MAZZELLA RIPARTONO LE CENE
Prologo, alle 19 e 40 di ieri sera.
Daniela Santanchè al telefono: “Se salta il legittimo impedimento salta tutto? Cazzate. Qui il problema non è la tenuta del governo ma il fatto che vogliono uccidere il nostro leader per via giudiziaria. Berlusconi è uno statista, non farà mai una vendetta per i suoi guai giudiziari ma noi abbiamo un popolo che è pronto a schierarsi con lui, a non foraggiare più questo Stato. Mi guardi tra un po’ a Otto e mezzo, sto andando a La7”.
Meno di un’ora dopo, al programma di Lilli Gruber, presente anche Marco Travaglio, la Santanchè smentisce di essere un falco o una colomba, nè tanto-meno una pitonessa (copyright Il Foglio) e traccia la nuova frontiera di combattimento del Pdl: “Uno sciopero, una ribellione fiscale dei moderati contro l’accerchiamento giudiziario del nostro leader. Gli otto milioni di moderati che hanno votato Berlusconi certo non andranno a spaccare le vetrine, ma reagiranno”.
Propaganda? Depistaggio dalla presunta trattativa in atto per “garantire” B.? O altro ancora?
L’unica certezza è che la deputata del Pdl, considerata leader dei falchi berlusconiani con Verdini e Brunetta è reduce da un fine settimana di lavoro a Villa La Certosa, la reggia sarda del Cavaliere.
La sua uscita è concordata e serve anche ad attutire se non azzerare le voci insistenti sulle ritorsioni politiche minacciate da alcuni esponenti del Pdl, a partire da Alfano (ricevuto al Quirinale lunedì scorso) qualora la Consulta dovesse bocciare il legittimo impedimento per il processo Mediaset.
La linea della Santanchè è la stessa di Niccolò Ghedini, avvocato e parlamentare di B. che ieri ha detto ad alcuni colleghi di partito in cerca di chiarimenti, nelle ore a caldo della motivazione del processo per l’affaire del nastro Fassino-Unipol: “Sulla sentenza della Consulta io sono pessimista, la Corte Costituzionale ha sempre dato torto a Berlusconi ma non c’è alcun legame con il campo del governo e delle riforme. E poi noi noi puntiamo tutto sulla Cassazione per Mediaset. Lì abbiamo delle carte robuste da giocarci”.
Insomma, tutti negano lo scambio tra tenuta del governo e la salvezza di B. E chi ha sondato il capo dello Stato in queste ore rivela: “Il Quirinale è solo uno spettatore di questa vicenda, non c’è alcun salvacondotto possibile e Alfano lo sa perfettamente, ammesso che abbia davvero minacciato di far saltare tutto. In questo momento, nel Pdl cercano di coprirsi la ritirata a causa delle lotte interne e del probabile no della Consulta al Cavaliere”.
In ogni caso l’umore di B. ieri sera a Roma, quando ha visto i vertici del Pdl, era sempre cupo: “La mia pazienza ha un limite”. Non solo.
Le minacce del Pdl alla Corte costituzionale stanno provocando molto fastidio e tanta irritazione tra gli alti giudici.
Più di un mese fa, il filo conduttore del rinvio della sentenza che riguarda Silvio Berlusconi e il processo Mediaset è stato “l’opportunità politica”.
Siccome c’erano le consultazioni per il governo Letta si è cristallizzata una camera di consiglio a un passo dalla decisione.
Così il verdetto atteso per il 24 aprile sarà , invece, emesso il 19 giugno.
Nella Corte, poi, c’è anche una fibrillazione interna: a metà settembre scade il mandato del presidente Franco Gallo che è stato nominato 9 anni fa dall’allora capo dello Stato Ciampi.
Chi sarà al vertice della Consulta che, investita dalla Cassazione, se non ci sarà una riforma parlamentare , dovrà pronunciarsi sul “Porcellum”?
C’è un giudice che sogna di essere il designato: Luigi Mazzella, attuale vicepresidente (scade a fine giugno 2014). È il giudice che nel maggio 2009, a pochi mesi dalla decisione della Corte sul lodo Alfano (bocciato per 9 a 6 come ha rivelato il Fatto) invitò nella sua casa romana non solo il collega Paolo Maria Napolitano ma anche Berlusconi, premier e parte in causa, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il sottosegretario Gianni Letta e il presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini.
Nè Mazzella nè Napolitano hanno mai pensato alle dimissioni, anzi hanno rivendicato la legittimità di quel banchetto.
Mazzella è giudice che ama molto i convivi. E nella sua bella casa è un periodo di ricevimenti, tanti.
Gli inviti comprendono anche eminenti politici di centrodestra.
L’aria che tira per Berlusconi nella Corte costituzionale non sarebbe buona.
La Consulta sarebbe orientata a dare torto all’ex premier che ha sollevato conflitto di attribuzione contro i giudici di primo grado del processo Mediaset perchè il primo marzo 2010 non gli riconobbero un legittimo impedimento.
Era stato aggiornato un consiglio dei ministri dal venerdì 26 febbraio proprio al lunedì mattino primo marzo, giorno in cui, da un mese e mezzo, i giudici, d’accordo con la difesa, avevano fissato udienza.
Anche se la Consulta dovesse dare ragione a B., questo però non vuol dire che verrebbe azzerato il processo e quindi la condanna.
La Cassazione, l’unica legittimata ad esprimersi sulle conseguenze dell’eventuale sentenza della Consulta, potrebbe annullare esclusivamente quell’ordinanza “incriminata” anche perchè in quell’udienza del marzo 2010 furono sentiti testi ininfluenti ai fini dell’esito processuale, cioè della condanna per frode fiscale a 4 anni (3 indultati) e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Ed è la Cassazione quello che preoccupa veramente il Cavaliere, quella che vorrebbe blandire o minacciare.
Nelle sue mani ci sarà la decisione definitiva sul processo Mediaset, con il rischio di non potersi pù candidare, e quella sul lodo Mondadori.
Fabrizio d’Esposito e Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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