TELECOM MANDA A CASA 5.000 LAVORATORI
I SINDACATI HANNO FIRMATO L’INTESA… MOLTI ESPONENTI DI CENTRODESTRA HANNO PRESO QUESTO CASO COME ESEMPIO PER CONTRAPPORLO ALLA “CHIUSURA” SINDACALE SU ALITALIA… IN REALTA’ LE COSE SONO BEN DIVERSE
“Telecom manda a casa cinquemila dipendenti, ma nessun sindacato protesta” – questa la ricorrente frase di qualche sprovveduto esponente del Centrodestra che in questi giorni di “giustizialismo” diffuso, pare ambisca a vedere tutti licenziati e senza garanzie sindacali.
Una malattia che si sta diffondendo pericolosamente e che pone, ad esempio mirabile, gli operatori finanziari dipendenti della Lehman Brothers che, licenziati a causa del fallimento dell’azienda, si allontanavano dagli uffici con la scatola degli effetti personali.
Questi neodisoccupati dovrebbero costituire l’esempio di chi viene cacciato fuori dalla catena produttiva ultraliberista e se ne vanno “dignitosamente”, mentre in Italia tutti vogliono aiuti di Stato. Ben ha fatto, sempre secondo costoro, la Telecom a licenziare 5.000 dipendenti e strano che lì i sindacati abbiano abbozzato, mentre per Alitalia hanno fatto tutto questo casino.
In questa apoteosi al licenziamento in tronco, si inserisce anche il “non rinnovo del contratto annuale” a 87mila insegnanti della scuola, altro provvedimento da “campane a distesa” per i neoultraliberisti nostrani, in cerca forse di rivincite “di classe”.
A costoro vorremmo ricordare che uno stipendio o un salario corrispondono sempre a un essere umano ( cosa che evidentemente trovano difficoltà a rammentare), a una famiglia che deve pagare un affitto, a un bimbo da crescere, a uomini over50enni che difficilmente troveranno una ricollocazione nel mondo del lavoro, a famiglie che si trovano improvvisamente a monoreddito con un mutuo da pagare, a prezzi dei generi di prima necessità in costante aumento, senza interventi governativi per contenerli.
Chi invoca licenziamenti e gioisce delle disgrazie altrui è solo un povero mentecatto. Se poi spaccia ad esempio, manipolandolo a suo uso e consumo, una vicenda come quella dei licenziamenti Telecom, è pure un poveraccio male informato o in malafede.
Il comparto telefonico è in crisi da tempo. La riduzione degli utili causata dall’incremento della concorrenza ha imposto una ristrutturazione particolarmente severa. Le aziende per conquistare nuovi clienti sono costrette ad offrire tariffe sempre più basse. I consumatori ne hanno tratto vantaggio visto che il costo delle telefonate è in discesa da diverso tempo, ma i bilanci sono andati in tilt.
I tagli si sono abbattuti sul costo del personale che rappresenta mediamente metà delle uscite in conto economico. A luglio la British Telecom ha annunciato il licenziamento di 200 dei 1.400 dipendenti della filiale italiana.
L’anno scorso Vodafone ha messo fuori 941 lavoratori dei call center. Lo stesso aveva fatto Wind per 275 persone, cui aveva aggiunto il trasferimento di 500 dipendenti da Milano a Roma. Anche Tre Italia si prepara a mettere in mobilità 450 persone su 2.800.
Ma il caso più importante è stato quello di Telecom, una vertenza che si era aperta nella tarda primavera. A luglio le parti si sono sedute intorno a un tavolo e, alla presenza dei tecnici del Ministero del Lavoro, è stato trovato un accordo.
L’azienda metterà in mobilità volontaria 5.000 persone alle quali assicurerà il 90% dell’ultima retribuzione, fino a quando non matureranno i requisiti per la pensione. L’operazione si concluderà entro il 2010. Chi accetterà l’esodo volontario potrà conservare anche l’assistenza sanitaria.
In cambio il gruppo telefonico si è impegnato ad assumere 600 persone e a stabilizzare 300 precari. Inoltre i 1.600 ragazzi dei call center di Roma, Napoli, Caltanissetta e Catanzaro vedranno migliorati i loro contratti, passando il part-time da quattro a sei ore.
L’accordo, in pratica, prevede un’uscita soft e tutelata per i lavoratori più anziani e una riduzione totale dei livelli occupazionali di 3.700 persone, con garanzie importanti in termini di mobilità professionale e territoriale.
In pratica si applica il piano industriale presentato ad aprile dal nuovo ad Franco Bernabè, con l’obiettivo di tagliare costi per 300 milioni di spese l’anno. Il sindacato ha aperto una trattativa e l’accordo è stato raggiunto velocemente, anche perchè non ci sono stati aut aut, nè da una parte nè dall’altra.
Quindi un’impostazione ben diversa da quella assunta sul caso Alitalia da parte di Cai, con buona pace dei forcaioli pseudodestrorsi che putroppo allignano in settori ultraliberisti del Centrodestra.
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