“SE NON TROVI DIPENDENTI È PERCHÉ LI TRATTI MALE E LI PAGHI POCO”: JOE BASTIANICH ROSOLA TUTTI QUEGLI “IM-PRENDITORI” CHE VOGLIONO LA SIRINGA PIENA E LA MOGLIE DROGATA
“CHI SI LAMENTA DEI GIOVANI HA UNA MENTALITÀ VECCHIA. IO VEDO TANTI RAGAZZI CON VOGLIA DI FARE, IMPRENDITORI’ DELLA LORO VITA”
Se si digita su Google “Joe Bastianich” i primi risultati che appaiono lo qualificano come personaggio televisivo (il suo «tu vuoi che io muoro» è rimasto nella storia di Masterchef), ristoratore (possiede, insieme ad alcuni soci, più di due dozzine di ristoranti di successo in tutto il mondo), musicista (è frontman e chitarrista). Tutto giusto, e tutto noto.
Meno noto è ciò che sta a monte di questo: Bastianich è, prima di tutto, imprenditore. Di imprenditoria parla la sua ultima creatura, il vodcast e podcast «Millions» (prodotto da Dopcast) che conduce insieme a Tommaso Mazzanti dell’Antico Vinaio.
Ma la tua storia, invece, come inizia? Figli di esuli istriani, nato e cresciuto a New York, dopo l’università hai cominciato a lavorare nella finanza a Wall Street: cosa ti ha permesso, nel 1992, di fare lo switch e diventare imprenditore?
«Il mio è uno switch genetico: i miei genitori sono sempre stati imprenditori e sono cresciuto con l’idea che non doveva essere un’altra persona a decidere del mio successo. Quando metti sul piatto i tuoi soldi il fallimento non è un’opzione: lavori 7 giorni su 7, 18 ore al giorno, perché sai che rischi tutto. Nel mio caso, gli 80mila dollari che mi aveva prestato mia nonna Erminia per mettere su il mio primo ristorante, Becco, quando avevo 24 anni. Doveva funzionare, non era possibile fallire».
§Nel podcast racconti un episodio personale divertente: quando hai cominciato a conoscere il mondo vinicolo italiano scherzavi dicendo che avresti cercato di sposare un’ereditiera in modo da entrare subito in una famiglia che si era già «fatta le ossa» nel mondo del vino
«Io sono nato povero e ho sempre guardato con ammirazione le persone che nascono con la ricchezza alle spalle. A me è andata bene, questa ricchezza l’ho creata, ma in qualche modo queste persone mi interessano. Io ho sempre dovuto pensare a come pagare l’affitto, a dove trovare i soldi per sposarmi, per crescere i miei figli: mi affascina questo mondo misterioso in cui uno nasce e non deve pensare a niente».
A proposito di cose alle quali pensare: investi anche in diverse startup. Come decidi in quali?
«Mi focalizzo sulle opportunità: in qualche modo riesco a capire dove ci sarà crescita, dove sarà possibile fare soldi o creare valore. Poi sono anche un collezionista di talenti: nei miei ristoranti, dove lo sono tutti dai camerieri ai cuochi, alle società dove cerco tanti modelli di business diversi.
Io porto il know-how, i soldi ma anche il coraggio a chi magari ha anche più talento e intelligenza di me, e faccio in modo che abbia la possibilità di sfruttare le sue potenzialità. Per me investire vuol dire dare soldi, tempo, parte di me (che sia emotiva o mediatica) a qualcun altro».
Ti è mai capitato di trovare persone giuste e imprese sbagliate? O, al contrario, idee vincenti ma persone che non ti convincevano
«Mi è capitato di investire in persone brillanti e il business non ha funzionato: succede, come dicevo prima, a volte si fallisce. Invece quando l’opportunità è ok ma la persona no, lascio perdere. E per me le persone «no» sono quelle arroganti, incapaci di evolvere, senza voglia di fare, senza fiducia in se stesse».
Ci sono degli imprenditori che guardi con interesse?
«Ammiro tantissimo i cervelli che riescono a sognare e che non sono solo imprenditori, quelli che vanno oltre e realizzano il futuro del mondo. Tipo Jeff Bezos ed Elon Musk, ma quest’ultimo mi interessa da imprenditore e non da politico».
E in Italia, storie di successo, ce ne sono?
«Tante, e alcune di queste le racconto nel podcast. Mi sembra che da noi, dopo il Covid, la mentalità dei giovani sia cambiata: li vedo molto orientati all’imprenditoria, pronti a lanciare startup. Sento un fermento che prima non c’era, o c’era molto meno, e vorrei che il podcast fosse per loro d’ispirazione».
C’è chi, sui giovani, non la pensa come te.
«Chi si lamenta dei giovani ha una mentalità vecchia: se non trovi dipendenti è perché li tratti male e li paghi poco. Io vedo invece tanti ragazzi con voglia di fare, «imprenditori» della loro vita.
Ai giovani che vogliono fare impresa cosa consiglieresti?
«Avere un obiettivo chiaro, portare la storia personale e la cultura di famiglia, stare vicino a chi può condividere tempo, consigli e investimenti. Poi puntare in alto, ma anche accettare il fallimento. Avere tanto ottimismo e soprattutto, soprattutto, mai essere geloso degli altri. La gelosia è una cosa bruttissima in tutti gli ambiti della vita, se un amico ha più successo di te devi essere felice per lui».
Da imprenditore qual ‘è stata la tua più grande difficoltà?
«Riuscire a bilanciare la mia vita con il lavoro. E per vita intendo sia la mia famiglia che i miei impegni personali, per esempio il mio lato artistico che ho tenuto parcheggiato per vent’anni. Per fortuna ora riesco a esprimerlo con musica e tv».
(da agenzie)
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