“SCARPE ROTTE E SENZA PROTEZIONE”: COSI I VIGILI DEL FUOCO SPENGONO I ROGHI TOSSICI NELLA TERRA DEI FUOCHI
COME SONO COSTRETTI A LAVORARE GLI UOMINI IN PRIMA LINEA NEL NAPOLETANO
Sono arrivati i decreti legge, le leggi speciali, le commissioni d’inchiesta, i commissari straordinari, le ispezioni dei ministri, i sopralluoghi dei parlamentari di tutti i colori politici, le discussioni in Parlamento; è arrivata l’indignazione, l’esercito, gli osservatori speciali, i nuovi piani per la raccolta rifiuti, perfino un numero di telefono anti roghi e una legge che punisce penalmente chi appicca un rogo tossico.
Ma non sono arrivate le mascherine. Sì, quelle che si mettono davanti alle vie respiratorie per evitare un tumore al polmone, ad esempio.
I vigili del fuoco, nella terra dei fuochi, dove si registrano circa 2000 incendi di materiale tossico all’anno (a cui vanno aggiunti quelli non censiti), intervengono ‘come possono’.
Nel video denuncia del Corriere della Sera si vede un grosso rogo. Si trova alle spalle di due affollatissimi centri commerciali: Ikea e Leroy Merlin.
La strada che porta a quest’ultimo è costellata di rifiuti industriali. Con i veleni interrati dalla camorra non c’entrano niente. O quasi. I roghi tossici sono una miscela esplosiva di pneumatici, fili di rame, grandi elettrodomestici non rottamati, bidoni di vernici e solventi, sacchi di stoffe e pelli delle piccole aziende tessili e calzaturiere della zona.
Aziende e fabbriche sconosciute al fisco ma note a tutti. Sono nei seminterrati, nei “bassi” dei palazzi abbandonati. Molto spesso sono specialisti della contraffazione.
Tutti sanno chi sono e in quale scantinato lavorano. E anche a che ora e dove si vanno a liberare dei rifiuti industriali prodotti.
Si stima una produzione di circa 200 tonnellate di scarti industriali al giorno.
Una buona parte viene smaltita in questo modo. Cioè bruciandoli.
E’ un cocktail micidiale che sprigiona un fumo nero come la pece, non si riesce a respirare.
Il rogo inizia verso le 20,30 di domenica sera.
Aspettiamo l’intervento dei vigili, che non arriva. Chiamiamo il 115. La gente ci passa accanto in auto come se niente fosse, abituata a uno scenario che ormai è normale coreografia da queste parti.
Dal centralino ci assicurano che una squadra sta per arrivare.
Intanto la collinetta di rifiuti prende fuoco. Ogni tanto si sente qualche piccola esplosione. Sono i gas contenuti nei frigoriferi abbandonati da chi invece doveva rottamarli o i coperchi dei bidoni che saltano in aria. Ma ci sono anche pneumatici esausti che costituiscono sistematicamente la base di ogni rogo.
Restiamo chiusi in auto tutto il tempo, a pochi metri dall’incendio. L’aria diventa veleno, brucia la gola e le narici. Inizia una tosse stizzosa.
Alle 21,30, un’ora dopo l’inizio del rogo tossico e mezz’ora dopo la nostra telefonata al 115 arriva la camionetta dei pompieri. Il grosso dei rifiuti è andato in fumo.
Scendono dal mezzo con la sola divisa. Nessuno adopera misure di protezione.
A mani nude impugnano gli idranti e iniziano a spegnere le fiamme. Incoscienza? Illegalità ? Superficialità ?
No. Semplicemente non li hanno. O meglio: ‘Li conserviamo per quando proprio non ne possiamo fare a meno. Di mascherine, ad esempio, ne abbiamo solo una. Sono monouso. Se le usiamo ora significa che in caso di intervento in un appartamento in fiamme non abbiamo niente con cui proteggerci’.
Tanto basterebbe per gridare allo scandalo. Sarà per questo che un pompiere ci avvicina e ci chiede di non riprenderli.
Un altro vigile ci mostra i suoi stivali. Sono logori, pieni di lacerazioni, usurati. ‘Ci ripetono sempre che per il momento non possiamo avere dei ricambi’, aggiunge.
Nessuno stupore. ‘Per regolamento dovremmo cambiare le divise dopo ogni intervento ma oltre a questa che indossiamo non ne abbiamo un’altra’.
Da tempo, alcune associazioni e comitati nati nella Terra dei fuochi chiedono il biomonitoraggio tossicologico di chi è in prima linea contro i roghi: i pompieri.
“I controlli li facciamo ma una volta all’anno, in genere nel periodo di ferie”. “La paura è tanta, soprattutto per le nostre famiglie ma intanto gli interventi li dobbiamo fare” aggiunge il collega accanto. Entrambi sono dell’opinione: “…purtroppo se qui vuoi lavorare…”.
Torniamo il giorno dopo sullo stesso posto. Ci sono i resti di bidoni, fusti di liquami industriali, elettrodomestici di ogni tipo, amianto, fili di rame, inerti di edilizia.
Tutto bruciato, trasformato in concime di morte. Perchè il buio della notte non ci aveva permesso di vedere quello che c’è alle spalle: ettari di terreni arati e coltivati.
Antonio Crispino
(da “il Corriere della Sera”)
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