SCISSIONE LENTA E SILENZIOSA: GLI UOMINI DI BERSANI FANNO PROSELITI SUL TERRITORIO
E SPERANO CHE RENZI VINCA IL CONGRESSO… A NAPOLI SI GUARDA A BASSOLINO
Lavori in corso, scissione lenta e silenziosa. Neppure la diffida sul nome mette ansia alla sinistra uscita dal Pd. Anzi.
L’avviso spedito agli uffici di Camera e Senato sul divieto di utilizzo del nome cade nel vuoto e derubricato con una punta d’ironia.
Con “Articolo 1 — Movimento Democratico e Progressista”, ci occupiamo dei problemi degli italiani — taglia corto Roberto Speranza — non di Ernesto Carbone che invece per gli italiani è un problema”.
Carbone è il renziano che nel 2014 depositò la lista Democratici e Progressisti e ora minaccia di adire le vie legali perchè l’operazione dei bersaniani “rischia di creare confusione”. Già .
Forse però per il Pd non è certo il momento propizio per scomodare le carte bollate su una questione di nomi. Nessuno lo dice ma molti lo pensano.
Intanto le truppe che hanno lasciato il partito si mettono a battere il territorio per spingere l’associazione appena costituita.
Nel frattempo che il Pd si avvelena con il congresso e litiga sul tesseramento, il neo movimento parte dai temi del lavoro e le prime indicazioni sulle correzioni consistenti al Jobs act e sui voucher annunciate dal governo, segnano la prima tacca.
Si ragiona sui contenuti, fanno sapere i big, e la scissione avanza in silenzio, con la consapevolezza che saranno gli elettori di sinistra a premiare la scelta.
Silenziosa e dal basso, e da questo fine settimana sono decine le iniziative locali alle quali i bersaniani parteciperanno a livello locale in Veneto, Liguria, Umbria, Sicilia e Sardegna.
Ma il ragionamento “sui numeri” è che “solo dopo l’esito del congresso del Pd (specie se Renzi dovesse riconquistare la leadership) la scissione prenderà il vento”.
Molti sono restati nel recinto e il tesseramento in aumento (al netto delle operazioni poco chiare al centro delle polemiche) non deve ingannare.
Per ora le giunte regionali dove il partito è forte e strutturato, come in Emilia, non subiscono scossoni arginando le voglie scissioniste.
In Toscana il governatore Enrico Rossi, protagonista della rottura, è sostenuto da una maggioranza di renziani ma la sua poltrona nessuno sembra metterla in discussione. Nelle regioni dove il partito è più debole, saranno le elezioni amministrative a dare il segnale del cambiamento.
Tuttavia, anche nel monolite emiliano dove “la ditta prima di tutto” e dove pesa il fattore affettivo di una separazione, i nomi di Bersani ed Errani fanno proseliti.
“Smottamento consistente e qualitativamente pesante”, fanno sapere dai circoli, dove ricordano che il segnale dell’astensionismo delle ultime regionali (votò solo il 37 %) fu ignorato dal Nazareno.
Stufi di non decidere, di fare solo tortellini alle feste e allestire continui rodei elettorali: in tanti sono pronti a mollare.
Se Bologna resta unita (con il sindaco Merola in bilico verso Giuliano Pisapia), cominciano a vacillare altre roccaforti come Reggio Emilia e Modena.
Qui è stato già costituito il gruppo Mdp con cinque consiglieri comunali. Della giunta fanno parte due assessore molto vicine, e con la lista civica di sinistra potrebbe nascere il primo esperimento locale di “Campo progressista”.
A Piacenza e dintorni, con un Pd allo sbando e zero tessere, Bersani e Migliavacca potrebbero intestarsi addirittura la scissione più consistente di tutta la regione.
Spostamenti pesanti anche in Sardegna dove è data per imminente l’uscita dalla corsa della segreteria regionale di Yuri Marcialis, ex segretario a Cagliari e assessore forte della giunta Zedda.
Mentre infuria la bufera delle tessere, a Napoli tutti guardano alle scelte di Antonio Bassolino.
Negli ultimi giorni lo scambio di telefonate con il leader Mdp Speranza si è fatto intensissimo e, nonostante abbia rinnovato la tessera nei giorni scorsi, molti suoi fedelissimi scommettono sul suo addio al Pd.
Un altro capoluogo in ebollizione è Potenza dove hanno lasciato pezzi grossi del partito come il segretario provinciale e il capogruppo in comune portandosi dietro quattro consiglieri.
Ma le fotografie di chi sta sulla porta “aspettando di vedere cosa accade al congresso” sono numerose.
La più nitida è quella di Lecce, dove secondo le denunce dei renziani, D’Alema e i suoi presidiano dall’interno con il mandato di condizionare il congresso.
“ConSenso è una libera associazione nata dai comitati del No”, la replica del leader. Ovvero, anche nella battaglia congressuale, ognuno decide come comportarsi.
(da “Huffingtonpost“)
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