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TRATTATIVA FERMA, IL GOVERNO STA ANDANDO A SBATTERE

PENSAVANO DI CAVARSELA CON LO SCONTO DELLO 0,2% E RINVIANDO LA PROCEDURA D’INFRAZIONE A DOPO LE EUROPEE, MA IN EUROPA NON SONO FESSI

Giuseppe Conte e Giovanni Tria sono partiti per il G20 di Buenos Aires lasciando a Roma una manovra immutata. Non c’è traccia di nuove carte.
Il vertice pomeridiano a palazzo Chigi, prima della partenza, non ha prodotto ritocchi, a dispetto delle promesse di dialogo fatte con Bruxelles.
Anzi, fonti ufficiali del governo dicono che di manovra non si è proprio parlato. E allora? La trattativa con l’Unione europea si è fermata di nuovo.
Nessun avanzamento su quella che appena due giorni fa l’esecutivo aveva disegnato come la strategia di riavvicinamento a Bruxelles: sgonfiamento delle misure cardine della manovra, cioè reddito di cittadinanza e quota 100, e apertura a rivedere, seppure in misura limitata, l’asticella del deficit fissata al 2,4 per cento.
Ne fa le spese il testo della manovra, all’esame della commissione Bilancio della Camera. Il suo iter, spiegano fonti parlamentari, proseguirà  senza scossoni fino a lunedì, al massimo martedì, quando passerà  all’aula per il voto. Ancora intatto, senza modifiche cioè ai capitoli di spesa che sono al centro della diatriba tra Roma e la Commissione europea. Il via libera arriverà  settimana prossima, quindi, proprio nei giorni in cui Tria sarà  a Bruxelles per il doppio appuntamento dell’Eurogruppo e dell’Ecofin.
A Roma si aspetta. Eventuali modifiche saranno apportate solo durante il passaggio al Senato, ammesso che succeda. Il condizionale è d’obbligo ed è legato all’esito della trattativa politica con Bruxelles.
Nelle agende dei leader italiani sono cerchiati in rosso due appuntamenti: il Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre e la data del 19, quando la Commissione potrebbe produrre le sue raccomandazioni per l’Italia da sottoporre all’Ecofin del 22 gennaio. Ecofin che a sua volta potrebbe aprire formalmente la procedura di infrazione per deficit eccessivo basato sul debito. §
E il dialogo di cui si continua a parlare dalla cena di Conte e Tria con Jean Claude Juncker, Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis sabato scorso a Bruxelles? Per ora è solo enunciato.
Fermo ai propositi del governo di Roma che non sono sufficienti a fermare la macchina europea che punta dritto alla procedura di infrazione.
Tra Palazzo Chigi e il Viminale, dicastero del ‘peso massimo’ di governo il vicepremier Matteo Salvini, se ne sono convinti ancora di più oggi, leggendo le dichiarazioni di Dombrovskis.
“Secondo la decisione del Consiglio del luglio scorso – ha detto il vicepresidente della Commissione europea in conferenza stampa a Bruxelles – l’Italia dovrebbe fare uno sforzo strutturale pari allo 0,6% del Pil. Invece, sta programmando un peggioramento pari allo 0,8%, che per le previsioni della Commissione sono in realtà  l’1,2%. Il divario è molto grande: è chiaro che dev’esserci una correzione sostanziale della traiettoria di bilancio, non marginale”.
Insomma è chiaro che alla Commissione non basterebbe nemmeno un’eventuale riduzione dello 0,2 per cento del deficit impostato nella manovra bocciata da Bruxelles al 2,4 per cento.
Tra l’altro, Dombrovskis oggi ha anche adombrato rischi per la tenuta delle banche italiane, un po’ come ha fatto Daniele Nouy, ex capo della vigilanza della Bce, la scorsa settimana nella sua ultima audizione al Parlamento europeo prima di lasciare il testimone all’italiano Andrea Enria.
È “importante” che il governo corregga la rotta sulla manovra economica, è il ragionamento di Dombrovskis, anche per “minimizzare” le conseguenze negative per il settore bancario. “Certamente — continua – vediamo che l’aumento degli spread per i titoli di Stato sta avendo ripercussioni sulle aziende italiane, comprese le banche. Quindi è importante che la traiettoria di bilancio venga corretta, che il deficit e il debito pubblico vengano portati di nuovo su una traiettoria discendente, e che, di conseguenza, gli effetti negativi sull’economia italiana siano minimizzati”.
