SALVINI, DOPO LA TRAGICOMICA ESPERIENZA DA “KING-PIPPER” DEL QUIRINALE, RISPOLVERA L’AUTONOMIA DELLE REGIONI
I GOVERNATORI DEL CARROCCIO SONO STATI CHIARI: CI SONO DA GESTIRE I MOLTI FONDI DEL PNRR E LA LEGA NON PUÒ USCIRE DAL GOVERNO
Rinchiuso nel suo appartamento di Roma nord, nella speranza che sabato il tampone sia finalmente negativo, Matteo Salvini ne approfitta per mettere a punto l’agenda dei prossimi mesi, e in cima alla lista è tornato un tema storico della Lega: l’autonomia.
Il leader del Carroccio ha deciso di restare al governo, ma lo fa a modo suo, aprendo nuovi fronti e sfidando ministri, soci di maggioranza, senza preoccuparsi più di tanto di una coalizione, il centrodestra, che «si è sciolta come neve al sole», come lui stesso ha detto.
Quindi si riparte dai temi, primo fra tutti quello più caro ai militanti: «Sull’autonomia penso che il percorso possa essere giunto a buon punto».
L’obiettivo di Salvini è duplice, da una parte vuole mostrare ai suoi che l’alto prezzo pagato per stare al governo, viene ricompensato con dei risultati concreti che stando nel comodo rifugio dell’opposizione non si potrebbero ottenere.
Il secondo è da leggere in chiave interna: nel Nord e specie in Veneto e Friuli Venezia Giulia il malcontento verso la gestione commissariale del partito sta raggiungendo il livello di guardia e rilanciare sui poteri delle Regioni è un modo per mostrare attenzione ai territori.
L’accusa che alcuni fedelissimi del governatore Luca Zaia muovono al segretario è proprio di aver trascurato la battaglia per l’autonomia per portare avanti il progetto della Lega nazionale.
Non è un caso che uno dei primi a celebrare l’impegno assunto da Salvini sia proprio Zaia: «Condivido totalmente la sfida. Questo Governo può scrivere una vera pagina di storia del Paese. L’autonomia è una vera assunzione di responsabilità e il percorso per raggiungerla è stato iniziato dal Veneto e ha avuto la sua celebrazione con il referendum del 22 ottobre del 2017».
I sondaggi pubblici e privati indicano che l’insofferenza del Nord verso Salvini è cresciuta notevolmente per la gestione della partita del Quirinale. Eppure è proprio la nuova elezione di Mattarella ad aver ridato linfa al progetto autonomista.
Nel discorso pronunciato il giorno del giuramento il capo dello Stato ha parlato così: «Il ruolo e lo spazio delle autonomie sono decisivi, dobbiamo sapere che dalle risposte che saranno date a questi temi dipenderà la qualità della nostra democrazia».
Zaia, che il giorno del voto del Parlamento si era intrattenuto per un colloquio con Mattarella al Quirinale, aveva espresso grande soddisfazione: «È stato un bel segnale, un passaggio che ho molto apprezzato e che fa ben sperare che si possa arrivare alla fase esecutiva». La fase «esecutiva» effettivamente non sembra lontana, il ministero degli Affari regionali guidato da Mariastella Gelmini sta lavorando al progetto e ritiene di essere arrivato «in dirittura d’arrivo».
Ma di incognite ce ne sono molte, come dimostrano le vicende di questi ultimi anni. Erika Stefani, allora la ministra competente, era arrivata a un passo dall’approvazione, con i documenti bilaterali tra Regioni e Stato in attesa di approvazione, ma il M5S, allora partner di governo, si mise di traverso in ogni modo, specie sul tema della «spesa storica», ovvero il criterio con il quale si determina il fabbisogno degli enti locali. Il progetto andò a monte e fu uno dei motivi che portarono alla caduta del governo gialloverde.
Il successore di Stefani, Francesco Boccia, preferì inserire gli accordi con i singoli enti locali in una legge quadro, un approccio più morbido che anche Gelmini ha confermato, nella speranza di superare diffidenze ataviche.
La ministra degli Affari regionali ne ha parlato con Stefano Bonaccini e Massimiliano Fedriga e crede di essere a buon punto. Tra i più freddi sul tema dell’autonomia ci sono gli esponenti di Fratelli d’Italia, che hanno tutte altre priorità: «Prima si fa il presidenzialismo e poi semmai si decentrano i poteri», dice un dirigente. Tra ex alleati la diffidenza è tale che nemmeno ci si siede a negoziare.
(da La Stampa)
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