SI E’ SGONFIATO SALVINI, NELLA LEGA AVANZA LA FRONDA: “NON SI CAPISCE PIU’ CHI SIAMO”
ALCUNI PARLAMENTARI LEGHISTI SULL’ATTACCO ALLA BOLDRINI: “CHE STRONZATA, E’ UN IMBECILLE”… MARONI, GIORGETTI, CALDEROLI LAVORANO PER IL DOPO: SI FA STRADA L’IPOTESI GRIMOLDI
La bambola salviniana – in casa leghista – non scandalizza più di tanto, nè le offese o le volgarità , ma fa scoprire ai colonnelli leghisti quanto sia sgonfiabile la leadership di Salvini.
Queste, ti dicono, “sono baggianate”, “certo, se la poteva risparmiare”, ma al fondo c’è un problema ben più serio. Bastava vedere il viso di Giancarlo Giorgetti, uno degli uomini forti della Lega degli ultimi tre lustri. Non ha mai amato Salvini ma lo ha sempre sostenuto politicamente per realismo, in quanto l’unico a poter risollevare la Lega ridotta al tre per cento: “Matteo — diceva un anno fa — è la gallina dalle uova d’oro”.
Ora, in parecchi avvertono che c’è un problema di covata.
Le amministrative sono andate male con un misero 2,7 per cento a Roma e un’emorragia in Lombardia, al Sud il tentativo è fallito, la Lega nazionale non decolla, come accadde quando Bossi tentò l’accordo con l’allora governatore della Sicilia Raffaele Lombardo.
Insomma, nè modello delle origini nè Le Pen, il Carroccio non si sa cosa sia. Riapparso, dopo un mese di astinenza televisiva, Salvini si è sfogato con una bambola gonfiabile.
“Che imbecille”, “che stronzata”, dicono a microfoni spenti i parlamentari leghisti. E fanno capire il punto politico: la forza che sente Salvini è di non avere alternative interne. Attorno però, all’interno, è già chiaro che la leadership è un po’ più sgonfia.
Prima di scrivere un post su facebook molto severo sulla perdita di consenso al Nord, il segretario della Lega Lombarda Paolo Grimoldi ha parlato con la maggior parte dei mille segretari locali.
Ha avuto l’impressione di un malessere profondo: “abbiamo abbandonato il federalismo”, “la battaglia sulle tasse”, le “imprese”, “le partite Iva”.
Proprio Grimoldi alla Camera c’è andato giù durissimo dopo che Delrio aveva dichiarato, a proposito della Pedemontana: non mettiamo elemosina per infrastrutture che non servono.
Un parlamentare leghista di lungo corso spiega: “Una volta su una cosa del genere sarebbe venuto il mondo. La Lombardia è il 60 per cento della Lega, come consenso. La difesa degli interessi di quel territorio era la prima cosa. Grimoldi, ma anche Giorgetti, Calderoli, continuano a sostenere Salvini ma lavorano per una correzione di rotta, recuperando il core business del nord, dove abbiamo perso una valanga di voti”. E non è un caso che, fiutato il malessere dei colonnelli leghisti, Salvini ha dato un segnale, come ha scritto il Giornale, istituendo un gruppo di lavoro di 15 persone coordinato da Andrea Mascetti, per stendere il programma sul federalismo.
La correzione di linea in senso “nordista” invocata dai colonnelli più forti non è un dettaglio per un partito che un mese fa aveva il leader che faceva campagna elettorale in Sicilia.
È già un anticipo di quel congresso che inizierà a dicembre di quest’anno — nella Lega si fanno ogni tre anni — e si annuncia meno soft del previsto, perchè in Lombardia l’operazione Grimoldi segretario non sarebbe vista male e non è vista male nemmeno dalla vecchia guardia che si tiene alla larga per evitare l’effetto “bacio della morte”.
In un ruolo di fronda e di fatto di opposizione interna si muove invece Roberto Maroni.
Che ha in mente un altro centrodestra, “modello Lombardia”. Un fonte del Pirellone sussurra: “Maroni vuole tornare a un ruolo nazionale, ma prima ha il processo per la storia dei favori alle collaboratrici. Forse ha nominato anche per questo Di Pietro alla Pedemontana, come segnale alla magistratura. Certo è che con Salvini c’è il gelo”. L’asse vero Maroni ce l’ha col governatore della Liguria Giovanni Toti.
Non a caso Toti ha come vicepresidente quella Sonia Viale già capo della segreteria tecnica di Maroni all’Interno, e non Edoardo Rixi come nei desiderata di Salvini. Prosegue la fonte: “Maroni ci prova, ma è azzoppato dall’inchiesta e del flop di Varese dove ha preso 300 voti”.
A proposito, l’altra sera Parisi a Treviglio ha preso dei fischi roboanti quando ha detto che, in caso di vittoria del no, Renzi non deve andare a casa.
E paradossalmente, per una sera, ha messo d’accordo tutti.
(da “Huffingtonpost”)
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