SULL’ALTRA INDAGINE SGARBI TENTA DI “DEPISTARE” SPACCIANDO UN MORTO PER TITOLARE
L’ESPORTAZIONE SENZA AUTORIZZAZIONE DEL DE BOULOGNE SU CUI INDAGA IMPERIA
Per depistare giornalisti e inquirenti Sgarbi ha scomodato pure i morti, cui ha accollato la proprietà di un’opera e i relativi reati. Ma a smentirlo, ancora una volta, sono i documenti esclusivi e le testimonianze che il Fatto e Report mostreranno la sera di domenica 14 gennaio su Rai3. Inchiodano il sottosegretario all’altra inchiesta in cui è indagato, quella su una tela che vale ben 5 milioni di euro.
Si chiama “Concerto con Bevitore” ed è attribuita a Valentin de Boulogne, forse il più importante dei pittori caravaggeschi. Secondo la procura di Imperia che lo indaga, Sgarbi avrebbe tentato di esportarla illegalmente con l’intermediazione della sua compagna, Sabrina Colle, e di un suo amico, l’impresario d’arte Gianni Filippini.
I Carabinieri l’hanno sequestrata a giugno 2021 a Montecarlo. Il prezioso carico era partito da Ro Ferrarese, cioè proprio da casa Sgarbi. La proprietà dell’opera era certificata dal contratto firmato da Hestia Srl (società della Colle, a sua volta indagata, ma riconducibile al professore) e la Switz Art di Mirella Setzu. Gallerista cagliaritana trasferitasi per affari a Montecarlo, la Setzu si era impegnata a garantire la collocazione dell’opera sul mercato internazionale, a partire da un’esposizione d’arte che di lì a poco si sarebbe svolta a Maastricht.
Sgarbi ha sempre sostenuto che il dipinto fosse una copia che deteneva temporaneamente per conto di un privato cui doveva fare “un’expertise”. Però, sia il famoso Manetti che il Valentin, vengono consegnati per conto di Sgarbi al suo allora restauratore di fiducia, Gianfranco Mingardi. L’orignale della prima viene portato al laboratorio G-Lab di Correggio per essere scansionato e riprodotto: come vi abbiamo già raccontato, quella copia sarebbe poi finita in mostra al posto della di quella autentica, forse per rendere meno identificabili le manomissioni, come la famosa candela. Per la seconda opera, invece, Vittorio Sgarbi fa spalancare le porte della Chigiana di Siena, che detiene una delle tre versioni coeve del capolavoro, al fine di riprodurla e – è una delle ipotesi – sostituirla all’originale che voleva vendere all’estero senza permessi.
Ai giornalisti il sottosegretario ripete la sua versione: “Non ho mai fatto attribuzioni al Valentin, mai scritta, mai detta, perché non ero convinto, era quello che sperava il povero Tota che ne era proprietario”.
Si riferisce ad Augusto Agosto Tota, editore reggiano appassionato del pittore Antonio Ligabue con cui collaborò per molti anni ma sul quale scarica la proprietà e dunque il tentativo di esportazione illecita.
La figlia di Tota, Simona, che incontriamo a Reggio Emilia, ci spiega che “è una cosa totalmente falsa. Quel quadro non l’ho mai visto negli uffici di mio padre, né nella sua sua abitazione. Soprattutto, non me ne ha mai parlato. Lui era un fervido appassionato dell’arte contemporanea e soprattutto di Ligabue”. Perché Sgarbi tira in mezzo suo padre? “Perché è morto un anno fa e non può difendersi”, spiega la figlia: “E’ una vera infamia”.
Un documento esclusivo, di cui i giornalisti del Fatto e di Report sono entrati in possesso riconduce però la proprietà del “Concerto con Bevitore” ancora a Vittorio Sgarbi che, dunque, avrebbe mentito ancora una volta. A farlo filtrare è una fonte che ha lavorato con lui a lungo. È una mail inviata il 24 febbraio 2020 dall’indirizzo segreteria.sgarbi@gmail.com (che riporta anche l’indirizzo fisico indicato di Ro Ferrarese, cioè l’abitazione di famiglia del critico) destinata all’impresario e amico Filippini. Costui la girerà agli intermediari della vendita e contiene proprio l’expertise del dipinto per accreditarne autenticità e valore. Oggetto: “Scheda corretta Valentin De Boulogne, Concerto con Bevitore, olio su tela 97×133 cm”. Molti elementi, si legge, indicano che “si abbia a che fare con la mano di Valentin”. Del resto, a quanto pare, basta vederla.
Ed è proprio quel che hanno fatto ieri i giornalisti recandosi presso il Nucleo di Tutela dei Beni Culturali di Roma, dove si trova l’opera sequestrata. Insieme a loro il professor Alessandro Bagnoli la scruta da vicino e ha pochi dubbi: “È un dipinto autografo del de Boulogne, ma di qualità altissima, potrebbe essere proprio l’originale, frutto del lavoro del grande maestro, da cui sono scaturite le tre copie note finora. Andrebbe acquisito al patrimonio dello Stato ed esposto in un grande museo nazionale”. Questo bene culturale da tutelare, è l’accusa, veniva invece trafugato all’estero. E proprio dall’attuale sottosegretario ai beni culturali.
(da Il Fatto Quotidiano)
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