SPESE PAZZE IN EMILIA, CHIESTO IL PROCESSO PER RICHETTI E ALTRI 15 CONSIGLIERI DEL PD
TRA LE SOMME CONTESTATE ANCHE ACQUISTI NEI SEXY SHOP
La Procura di Bologna ha chiesto il rinvio al giudizio per 16 consiglieri regionali emiliani del Pd, nell’inchiesta sui rimborsi ai gruppi consiliari tra giugno 2010 e dicembre 2011.
Due esponenti dem escono da quella ormai nota come “inchiesta spese pazze” con una richiesta di archiviazione, mentre la posizione dell’attuale governatore Stefano Bonaccini era stata stralciata in precedenza e poi archiviata.
Per tutti gli altri indagati si chiede il processo.
Nella nutrita pattuglia, anche il deputato Matteo Richetti, renziano della prima ora che aveva fatto del taglio ai costi della politica la sua bandiera da presidente dell’assemblea legislativa.
Con lui anche Damiano Zoffoli, oggi europarlamentare, cui vengono contestati 8mila euro e l’ex assessore regionale Luciano Vecchi.
Risponderanno insieme ai colleghi di peculato, dopo un’inchiesta durata due anni, con alcuni episodi che hanno fatto scalpore.
Come i 940 mila euro di spese contestate all’allora capogruppo, Marco Monari, di cui più di 25 mila solo per i ristoranti e altri 15 mila di spese alimentari, e l’acquisto in un sexy shop finito nella nota spese della consigliera Rita Moriconi.
Un suo collaboratore sostenne di aver affrontato personalmente quella spesa per fare un regalo ironico a un amico che compiva gli anni, allegando poi per sbaglio la ricevuta
Nella infinita lista degli scontrini che i consiglieri sono ora chiamati a giustificare, nell’inchiesta assolutamente “bipartisan” (vennero indagati esponenti di tutti i gruppi, e per gli 11 consiglieri delPdl indagati si aspetta ancora la decisione della Procura), c’è davvero di tutto.
Tanto che Richetti si lamenta di essere finito “nel calderone generale” con i 5.500 euro che gli vengono contestati in due anni.
«Per casi assolutamente identici è stata chiesta l’archiviazione – scrive su Facebook il deputato – ho spiegato con minuzia di particolari che i cinquemila euro spesi in circa due anni per attività riguardanti il mio mandato sono legati alla rinuncia e al risparmio legato alle scelte fatte da presidente dell’assemblea. Ora si va davanti a un giudice e io sono molto, molto tranquillo».
Per Richetti, la trasferta cui partecipò anche la moglie «non venne pagata con i soldi della Regione», e il capitolo auto blu «non c’entra proprio niente ».
Insomma, «non è giusto prendere provvedimenti uguali per disuguali».
Alla notizia dell’indagine, l’ex presidente dell’assemblea regionale si ritirò dalle primarie per il candidato presidente di Regione, mentre Bonaccini, cui veniva contestata un’analoga cifra, rimase in pista.
Amareggiati anche gli altri ex consiglieri dem coinvolti: «È molto dura per me – scriva Anna Pariani – ho la sensazione di essere stata coinvolta in una vicenda che non aveva certo me come obiettivo».
Il consiglio regionale oggi è cambiato, e la politica anche.
Ma gli ex consiglieri rischiano di rimanere legati ancora per molto tempo a quella stagione, che ha profondamente scosso l’opinione pubblica nella terra tradizionalmente orgogliosa del suo “buon governo”.
Eleonora Capelli
(da “La Repubblica“)
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