TROPPI PENSIONATI E CHE COSTANO TROPPO
CRITICHE DELL’OCSE: IN ITALIA COSTO RECORD CHE ASSORBE UN TERZO DEL BILANCIO DELLO STATO… LA PREVIDENZA PESA PER IL 30% SUI CONTI PUBBLICI A DANNO DI WELFARE E ISTRUZIONE… MA NESSUN GOVERNO HA IL CORAGGIO DI RITOCCARE IL SISTEMA
L’Italia spende troppo per le pensioni, quasi il doppio dei Paesi Ocse, il 14% del Prodotto interno lordo, contro una media del 7%.
La denuncia dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico non fa sconti al nostro Paese: la spesa pensionistica assorbe circa un terzo della spesa pubblica, circa il 30% contro il 16% della media Ocse, mentre contestualmente i contributi pensionistici pesano per il 33% sui salari lordi contro una media degli altri Paesi del 21%.
Sono dati relativi al 2005, gli ultimi disponibili e quindi analizzabili.
Da quella data l’accesso alle pensioni si è ridotto: nei primi 5 mesi del 2009 pare siano stati liquidati 43.000 assegni, contro i 132.000 dell’anno scorso, con un crollo del 67%, frutto più che altro del timore (o certezza) che andare in pensione al giorno d’oggi equivale a ridurre notevolmente il proprio tenore di vita.
Il rischio che rileva l’Ocse è che questa eccessiva spesa pensionistica, di fatto, riduca la possibilità di interventi necessari sul welfare e nell’istruzione.
Il processo di riforma delle pensioni avanza troppo lentamente in Italia e molte modifiche di vitale importanza sono state ritardate, come l’adozione di nuovi coefficienti di trasformazione e l’introduzione dell’età pensionabile minima.
L’Ocse segnala altresì che anche i fondi pensione privati hanno visto il loro patrimonio erodersi del 23% nel 2008 per un valore di 5.400 miliardi di dollari.
Scendendo nel dettaglio, l’Ocse segnala che particolarmente svantaggiate sono le donne.
In Italia e in Polonia, le pensioni delle lavoratrici sono mediamente più basse di un terzo rispetto a quelle degli uomini, a causa dell’età di pensionamento inferiore.
Il tasso di sostituzione lordo ( il rapporto tra diritto pensionistico ottenuto e il salario individuale) in Italia è pari al 67,9% per gli uomini e al 52,8% per le donne, a fronte di una media Ocse del 60,8%. A preoccupare è che da noi l’applicazione delle riforme venga sistematicamente rinviata, mentre in altri Paesi sono state messe in atto manovre rigorose.
Resta il dato di fondo che nel decennio 1995-2005 la spesa pensionistica è aumentata del 23%: più di noi nel mondo hanno fatto solo Giappone, Corea, Portogallo e Turchia.
Stiamo diventando un Paese “per vecchi” con pensioni che si mangiano il 14% del Pil, mentre non abbiamo adeguati strumenti per la tutela dei disoccupati, misure adeguate da Stato sociale e un livello di spese per l’istruzione all’altezza.
E’ ormai evidente che nessun governo intende “ritoccare” il sistema pensionistico in quanto perderebbe consensi, ma è altrettanto chiaro che andando avanti così si penalizzeranno soltanto i giovani e le categorie meno protette.
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