SALVINI VUOLE ANDARE ALLO SCONTRO ISTITUZIONALE CON MATTARELLA
UN DECRETO IMMIGRATI RAZZISTA E INCOSTITUZIONALE CHE MATTARELLA POTREBBE NON FIRMARE… LO SCONCIO SCAMBIO CON IL M5S SUL REDDITO DI CITTADINANZA
Più che la classica “perplessità ” su questo o quel codicillo è lo spettro di una “crisi istituzionale” che si materializza al Colle attorno al decreto migranti.
Perchè tutti gli elementi portano alla conclusione che Salvini, proprio sul decreto, sta costruendo il contesto per una forzatura .
Ha concesso qualche limatura, solo formale, su alcuni punti senza però mettere in discussione l’impianto complessivo. E al Quirinale non si esclude che Mattarella possa non firmarlo, come nelle sue prerogative, qualora dovessero rimanere evidenti profili di incostituzionalità .
A quel punto si scatenerebbe l’inferno, con la presidenza della Repubblica trasformata nel grande bersaglio della crociata securitaria del ministro dell’Interno.
La forzatura è già nella scelta del “decreto” e non del disegno di legge, in nome della necessità e urgenza che non si capisce dove siano.
E non si capisce perchè, sulla stessa materia, non sia stata scelta la strada di un disegno di legge.
E c’è un dettaglio che ha fatto scattare il warning nelle istituzioni più alte. E riguarda la “bozza” in discussione. Da che mondo è mondo è sempre accaduto che gli uffici del Viminale la mandavano al Quirinale, anche per un confronto preventivo. Stavolta è arrivata solo alla fine, dopo che già al Colle era stata mandata da altri uffici e non dal Viminale.
Il dettaglio racconta di una scelta di drammatizzazione da parte del leader della Lega. L’ipotesi che il capo dello Stato possa non firmare è tutt’altro che remota, anche se il testo è cambiato in queste ore.
Ma su dettagli . E si presta a diversi rilievi di costituzionalità su parecchi punti: la revoca della cittadinanza italiana concessa agli stranieri per reati sempre più numerosi, la sospensione del processo di cittadinanza in casi fissati dal decreto, la restrizione dei permessi umanitari.
Questioni su cui magari la formulazione giuridica è stata resa più accettabile ma che, nel loro impianto, rischiano di entrare in collisione con i principi costituzionali.
Chi è di casa al Colle racconta di una preoccupazione aumentata dal fatto che i Cinque Stelle non stanno svolgendo un ruolo di argine.
Come non hanno esercitato questo ruolo sulla presidenza della Rai, con la forzatura di Marcello Foa che rappresenta anche uno schiaffo a Mattarella. Le appassionate crociate sovraniste, gli attacchi a Mattarella sul caso Savona, gli interventi, come commentatore esperto, su Russia Today, il canale satellitare russo che fa parte delle reti finanziate dal Cremlino: quel nome rappresenta l’ennesimo tassello, ultra-politico, di un mai dismesso “piano B”, la cui essenza è una diversa collocazione politica del paese, nei suoi riferimenti culturali e internazionali.
Fiumi di inchiostro sono stati versati — prima, durante e dopo il voto — su quanto al Quirinale, secondo una logica inclusiva e morotea, si puntasse su un processo di “costituzionalizzazione” dei Cinque stelle, secondo l’antica logica “evolutiva” per cui l’attraversamento delle istituzioni fa maturare nuove consapevolezze e una nuova cultura. Invece sta accadendo l’opposto.
Non l’evoluzione del primo partito della coalizione che tempera la Lega, ma l’egemonia del salvinismo che sta facendo scoppiare le contraddizioni dentro il Movimento, con l’insofferenza dell’ala, diciamo così, più di “sinistra” di Fico.
L’argine politico non c’è. E il decreto migranti ne è l’ennesima prova.
Quello che invece è in atto è il più classico degli scambi, con la manovra come contropartita. Do ut des, nella carne viva dei valori.
Come sulla Rai, con Di Maio che incassa la poltrona del Tg1 in cambio della presidenza a Foa.
Stavolta lo scambio è sulla manovra. Salvini è pronto ad allargare le concessioni sul “reddito di cittadinanza” in cambio del sostegno al decreto che gli consegna la patente dello “sfolla-immigrati”.
Il consiglio dei ministri è previsto per lunedì. Mancano tre giorni per evitare il primo, vero conflitto istituzionale dell’era sovranista.
Al momento però non si intravedono grandi frenatori. Il blocco sovranista scambia decimali di Pil e diritti. E il capo dello Stato si appresta a portare da solo la croce della Costituzione sulle spalle. A meno che non si accontenti di qualche modifica formale.
(da “Huffingtonpost”)
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