SALVINI E BERLUSCONI SEPARATI IN PIAZZA
A CATANIA, NELLO STESSO GIORNO, DUE COMIZI DISTINTI… L’IMMAGINE E’ L’ANTICIPAZIONE DI COME E’ RIDOTTO IL CENTRODESTRA
Catania come anticipazione del centrodestra che sarà .
Matteo Salvini è sul treno, quando apprende dalle agenzie che Silvio Berlusconi sarà a Catania, per la chiusura della campagna elettorale giovedì alle sei di pomeriggio, alle Ciminiere.
Scuro in volto, si attacca al telefono: “Ma come, noi chiudiamo alle sette e mezza al Teatro Massimo e non sappiamo nulla?”.
Comizi separati, a distanza di un chilometro e mezzo, dieci minuti a piedi. Non è proprio la foto migliore, a tre giorni di una vittoria possibile, annunciata e vissuta come l’anticipazione di ciò che accadrà in Italia: “È il solito Berlusconi, cambia idea, non dice nulla”.
Il leader della Lega chiama Musumeci, ottiene la sua disponibilità a un comizio congiunto. Affida, giocando d’anticipo, la sua proposta alle agenzie: “Se c’è una piazza comune è meglio”. Come a dire: io sono pronto, se non si fa andate a chiedere spiegazioni ad Arcore.
Ad Arcore la coincidenza temporale produce un certo fastidio, come la dichiarazione furbesca di Salvini.
Troppo tardi per annullare, senza creare un caso. Ma, al momento, il programma non cambia: il Cavaliere sarà a Palermo il mercoledì e giovedì a Catania alle Ciminiere, punto.
L’episodio dice tutto: l’assenza di contatti addirittura tra gli staff, che apprendono le notizie a mezzo stampa, e una malcelata insofferenza tra i leader.
Anticipazione, appunto, di un centrodestra che politicamente non c’è come coalizione, nè a Catania nè a Palermo nè a Roma, ma che con poca poesia sta assieme perchè conviene numericamente.
In fondo sembra andare bene a tutti così, in questa lunga marcia di avvicinamento alle politiche che tanto assomiglia a una fiera dell’ipocrisia con schieramenti che esistono solo sulla carta. Secondo la legge elettorale appena approvata non c’è l’obbligo di scegliere il premier, nè di presentare un straccio di programma comune; e i cosiddetti alleati delle coalizioni possono comportarsi come i famosi ladri di Pisa, che si azzuffano di giorno per poi spartirsi di notte il bottino dei “nominati”.
E l’Italia del centrodestra già assomiglia a una grande provincia di Catania.
Basta mettere in fila le parole di oggi. Salvini contro gli “impresentabili” di Forza Italia, Salvini che occhieggia ai Cinque Stelle, nella speranza di sedurre l’elettorato grillino, Salvini che mai nomina Berlusconi, e già dice che se il centrodestra vince, bene, sennò non sarà mai disponibile a fare “inciuci”. Il che significa, al netto della propaganda, che si tira fuori dall’ipotesi obbligata con questa legge elettorale che non produce maggioranza, ovvero un “governo del presidente” sostenuto in Parlamento da uno schieramento ampio.
E Berlusconi che invece, proprio oggi, in un’anticipazione del libro di Bruno Vespa, torna alla carica col nome di Antonio Tajani, tirandosi proprio dentro la dinamica del governo del presidente: “Sarebbe un ottimo premier”.
Tajani, che come noto è l’esponente di Forza Italia vissuto politicamente e umanamente da Salvini con più fastidio, proprio oggi ha reso omaggio ad Hammamet alla tomba di Bettino Craxi. Quando Salvini aveva i pantaloni corti Bossi lo chiamava “Alì Bobò con i quaranta ladroni”, “per metà un uomo di Stato e per metà un farabutto”, evocando addirittura l’immagine della ghigliottina.
Ecco la fotografia del centrodestra.
E a fine giornata tra i due nessuno contatto. Nemmeno tra gli staff per la chiusura a Catania.
(da “Huffingtonpost”)
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