Per questo a Roma ha prevalso ancora una volta la linea dei due vicepremier Salvini e Di Maio, i più restii a fare concessioni a Bruxelles.
Ore di valutazioni per capire come ma soprattutto se riprogrammare la strategia vista la reazione negativa di Dombrovskis. Chi prova a fare breccia nel muro dei due è Tria. Il ministro dell’Economia, secondo quanto riferiscono fonti di governo, sarebbe ritornato a insistere sulla necessità  di dare un segnale più netto, portando il deficit al 2 per cento.
Solo così, sarebbe la convinzione di Tria, l’Europa potrebbe avere una reazione diversa. Ma è un muro contro muro perchè Salvini e Di Maio non intendono cedere. La resa, infatti, avrebbe un costo elevatissimo. Perchè abbassare il deficit di 0,4 punti significa togliere 7,2 miliardi al reddito di cittadinanza e alla quota 100.
Un’ipotesi, questa, che va ben oltre l’apertura ritenuta accettabile e cioè sgonfiare le due misure di 3-4 miliardi.
Significherebbe, inoltre, rinviare le misure ancora più in avanti rispetto a un avvio che oramai è già  dato oltre marzo. Ma a maggio ci sono le elezioni europee e lo scenario che si vuole assolutamente evitare è quello di arrivare al voto a mani vuote davanti agli elettori.
Conte e Tria sperano molto nei bilaterali che avranno a margine del G20 di Buenos Aires, con lo stesso Juncker e anche con Moscovici, e con i ministri dell’Economia degli altri Stati forti dell’Unione, come il francese Bruno Le Maire e il tedesco Olaf Scholz, che è stato ieri in missione a Roma per un colloquio con il titolare del Tesoro. “Il G20 di Buenos Aires darà  ulteriore passo avanti nella trattativa con l’Ue – dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora – Il premier Conte parlerà  con il presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker e non sarà  una cena, sarà  un incontro di lavoro vero”.
Ma ad oggi la trattativa è ferma. Mentre a Bruxelles l’iter della procedura di infrazione va avanti. Domani i tecnici del Tesoro degli altri Stati membri si riuniranno in teleconferenza nel Comitato economico e finanziario che fa capo all’Ecofin.
Il loro sarà  il primo disco verde alla relazione della Commissione: ok alla procedura contro l’Italia. La prossima settimana se ne parlerà  all’Eurogruppo e all’Ecofin, lunedì e martedì, proprio mentre a Roma l’aula di Montecitorio discuterà  e approverà  la manovra.
Il 13 e 14 dicembre ne parleranno i capi di Stato e di governo al Consiglio europeo di fine anno a Bruxelles, tra l’altro un consiglio denso di argomenti, dalla Brexit ai destini (alquanto incerti) della missione Sophia sui migranti nel Mediterraneo.
A Roma hanno scelto di aspettare queste tappe, di monitorare nel frattempo spread e mercati. E andare avanti senza inviare a Bruxelles alcun nuovo documento che modifichi quello bocciato. Proprio come ha annunciato Salvini ieri mattina.
Se la situazione dovesse precipitare, l’esame della manovra in Senato potrà  rivelarsi passaggio utile per adottare delle modifiche.
Ma ad oggi l’aria non è questa a Roma, dove sono disposti a concedere molto poco a Bruxelles, comunque nulla che modifichi il corso degli eventi. Tria l’ha ribadito davanti al Senato nel corso della sua informativa: si punta a una “soluzione ottimale” ma senza rinunciare alle “priorità “.
A Bruxelles anche oggi Moscovici insiste a dire che “il debito pubblico è nemico dell’economia”, anche se “le nostre regole sono sicuramente troppo complesse, vanno semplificate” e sono “molto difficili da comunicare” soprattutto verso l’Italia. “Ma — continua il commissario europeo agli Affari Economici – ridurre il deficit strutturale è la sola strada per controllare il debito pubblico: quando vado dai miei amici italiani e spiego che il deficit strutturale non va bene, mi dispiace che non posso convincere ogni italiano…”.

(da “Huffingtonpost”)

This entry was posted on mercoledì, Novembre 28th, 2018 at 22:37 and is filed under governo. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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