TELENAZARENO: RENZI TIENE IN PUGNO BERLUSCONI E DE BENEDETTI
L’EMENDAMENTO DEL GOVERNO RINVIA LA SCELTA SULLE TASSE PER MEDIASET E TELECOM-ESPRESSO: UNA DELLE DUE CONDANNATA A PAGARE DI PIÙ
Da presidente del Consiglio Matteo Renzi potrà indicare il prossimo direttore generale della Rai.
Ha un proficuo rapporto con la Fca di John Elkann e Sergio Marchionne, a cui fanno capo La Stampa e il Corriere della Sera, ma le sue preferenze e le sue indicazioni hanno un impatto molto concreto sui destini di due gruppi editoriali politicamente sensibili: Mediaset e L’Espresso.
Il governo ha presentato un emendamento al decreto Mille-proroghe, in discussione alla Camera, che rinvia a data incerta il pagamento di decine di milioni di euro di canone per la concessione di frequenze tv.
Una decisione che tiene in sospeso Mediaset e Persidera, società , quest’ultima, al 30 per cento del gruppo Espresso e al 70 di Telecom Italia.
Mediaset, grazie a una contestata delibera Agcom, avrebbe risparmiato 38,4 milioni di euro in 4 anni, la Rai 72 circa.
L’Espresso, invece, ne avrebbe spesi 47,5 in più in otto anni. E le emittenti locali sarebbero scomparse: Rete Capri, per dire, doveva 2,3 milioni quest’anno.
Il 30 giugno 2014 Telecom ed Espresso mettono insieme un pacchetto di frequenze televisive che detengono, in parte eredità del “dividendo digitale” (Telecom aveva La7 e L’Espresso Rete A quando c’è stato il passaggio di tecnologia) e parte acquistate. Un’alleanza da 96 milioni di euro di fatturato (nel 2013), ottenuti affittando le frequenze a produttori di contenuti, inclusa Mediaset.
Un affare che si regge su due semplici variabili: quanto si paga di concessione per le frequenze, un bene pubblico, e quanto si incassa dal canone pagato dal cliente.
Dai tempi della legge Gasparri, 2005, pende sull’Italia una procedura d’infrazione europea: il mercato è troppo concentrato tra pochi soggetti.
Per rispondere alle richieste europee, il 30 settembre scorso l’Autorità delle comunicazioni (Agcom) cambia il calcolo del canone da pagare per le frequenze.
Prima, con la tv analogica, il gettito di 50 milioni di euro era dovuto a un prelievo fiscale di circa l’1 per cento su un fatturato complessivo da canoni di 5 miliardi.
Il nuovo sistema di calcolo parte dal valore d’asta delle frequenze tv (31 milioni di euro) e stabilisce che chi deve pagare è la società che gestisce la frequenza, non il gruppo industriale di cui fa parte.
Risultato: dopo un graduale rialzo, Persidera pagherà 13 milioni di euro, quanto Rai (con Rai Way) e Mediaset (con Elettronica Industriale).
Nel 2014, Persidera ha saldato il conto con soli 802.000 euro.
In audizione alla Camera, l’amministratore delegato di Persidera Paolo Ballerani ha contestato il nuovo calcolo: “Esiste una rilevante differenza tra frequenze assegnate gratuitamente o anche illegittimamente occupate e quello oggetto di acquisto da parte di singoli operatori”.
Rai e Mediaset si sono trovate la banda aggiuntiva gratis con il passaggio dall’analogico al digitale; Telecom Italia Media ed Espresso, i due soci di Persidera, ci hanno investito 500 milioni.
Persidera contesta altre due cose: che viste le precarie condizioni degli editori tv non si può scaricare su di loro l’aggravio fiscale e che Mediaset e Rai hanno la possibilità di ammortizzare meglio il costo, essendo gruppi editoriali e non meri noleggiatori di frequenze.
Secondo Persidera, il canone equo sarebbe 230 mila euro, altro che 13 milioni.
Il 29 dicembre il ministero dello Sviluppo economico ha stabilito che, in attesa di decidere come recepire la delibera dell’Agcom in un apposito decreto, i titolari di frequenze devono versare soltanto un acconto pari al 40 per cento della somma dovuta relativa al 2014, calcolata con le vecchie regole.
Ma il decreto con i nuovi importi non è mai arrivato.
E così, con l’emendamento al Milleproroghe depositato pochi giorni fa, il governo ha deciso di rinviare ancora. Scadenza il 30 giugno.
Con una certa soddisfazione degli interessati.
A gennaio la Rai ha pagato 10,5 milioni, Mediaset 7 e Persidera soltanto 320 mila euro.
Il gruppo De Benedetti-Telecom è quello che risparmia di più: se le nuove regole fossero già state in vigore avrebbe pagato 1,4 milioni (destinati a diventare 13 in otto anni). Mediaset e Rai avrebbero pagato 3,2 milioni ciascuna (salgono a 13 in quattro anni). Persidera è la più interessata anche per un’altra ragione.
Il 5 dicembre, dopo alcune indiscrezioni uscite sui giornali, Telecom Italia Media ha dovuto precisare che “allo stato attuale, più di un soggetto ha manifestato interesse per la società ”.
Persidera è in vendita. E il suo valore dipende da quanto deve pagare di canone per le frequenze che possiede.
La dimostrazione: a gennaio la vendita di Persidera viene accantonata e si pensa di togliere dalla Borsa Telecom Italia Media, per vendere con più calma le frequenze senza sottoporsi ogni giorno al giudizio del mercato.
Di soldi nel settore ne circolano ancora parecchi, nonostante la crisi: due settimane fa proprio il Gruppo Espresso, azionista di Persidera, ha venduto per 17 milioni di euro Deejay Tv a Discovery Italia, ramo del colosso americano Discovery Communications.
I contenuti saranno prodotti ancora insieme a Elemedia, una società dell’Espresso, e trasmessi sui multiplex di Persidera.
In questi anni il gruppo Espresso non è mai riuscito a trasferire la sua forza editoriale di carta (con La Repubblica, L’Espresso e quotidiani locali) nell’etere.
Meglio limitarsi a noleggiare frequenze.
Per Mediaset la partita è importante , ma meno decisiva: Silvio Berlusconi sta iniziando a pensare di vendere tutto il gruppo, o almeno la parte Premium, finchè ha ancora un peso politico.
Le frequenze sono un aspetto collaterale che assume peso, perchè i ricavi dalla pubblicità scarseggiano.
Il patto del Nazareno sulle riforme pare si sia rotto, ma la vicenda televisiva continua a essere tangibile legame tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.
Il premier sa bene che finchè rimarrà aperta la questione delle nuove regole sul pagamento dei canoni per le frequenze, all’Espresso non saranno molto tranquilli.
Con Carlo De Benedetti, fuori dalle aziende di famiglia affidate ai figli ma ancora presidente del ramo editoriale, il premier ha rapporti alterni.
L’Ingegnere prima era scettico, poi è diventato ottimista al limite dell’entusiasmo, condiviso da Repubblica.
Chissà se nel Gruppo Espresso la scelta di rinviare il salasso governativo da quasi 50 milioni per Persidera sarà stata letta come una cortesia o uno sgradevole tentativo di mantenere influenza sui destini finanziari del gruppo.
Stefano Feltri e Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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